Anno nuovo calendario
nuovo.
Per illustrare i mesi del 2015 niente miniature, sculture o affreschi
come negli anni scorsi, ma dodici variopinti arazzi di circa cinque
metri per cinque, oggi conservati al Museo d'arte antica di Palazzo Sforzesco a
Milano.
La serie viene
commissionata nel 1501, dal governatore della città, Gian Giacomo Trivulzio per
celebrare il matrimonio dell'unico figlio Gian Nicolò con Paola Gonzaga.
L'esecuzione è affidata a Benedetto da
Milano, capo della prima arazzeria istituita, da poco istituita a Vigevano.
Tra tra 1504 e
1509, insieme ai suoi collaboratori, tessendo con fili di lana e di
seta, Benedetto dà forma e colore ai grandi cartoni disegnati da Bartolomeo
Suardi detto il Bramantino (1465 ca-1530), con una perizia che nulla ha da invidiare alle più reputate
arazzerie fiamminghe.
Ed ecco il mese di
gennaio:
La scena del mese è
rappresentata entro una cornice in cui sono raffigurati gli stemmi dei
Trivulzio e delle nobili famiglie ad essi imparentate.
In alto, tra il sole e
il segno zodiacale dell'Acquario, domina un tondo con lo stemma di Gian Giacomo
Trivulzio, Sopra il cimiero, una figura di donna alata, una sorta di arpia o di
sirena, tiene tra le mani una lima che si spezza contro un diamante. In un
cartiglio è inscritto il motto dei Trivulzio in francese antico: "ne
t'esmai" vale a dire "non temere" o "non perderti
d'animo".
La scena si volge in
una piazza, circondata da edifici che hanno l'aria di una scenografia teatrale.
Al centro, sopra un'ara classica,Gennaio è personificato dal dio Giano, il dio
romano che apre e chiude le porte, protettore della pace e della guerra, da
cui, secondo un'antica tradizione, avrebbe tratto il nome.
Il dio bifronte con
un volto barbuto e uno glabro tiene, in una mano, un bastone con cui indica il
sole e nell'altra una gigantesca chiave. Nella parte anteriore dell'ara è
incisa l'iscrizione: "Palos acuit ut vitibus/ foetura aves cortis
vocat/iungit boves pulsa solo/ et Ianuarius nive" "Gennaio aguzza i
pali per le viti, richiama i polli nei
cortili e tolta la neve dal suolo aggioga i buoi".
Le attività del mese
non sono molto impegnative, ridotte come sono a pali da aguzzare e polli da
scacciare.
Col gelo il terreno diventa troppo duro ed è impossibile lavorare
nei campi, tanto che i contadini sono obbligati a un ozio forzato.
Sulla
destra, gli attrezzi agricoli giacciono inutilizzati a terra un uomo siede spossato
accanto a un bambino, mentre un giovane in piedi con le braghe tutte stracciate
tiene svogliatamente una vanga e sembra assorto nei suoi pensieri.
Tutt'intorno la gente festeggia un
carnevale precoce: a sinistra, ai piedi dell'ara, uno zampognaro tiene accanto a sé una brocca e due bicchieri
pieni a metà.
Al suono della zampogna quattro persone accennano ai passi di una
danza moresca.
L'uomo in primo piano indossa un turbante così come la donna
che, alla maniera orientale, ha il volto velato. Anche i personaggi sullo
sfondo sembrano danzare: uno è nudo, mentre due indossano strani costumi a
scaglie e portano bastoni a cui sono appesi dei palloni o delle vesciche di
maiale gonfie d'aria com'era uso nei carnevali del Nord.
A destra, una zona più scura del suolo sembra indicare
la presenza di una lastra di ghiaccio che riflette alcuni passanti. Il clima è
freddo, anche se il cielo, in cui si intravedono stormi di uccelli in volo, è
di un azzurro terso.
Dalle finestre uomini e donne guardano incuriositi quello
che succede nella piazza, mentre le porte dell'edificio circolare sullo sfondo
sono chiuse, come quelle del tempio che i Romani avevano dedicato a Giano e che
restavano serrate in tempo di pace.
Ed è, appunto, la
pace che Gian Giacomo Trivulzio vuole celebrare. All'epoca è un uomo maturo, un condottiero spregiudicato, più abituato alla guerra che alle arti e che è sopravvissuto indenne a tutti i cambiamenti e a tutti gli intrighi mutando bandiera a seconda della sua convenienza.
Dagli Sforza è
passato al servizio degli Aragona e poi a quello dei francesi, ingaggiato con
una cifra da capogiro per guidare le loro truppe contro il ducato di Milano.
Dopo la cacciata di
Ludovico il Moro è stato nominato da Luigi XII Maresciallo di Francia e Governatore
di Milano.
Ora che è arrivato al potere e che ha consolidato, come meglio non
si potrebbe, i suoi possedimenti e le sue finanze vuole rappresentare negli
arazzi gli effetti del suo buon governo e convincere i più scettici che, grazie
alla protezione dei Francesi, Milano si appresta a vivere una nuova età
dell'oro.
Bramantino ha capito
bene i suoi intenti e, nelle scene ricche di riferimenti classici che ha
disegnato per lui, gli fornisce le immagini che desidera.
A gennaio Giano con la
sua grande chiave celebra la pace, chiudendo le porte del tempio; per le
strade si improvvisano danze carnevalesche, dimenticando le paure della guerra
e i rigori della stagione.
Anche se la realtà è
ben diversa nelle sale del suo lussuoso palazzo guardando gli arazzi come quelli che i più ricchi si
possono permettere, Gian Giacomo Trivulzio può continuare a sognare.
Un approfondimento dell'iconografia e delle vicende storiche degli arazzi è in G.Agosti e J.Stoppa, I Mesi del Bramantino, ed.Officina Libraria 2012
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