Quando,
a gennaio, ho iniziato a "staccare i fogli" del prezioso calendario delle "Très riches heures du duc de Berry", non credevo che mi sarebbe piaciuto tanto: ogni volta è
stato come entrare in una macchina del tempo e lasciarsi trasportare indietro di sei
secoli.
E, ogni volta, è stata una sorpresa.
Quasi un anno è passato e ora tocca all'undicesimo foglio: novembre.
Nella
lunetta sono
raffigurati, come d’abitudine, i segni astrologici del mese,
Scorpione e Sagittario e il carro del Sole. Al di sopra, nei
semicerchi concentrici, sono indicate le fasi lunari e la durata dei
giorni.
La
scena ripropone
l’immagine tradizionalmente legata a novembre, fin dai calendari
dei Mesi scolpiti nelle chiese medioevali: la raccolta delle ghiande
e l’allevamento dei maiali.
All'orizzonte,
sullo sfondo del blu delle montagne, scorre un fiume sinuoso e si intravedono
le torri di un castello. In
primo piano, in un bosco di querce, un porcaro, con un bastone in mano, si appresta a far cadere le ghiande, di cui si ciberanno i maiali,
sotto gli occhi attenti di un cane.
Altri, nel folto del bosco, sono
intenti alla stessa attività.
Siamo in un’epoca,
in cui le foreste ricoprivano le campagne e si estendevano fino al
limitare degli abitati.
Come accadeva da secoli, i maiali erano
allevati, per lo più, allo stato brado e i porcari lavoravano
direttamente al servizio dei signori.
La loro era un’attività
ben remunerata: conoscevano tutti i sentieri più nascosti tra gli
alberi ed erano utilizzati anche per sorvegliare i confini delle
tenute. In più l'allevamento dei suini era molto più redditizio di
quello tradizionale degli ovini.
I
maiali, con le loro setole irte, erano più simili ai cinghiali di
quanto lo siano adesso.
Le loro carni erano pregiate e
servite alle tavole dei contadini come ai banchetti dei nobili.
Come nelle altre pagine, il miniatore non trascura alcun
particolare: lo si vede dall'attenzione, con cui raffigura le
ghiande a terra o le chiome degli alberi con le prime foglie dorate dell'autunno.
Una differenza con gli altri fogli, comunque, c’è, ed è evidente: lo stile è meno raffinato,
le linee più nette, le figure sono più rozze e, soprattutto,
manca qualcosa.
Manca
la raffigurazione degli aristocratici
signori che, nelle altre scene, in primo piano o sullo sfondo,
facevano parte integrante della rappresentazione.
Mancano le architetture complesse dei grandi e candidi castelli che dominavano l’orizzonte.
L’atmosfera
è profondamente mutata.
Si
avverte che, dietro
questo foglio, c’è un'altra storia.
Non siamo più ai primi anni del Quattrocento, ma una
settantina d’anni dopo, alla fine degli anni ‘80. Il duca Jean de
Berry, il committente del manoscritto, è scomparso da molti anni,
dal marzo del 1416. Molti dicevano fosse morto di crepacuore dopo la
disastrosa sconfitta del fior fiore della nobiltà francese, a opera
degli inglesi, nella battaglia di Angicourt.
Nato
nel 1340, esponente di spicco della
famiglia dei Reali di Francia, aveva condotto, fino ad allora, una
vita sontuosa, nell'agio di una ricchezza che pareva inesauribile.
Aveva fatto costruire o restaurare castelli e palazzi e
collezionato tesori di ogni tipo: le sue spese per i gioielli, i
ricchi tessuti o i preziosi manoscritti miniati erano state enormi.
La sua corte, con il fasto delle
cerimonie, delle feste o dei tornei, era diventata un modello di magnificenza per
tutta Europa.
Anche i miniatori delle "Très riches heures",
i fratelli Pol, Herman e Ian de Limourg, erano scomparsi nello stesso
anno del Duca, probabilmente vittime della pestilenza che aveva
infuriato in tutta la Francia.
Dopo la
morte di Jean de Berry, molti
dei suoi castelli rimasero vuoti e alcuni furono
addirittura abbandonati. Le collezioni furono smembrate, le gemme e i
tessuti preziosi, a cui teneva tanto, divisi tra gli eredi.
Il
manoscritto delle “Très
riches heures” finì nelle mani di Carlo I di Savoia, un lontano
discendente del Duca.
Il
foglio col mese di
novembre era l’unico rimasto senza raffigurazione, a parte la
lunetta con i segni zodiacali che, probabilmente, era già stata
eseguita.
Il nuovo proprietario dette l’incarico di completarlo al
miniatore Jean Colombe (1430-1505), allora al servizi dei Savoia.
I
tempi, però, sono
cambiati.
Il duca Carlo è un guerriero, più attento a riprendersi
il potere in Piemonte con le armi che ad apprezzare le finezze delle
miniature.
Il vento inarrestabile del Rinascimento ha spazzato
via, come fosse un pulviscolo dorato, il gotico fiabesco dei
fratelli di Limbourg.
Il loro stile, fatto per essere apprezzato
dalla corte di Berry, un piccolo microcosmo legato all'etichetta, alla moda
e al lusso, sfuma ormai nel passato.
Le scene di attività agricole, che avevano raffigurato erano quelle che meglio rispondevano alla loro immagine della campagna.
Contadini dalle movenze eleganti di un balletto, che lavoravano, senza fatica, sullo sfondo dei castelli dei loro signori.
Le scene di attività agricole, che avevano raffigurato erano quelle che meglio rispondevano alla loro immagine della campagna.
Contadini dalle movenze eleganti di un balletto, che lavoravano, senza fatica, sullo sfondo dei castelli dei loro signori.
Con Jean Colombe, invece, fin dalla scelta del soggetto e dall'inquadratura della scena, la realtà, con la sua forza vitale, ma anche con la sua crudezza e la sua volgarità, entra nelle pagine del manoscritto.
Il
sogno di un mondo
perfetto di equilibrio e di armonia, cui partecipano insieme signori e contadini, ormai si è infranto.
La corte del Duca di Berry, così com'era rappresentata negli altri fogli del calendario, è già entrata nell'indeterminatezza del mito.
Quello che resta è l’alone luminoso di una leggenda.
Quello che resta è l’alone luminoso di una leggenda.
Ci volevi solo tu per rendere poetico un argomento come quello dei porci e dei porcari. Mi viene ora la curiosità di sapere come i miniatori fratelli de Limbourg avrebbero trattato un simile soggetto.
RispondiEliminaCiao
Marco
Questa miniatura ha proprio un altro stile, mi sembra che pure l'azzurro del cielo sia diverso da quello della lunetta e delle altre miniature.
RispondiEliminaSara
Questa miniatura più pesante si lega bene a un mese in cui inizia l'inverno. Forse non è un caso se questo era rimasto l'unico senza miniatura perché il soggetto non era facile da trattare con lo stesso stile delle altre. Sono curiosa di vedere cosa ci sarà a dicembre
RispondiEliminaSaluti
Anna
Un abbraccione! Anch'io , dopo questa spiegazione bella e in sintonia con le feste celtiche di fine anno, sono curiosa di dicembre. Il maiale è proprio novembrino, il suo allevamento accompagna gli uomini poveri e ricchi, solo che i poveri vendono la carcassa e mangiano i resti.
RispondiEliminaIncredibile quante cose riesci a vedere e a farci scoprire da una miniatura come questa. La Storia si trasforma in storie di uomini e donne, e così diventa tanto più affascinante. Grazie!
RispondiEliminaio mi abbono
RispondiEliminaEppure, quell'azzurro sullo sfondo fa intuire che il sogno di un mondo meno prosaico non è scomparso, è solo in secondo piano, schermato dagli alberi che lo proteggono.:)
RispondiEliminap.s.
è un azzurro da Blaue reiter!
Io la vedo un po' diversamente:
RispondiEliminaFinchè la miniatura era fatta in Francia era lo stile gotico a governare l'artista
e con esso il concetto di una entità superiore a cui dover devozione
e in quel caso, anzichè essere il padreterno come in una chiesa, era il signore, il duca.
Ora che le miniature sono fatte in Italia il concetto cambia
e qui è l'uomo al centro dell'universo quindi della attenzione dell'artista
e, come giustamene dici, non viene più raffigurata la corte ma l'uomo nella sue quotidiane attività.
E' il rinascimento che impera ormai nella penisola piena zeppadi religiosi
ma satura di laicità.
Grazie a tutti per i commenti!
RispondiEliminaAnch'io, come Anna, sono curiosa di sapere cosa ci porterà dicembre, o meglio, siccome già lo so,di capire perché sia stata scelta una scena come quella che " staccherò" dal calendario tra un mese.Sarei anche stata curiosa di sapere come i raffinati fratelli de Limbourg avrebbero potuto trattare un soggetto considerato prosaico per eccellenza- e già allora lo era- come quello dell'allevamento del maiale.
È vero che nella miniatura ci sono due tipi d'azzurro, quello della lunetta che è il color laspislazzulo dei fratelli de Limbourg e l'azzurite usata da Jean Colombe, forse, come dice Giacinta, con il rimpianto di un sogno.
Probabilmente, come dice Massimo, la nuova cultura del Rinascimento ha profondamente cambiato il modo di pensare, riportando l'uomo al centro dell'universo. È possibile che ai loro occhi lo stile dei Limbourg apparisse come un prezioso ricordo del passato.
È vero comunque che questa scena ci parla di un mondo completamente diverso.
Grazie a te, cara Grazia per le tue sempre preziose indicazioni.
RispondiEliminaMi metto in fila anch'io, per vedere l'ultimo foglio di questo anno.
Ciao,
Lara
...Da ora in poi sappiamo che regalarti un buon calendario per gli anni a venire sarà un'impresa! ;-)
RispondiEliminaUna convincente spiegazione storica.
RispondiEliminaIl contesto storico in cui il foglio del mese di novembre venne realizzato lo rende più prezioso e più significativo.
@ Lara, Riccardo e Costantino: grazie per i commenti e, quanto al calendario da regalarmi.... vedremo!
RispondiEliminaInfatti, già mi rammarico che sia pressoché finito il tempo di sfogliare quella vera meraviglia!
RispondiElimina