La Cappella di famiglia dei Medici, affrescata da
Benozzo Gozzoli (1420-1497) nel loro palazzo di Firenze (qui è il link). Un luogo magico, di quelli che raccontano una storia, una bella storia:
Siamo a Firenze intorno al 1460 e, anche se rimangono intatte tutte le istituzioni repubblicane, i Medici, di fatto, governano la città.
Orgogliosi del loro potere, vogliono dimenticare un passato di
mercanti e- come sostengono i più malevoli- anche di usurai, per entrare nel novero degli aristocratici delle più raffinate corti europee.
La Cappella, al piano nobile del nuovo palazzo di famiglia sulla via
Larga, è destinata a essere un ambiente di rappresentanza degno delle loro aspirazioni.
Un
pavimento con tarsie di marmi e di
porfidi antichi, un soffitto intagliato e dorato, stalli del coro sontuosamente
scolpiti: nella penombra, alla luce tremula delle candele, la cappella sembra un
piccolo scrigno prezioso, pronto per essere esposto all'ammirazione degli ospiti illustri.
Il
committente è il figlio di Cosimo il Vecchio: Piero, detto il Gottoso dalla
malattia che lo affligge e che gli amareggia la vita.
Piero, che ha vissuto a lungo a Ferrara come ospite alla corte sofisticata degli Este, ha ambizioni di nobiltà, si occupa poco della banca di famiglia e ancora meno di affari o di commerci.
Timido, riservato e condannato dalla malattia all'immobilità, preferisce dedicarsi a leggere i testi della sua ricca biblioteca e a collezionare oggetti preziosi da contemplare nel chiuso delle sue stanze.
Timido, riservato e condannato dalla malattia all'immobilità, preferisce dedicarsi a leggere i testi della sua ricca biblioteca e a collezionare oggetti preziosi da contemplare nel chiuso delle sue stanze.
È un uomo di grande gusto e aggiornato sulle ultime tendenze artistiche, ma
per la decorazione della cappella non si è rivolto a uno dei
pittori più innovativi della città. Ha scelto, invece, un onesto e tradizionale artigiano.
Benozzo Gozzoli, allievo di Beato Angelico, è alieno da ogni sperimentazione, ma ha tutte le doti che Piero apprezza: sa eseguire alla lettera le istruzioni
del committente, ha una grande capacità tecnica, è un ritrattista senza pari e, soprattutto, sa raccontare.
Benozzo lavorerà nella cappella più o meno cinque
anni, ricoprendo di affreschi tutte le
pareti e utilizzando i colori e materiali più costosi che i committenti possano pagare, dall'oro, alle lacche, ai lapislazzuli.
Il
soggetto che Piero ha scelto è quello del Corteo dei Magi.
Non è un caso: la cavalcata
dei Magi affrescata nella cappella ricorderà a tutti quella che avviene ogni anno lungo
le vie della città durante la festa dell’Epifania, organizzata dalla esclusiva
Compagnia dei Magi, una confraternita di cui fanno parte anche i Medici. Anzi di cui sono i personaggi principali.
Il
percorso della spettacolare cavalcata parte dal convento di san Marco, sotto il loro patronato e passa lungo la via
Larga, dov'è il loro palazzo, per proseguire, solo dopo, verso il centro della città.
La cavalcata è
divisa in tre brigate come il numero dei Magi: i partecipanti sfoggiano i gioielli
e le vesti più lussuose e sono seguiti da carri carichi di oggetti preziosi e di animali esotici.
I
Medici vedono nella festa l’occasione di ostentare la loro importanza, sicuri
che nessuno stia loro alla pari per fasto, ricchezza e, soprattutto, potere.
Anche
nella cappella il corteo è diviso in tre
brigate, ognuna delle quali occupa una
parete ed è caratterizzata da un colore dominante nelle vesti e nei finimenti
dei cavalli: il bianco per Gaspare, il rosso per Baldassare, il verde per
Melchiorre.
Il
punto di partenza è Gerusalemme, raffigurata come una bianca città sulla
collina. Da lì il corteo di eleganti cavalieri, servitori in livrea e cavalli bardati, si dispiega lungo tutte le pareti in un paesaggio di
rocce candide, di ville, di castelli e di alberi come cedri, olivi o cipressi, in cui si svolgono scene di caccia.
Gaspare, il giovane Mago biondo e imberbe, che guida la cavalcata, ha le sembianze
di Lorenzo, il figlio di Piero, lo stesso che conduce la festa per le vie di Firenze.
Ben visibile, all'altezza della testa, un arbusto di alloro (lauro)
allude al suo nome.
Dietro di lui, i ritratti di altri membri della famiglia, di dignitari e di nobili, di letterati e di filosofi.
Simboli araldici dei Medici sparsi ovunque, personaggi illustri, sfarzo, lusso. Non c'è che dire: Benozzo ha svolto bene il suo compito.
Ha saputo dare alla storia il sapore di una favola. E ancora non basta.
Alla cavalcata dell’Epifania, si accompagna e si sovrappone il ricordo di un altro grande evento: il corteo d’apertura, a
Firenze, del Concilio del 1439, istituito
con l’intento di riunificare le Chiese d'oriente e d'occidente e di salvare
Costantinopoli dalla minaccia turca.
Sulle pareti, Benozzo fa rivivere anche i protagonisti
di quello straordinario avvenimento: nel vecchio Mago Melchiorre, che guida un corteo imponente con tanto di leopardi maculati, di cammelli e di animali da soma carichi di merci, raffigura Giuseppe il patriarca di
Costantinopoli.
Il Concilio di Firenze riveste per i Medici una grande importanza: grazie a loro, in quel momento, Firenze era diventata il centro d'Europa.
Era stato
Cosimo il Vecchio a far trasferire il Concilio da Ferrara a Firenze, approfittando delle voci di un'epidemia di peste nella
città estense e sborsando colossali somme di denaro per regali e prestiti.
Indipendentemente dagli scarsi risultati diplomatici raggiunti (Costantinopoli cadrà nel 1453 nella mani di Maometto II), l'arrivo dell'imperatore, dei dignitari della corte di Bisanzio e dei loro letterati ha avuto un impatto dirompente in ogni campo. Anche nel più banale. Tanto che perfino la cucina ne ha registrato le tracce: il vino dolce da, allora, è chiamato alla greca vino di Xanto, "vin santo", mentre la carne di maiale, cucinata secondo la tradizione, ha avuto il nome, che tuttora conserva, di "arista"(buonissima).
Indipendentemente dagli scarsi risultati diplomatici raggiunti (Costantinopoli cadrà nel 1453 nella mani di Maometto II), l'arrivo dell'imperatore, dei dignitari della corte di Bisanzio e dei loro letterati ha avuto un impatto dirompente in ogni campo. Anche nel più banale. Tanto che perfino la cucina ne ha registrato le tracce: il vino dolce da, allora, è chiamato alla greca vino di Xanto, "vin santo", mentre la carne di maiale, cucinata secondo la tradizione, ha avuto il nome, che tuttora conserva, di "arista"(buonissima).
E, poi, quante immagini, quante sensazioni!
Mai
si è vista una simile concentrazione di volti e di abbigliamenti così eccentrici. Tutto è oggetto di meraviglia: dalle lunghe barbe, in una città di uomini abituati a rasarsi, alle vesti, ai copricapi.
Una miniera di spunti dalla
letteratura, alla filosofia, ma anche dall'arte e alla moda.
Ed ecco, su uno sfondo verde di campagna, il terzo Mago, Baldassarre, dall'età virile e dalla
pelle scura, con i tratti dell'imperatore bizantino Giovanni Paleologo e con quel tipico cappello a ogiva (lo
skiadion), capace di colpire la fantasia degli artisti da Pisanello a Piero della Francesca.
Tutto un mondo da scoprire e da assaporare.
La
facile pittura di Benozzo, con il suo gusto per i particolari, è lo strumento ideale per rievocare, a distanza di anni,
quel momento esaltante e per ricordare, a chi non lo sapesse, il ruolo di Cosimo e della sua famiglia.
E non certo per vano esibizionismo.
Solo ora che sono stati narrati come protagonisti di un'epoca d'oro, i
Medici si sentono pronti a governare la città come dei veri Signori, a imporre il loro modello di eleganza e a rivaleggiare, per sfarzo e magnificenza, col mondo dell'aristocrazia.
Della cappella e della sua storia ho parlato più diffusamente qui
Piatto ricchissimo per questo fine settimana! Certo che girando per Firenze si trovano argomenti infiniti.
RispondiEliminaDavvero, Firenze, è infinita! E se te lo dice una fiorentina che ha preferito vivere altrove.....
EliminaI Medici, la pittura di Benozzo Gozzoli, l'arista e ii vin santo.....mi hanno fatto venire voglia di fare un salto a Firenze!!
RispondiEliminaCiao
Marco
Basta che tu non ci vada in stagione turistica (da marzo a ottobre) e puoi trovare ancora degli angoli incantati!
EliminaChe bella storia e quanti significati ci sono dentro un dipinto!
RispondiEliminaSara
Basta guardarlo con altri occhi. E, magari, con una guida alla mano :-)
EliminaQuei paesaggi, soprattutto nell'ultima raffigurazione, per dovizia di particolari fanno pensare di essere davanti ad un orafo della pittura. E noi, lì, potremmo restarvi davanti per ore, nella loro contemplazione.
RispondiEliminaDavvero, Nela, in questo affresco ci si può perdere. Per fortuna ( o sfortuna) ti richiamano alla realtà i turisti che premono per entrare!
EliminaSono in ritardo?
RispondiEliminascusa ma ho trovato traffico, vado avanti lo stesso.
Entri qui e vedi questo sfarzo, ogni centimetro è occupato da qualcosa
quasi un orror vacui, quasi uno spreco di decorazioni
se lo facessimo oggi faremmo di certo una pacchianeria
matto mezzo secolo fa è scuola
difatti è da quasta scuola che abbiamo imparato a vivere nel bello
tutti noi Italiani, anche se non lo vogliamo, abbiamo questo nel dna
amare queste cose e soprattutto conoscerle per noi è un dovere
se poi è anche un piacere tanto meglio
e te sto piacere ce lo servi su piatti d'argento.
nella risposta che hai dato a Nela San mi viene in mente lo studiolo del Duca di Urbino
RispondiEliminatutto in legno intarsiato che molto meno di questo può resistere al passaggui dei visitatori
eppure sarebbe disastroso non mostrarlo.