Sembra ieri che l’anno è cominciato
e, invece, siamo già a novembre, il nono mese secondo il calendario
romano da cui ha preso il nome.
È,
dunque, arrivato il momento di guardare cosa ci riserva la
penultima scena del calendario che ho scelto per quest’anno: gli
arazzi con il Ciclo dei Mesi ora conservati nel Castello Sforzesco di
Milano, commissionati agli inizi del Cinquecento, da Gian Giacomo
Trivulzio, all'epoca governatore della città, alla manifattura di
Vigevano ed eseguiti su disegno di Bartolomeo Suardi detto il
Bramantino (1460 ca- 1530).
Ed ecco, come appare il novembre di
cinque secoli fa
Come succede in tutti gli altri arazzi, la scena è circondata da una cornice con gli stemmi dei Trivulzio
e delle famiglie ad essi imparentate.
In alto, al centro,
appare il grande stemma dei Trivulzio, a sinistra è raffigurato il
sole, mentre a destra compare la rappresentazione del segno zodiacale
del mese: il Sagittario.
Nel cartiglio in basso, sorretto non da un'ara classica come negli altri Mesi, ma da un paiolo di rame ricolmo di polenta chiara, una scritta
illustra le caratteristiche di novembre:
"Prata innovat olae cavet/ capris
coire dat legit/ glandem arbors lina apparat/ november arma et
rustica Novembre rinnova i prati; cura l'olivo, fa accoppiare le
capre, raccoglie la ghianda della quercia, prepara il lino e gli
strumenti agricoli"
Al centro, seduto su un tavolaccio, il
Mese è raffigurato come un burbero fattore, vestito di abiti
pesanti, con i lineamenti grossolani e tanto di pappagorgia che, con
un gesto imperioso della mano, dirige una serie di attività legate al mese.
In primo piano, seduti su un tappeto a
scacchi colorati, dei bambini vestiti all'antica bevono il latte da delle scodelle o
accorrono verso un uomo e una donna che sembrano distribuire loro le scarpe necessarie all'inverno, mentre un'altra donna avanza portando sulla testa un paniere pieno di zoccoli di legno.
A sinistra, un gruppo di uomini in corte tuniche completate, a volte, da
calzabraghe aderenti, si occupa della fabbricazione degli
strumenti agricoli dalle vanghe, alle asce, ai forconi e della costruzione dei carri, come dimostrano le
due sezioni di ruota che giacciono sul pavimento.
La parte destra è tutta occupata dalla rappresentazione delle fasi della faticosa lavorazione del lino: gli steli delle
piante, già sottoposti a macerazione, una volta essiccati, vengono
battuti con uno strumento apposito per liberare le
fibre dalle parti legnose.
Le fibre vengono poi pettinate con
pettini dai denti via via più fitti per sciogliere i nodi, in modo da ripulirle il più possibile prima di essere filate.
Come sempre, Bramantino, si mostra ben
informato sulle attività agricole, anche se con
la sua accesa immaginazione, la sua passione per gli scorci prospettici o le
sue ambientazioni all'antica, le sa trasfigurare, trasformandole in scene senza tempo
dove elementi realistici si mescolano a elementi di fantasia.
Così
i contadini di Novembre compiono i lavori tipici del mese non
all'aperto, ma in un improbabile ampio salone, dove, attraverso un arco, si
intravedono gli edifici di una città, mentre, in alto, il sole
pallido e malinconico che illumina la scena annuncia già l'arrivo dell'inverno.
Un approfondimento delle vicende storiche e dell'iconografia degli arazzi è in G.Agosti e J.Stoppa, I Mesi del Bramantino, ed. Officina libraria 2002
Cara Grazia, è sempre un gran piacere inaugurare il mese con uno dei tuoi magnifici post. Chissà cos'hai in serbo per l'anno prossimo? pensi di proseguire con queste tue meravigliose riscoperte?
RispondiEliminaHai ragione, sembra ieri! Eppure ad aspettare il tuo post di inaugurazione, a volte il mese non passa abbastanza in fretta ;)
RispondiEliminaInteressante come sempre, scovare i dettagli grazie ai tuoi suggerimenti. Grazie!
Però all'autore dell'arazzo il mese di novembre non doveva essere molto gradito: gli ha dato una faccia bruttissima!
RispondiEliminaFattore burbero, ma la visione d'insieme è molto elegante!
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