Quante parole ha inventato Fosco Maraini !
Uno per cui le parole erano “un tesoro e una bomba ", ma, soprattutto, “una caramella, qualcosa da rigirare tra lingua e palato con voluttà, a lungo, estraendone fiumi di sapori e di delizie".
Ecco uno come lui, scrittore, viaggiatore, esperto di lingue e culture orientali, uno che ha scritto poesie come quelle della "Gnosi delle fànfole" (i miei amici ne parlano qui e qui) non poteva che inventare parole, anche quando si trattava di raccontare di sé nella sua autobiografia.
Perché - diceva lui e me lo immagino mentre lo spiegava con il suo bell'accento toscano - esiste un mondo di fuori, l' “esocosmo” - e tutti capiscono cos'è e poi esiste l'”endocosmo”, la proiezione del mondo di fuori dentro di noi. Che è quello che ci forma, quello che bisogna raccontare.
Occorreva davvero inventare una parola per questo? Sì, perché per definire la stessa cosa c'era solo un "termine difficile, una specie di ingombrante mobilone tedesco : Weltanschauung”
E chi mai potrebbe usare una parolona simile al posto di “endocosmo”? Ecco com'era Maraini: se una parola non c'è la si inventa, che problema c'è?
E il mio mondo, il mio “endocosmo”, Maraini l'ha influenzato, eccome.
Ho già parlato, commentando un suo libro, del mio incontro con lui, una ventina di anni fa, quando decisi di fare un viaggio da sola in Giappone.
Nello zaino avevo portato due libri: la Guida della Lonely Planet e il libro di Maraini, Ore giapponesi, un testo di cinquecento pagine che pesava come un macigno.
Non l'ho mai rimpianto.
Era gennaio e non era facile affrontare la solitudine nelle camere glaciali dei ryokan di Kioto o di Nara.
Allora mi sedevo sul pavimento (nell'arredo tradizionale giapponese sedie non ce ne sono) e mi dicevo "Leggiamo cosa mi racconta Fosco ".
E Fosco mi trasportava nel suo Giappone infinitamente più bello e intatto del mio, mi raccontava di un paese difficile da comprendere, della mentalità, della storia giapponese, ma mi diceva anche molto di sé, del suo “endocosmo”, della sua curiosità, del suo spirito toscano beffardo e dissacratorio.
E Fosco mi trasportava nel suo Giappone infinitamente più bello e intatto del mio, mi raccontava di un paese difficile da comprendere, della mentalità, della storia giapponese, ma mi diceva anche molto di sé, del suo “endocosmo”, della sua curiosità, del suo spirito toscano beffardo e dissacratorio.
Raccontava anche episodi gravi, della guerra, ma tutto con un una leggerezza e con un garbo che erano già, di per se stessi, una lezione di vita.
Forse non è riuscito a farmi amare il Giappone, di sicuro è stato un esempio di come accettare la vita: con levità, con distacco ironico, con disincanto, con curiosità, con attenzione verso gli altri e con la voglia e la prontezza di rimettersi in gioco, sempre.
Quando, nel 2004, sono andata a rendere l'ultimo omaggio al “grande Fosco” a Firenze in Palazzo Vecchio mi sono stupita- ma non più di tanto- nel vedere il Salone dei Cinquecento pieno di persone per cui era diventato un amico, un compagno di vita.
Ci aveva cambiato l'"endocosmo" a tutti e sono sicura che lo sapeva.
Fosco Maraini recita " Il giorno ad urlapicchio"
http://www.youtube.com/watch?v=aVdndkjsoyk&feature=player_embedded
Ci aveva cambiato l'"endocosmo" a tutti e sono sicura che lo sapeva.
Fosco Maraini recita " Il giorno ad urlapicchio"