A come le Ande del "Noroeste argentino", il "Noa".
Avevo fantasticato molto sulle Ande, uno di quei nomi, capaci di evocare, da soli, sogni di viaggi in terre lontane.
E ora eccole: montagne altissime (arrivano a più di seimila metri), rocce e sassi con le oasi improvvise di verde delle "quebradas", le valli lunghe e strette come canyons.
Un territorio tormentato, il Noa e con una storia sanguinosa, fino dalla conquista degli Incas che, intorno al 1460, lo ridussero a una provincia dell'estrema periferia dell'Impero.
Poi il passaggio violento dei Conquistadores con Francisco de Aguirre, la conversione al cattolicesimo e l'annessione forzata al vicereame del Perù e, infine, per tutto l'Ottocento, le lotte per l'indipendenza argentina e quelle civili che sconvolsero il paese.
Avevo fantasticato molto sulle Ande, uno di quei nomi, capaci di evocare, da soli, sogni di viaggi in terre lontane.
E ora eccole: montagne altissime (arrivano a più di seimila metri), rocce e sassi con le oasi improvvise di verde delle "quebradas", le valli lunghe e strette come canyons.
Un territorio tormentato, il Noa e con una storia sanguinosa, fino dalla conquista degli Incas che, intorno al 1460, lo ridussero a una provincia dell'estrema periferia dell'Impero.
Poi il passaggio violento dei Conquistadores con Francisco de Aguirre, la conversione al cattolicesimo e l'annessione forzata al vicereame del Perù e, infine, per tutto l'Ottocento, le lotte per l'indipendenza argentina e quelle civili che sconvolsero il paese.
Popolazioni indios sterminate dagli eserciti di occupazione e costrette a deportazioni forzate: la prima, la più crudele, durante la "Conquista" spagnola. Uomini, donne e bambini, obbligati a un percorso di quasi mille chilometri, per arrivare a Buenos Aires a fornire manodopera a basso costo: furono ventimila a partire e solo settecento i superstiti.
Un territorio isolato, fino alla scoperta del turismo in tempi recenti.
E ora le contraddizioni sono forti: alberghi di lusso, tour organizzati per turisti, ristorantini con piatti tipici, negozi straboccanti, ma anche miseria e abbandono.
C come cardones i cactus giganteschi che occupano immense distese sassose e aride, insieme a pochi cespugli bruciati dal calore.
Un paesaggio, dove ci si aspetterebbe di vedere volare i condor.
E, invece,no. Non sempre "el condor pasa".
Un paesaggio, dove ci si aspetterebbe di vedere volare i condor.
E, invece,no. Non sempre "el condor pasa".
C come cimiteri delle quebradas, vere città dei morti, con casette, piccole cappelle colorate e ghirlande di fiori artificiali dalle tinte forti e vivacissime.
Più colorati dei paesi dei "vivi" dall'immutabile colore ocra e polvere.
Più colorati dei paesi dei "vivi" dall'immutabile colore ocra e polvere.
C come colori Se esiste un dio, quello che ha creato le Ande è un dio pittore che ha dipinto le rocce con una tavolozza di tinte assurde, rossi, gialli verdi, violetti, a volte perfino un tocco di azzurro. È l'artista visionario che ha creato il Gran Salar un altopiano di sale di un bianco abbacinante che appare, all'improvviso, a più di tremila metri di altezza, con intorno le cime delle Ande.
C come Cristina. Il nome, scritto nei colori argentini bianco e celeste, compare ovunque, su tutti i muri e in ogni spazio disponibile: la dimostrazione del sostegno popolare alla "Presidenta" Cristina Kirchner, che ha stravinto le elezioni del 2011
F come Fine de l'autopista: la scritta nel cartello dell'autostrada più importante del Noroeste è da intendersi assolutamente alla lettera. L'autostrada non finisce, immettendosi in una strada normale, ma si conclude, bruscamente, in uno slargo sterrato, chiuso da una discarica abusiva.
La fine dell'autostrada: proprio come era annunciato.
La fine dell'autostrada: proprio come era annunciato.
M come MAAM, il museo d'archeologia d'alta montagna della città di Salta. Sono conservati qui i Ninos de Lullaillaco, le mummie di tre bambini, due di sei e una di dodici anni, sacrificati dagli Incas e ritrovate nel 1999 perfettamente conservati sulla cima di una delle vette "sacre", il vulcano spento di Lullaillaco. Erano i figli dei capi delle comunità delle valli, bambini di grande bellezza, offerti dalle famiglie alle autorità di Cuzco. Venivano consacrati nel corso di una cerimonia e sposati tra di loro, in modo da suggellare le alleanze tra le famiglie aristocratiche. Poi, con un percorso che durava mesi, ritrasportati, prima nei loro villaggi, dove venivano accolti con grandi cerimonie, e, infine, sulla montagna sacra. Qui erano ubriacati e seppelliti, nel sonno, insieme a tutta una serie di oggetti devozionali, in omaggio agli dei. I santuari erano le cime più alte, quelle oltre i seimila metri.
L'impressione dei corpi rannicchiati, ancora abbigliati con le vesti dai disegni rituali e dei volti attoniti basta, da sola, a sconvolgere. La sensazione è che siamo noi ora a profanarli, per averli sottratti al legame sacro e misterioso con la montagna.
M come mercati della Quebrada con i banchi pieni di prodotti di abbigliamento"andino" (ponchos, borse, cappelli) tutti rigorosamente falsi e "made in China".
Più in disparte, al di fuori dei circuiti turistici, i prodotti "andini" spariscono d'incanto per lasciare il posto a quelli destinati al consumo locale: tute, t- shirt o scarpe con marchi della Nike o della Adidas, ugualmente false e "made in China"
R come routa nacional 40 tra Cafayate e Cachi, una strada bianca, di sassi e, a volte, di sabbia e di fango.
Centocinquantacinque chilometri senza asfalto, un milione e mezzo di dossi e cunette (calcolati per difetto). Il piacere di percorrerla in un paesaggio lunare e la soddisfazione enorme di arrivare.
V come villaggi della Quebrada di Hurmahuaca dai nomi indios come Tilcara, Maimarà o Purmamarca, dove le case hanno gli stessi colori delle montagne.
Case basse, costruite a secco, spesso semidistrutte, tanto che è difficile capire se siano ancora in costruzione oppure in abbandono. E dappertutto la polvere che copre le vie senza asfalto. L'unico spazio verde è il giardino della grande piazza centrale, su cui si affaccia la chiesa intonacata di bianco.
V come vino, un bianco ottimo, il torrontès, ottenuto da vigne coltivate nella regione di Cafayate fino ai 2.400 metri. Fu il Conquistador Francisco de Aiguirre a introdurne la coltivazione, ripresa, poi, dai Gesuiti soltanto per i vini da messa.
Intorno al 1830 cominciò la produzione massiccia in vaste estancias e l'apertura delle grandi "bodegas", i cui proprietari hanno i nomi di personaggi di racconti di Borges, come i Bustos o i Domingo Hernandez, ma anche quelli di emigranti abruzzesi, come i Nanni.
È il vino che ha assicurato alla zona un certo benessere e alla cittadine della valle un'aria da paesi dell'Andalusia, con case intonacate in bianco e patios ombrosi.
W come wi-fi, con la connessione internet diffusa dappertutto, ma veramente dappertutto, insieme agli immacabili negozi di fotocopias.
Dalle città, agli altopiani, alle cime, ai paesi più isolati, wi- fi e fotocopias sono una certezza.
E i gauchos ? Ancora non li ho visti,
E il tango ? Ancora non l'ho sentito.
Ma non dispero. Il viaggio continua...
Tranne quella del museo, tutte le foto mi sono state fornite dal mio "companero de viaje", il mio compagno di viaggio, in Argentina e nella vita.
Un bellissimo dizionario illustrato di questa parte di Argentina che ci fa sognare.
RispondiEliminaSto già iniziando a fare i conti di quanto mi costa venire a vedere le Ande!
RispondiEliminaPorca miseria ma non potevano farle un po' più vicine?(Il tuo "companero de viaje" ha un buon occhio)
Non vedo l'ora di leggere il seguito!!!!
Buon proseguimento e un abbraccione
Mi piacerebbe molto vedere i luoghi di cui tu ci racconti con il tuo solito misto di sapienza e ironia.Mi piace però anche immaginarli in questa domenica grigia d'inverno in cui è bello sognare.
RispondiEliminaUn caro saluto
Marco
Belle e appassionanti queste descrizioni, finirai per convincermi a fare un viaggio in Argentina.
RispondiEliminaCiao
Anna
Durrell ebbe un incontro ravvicinato con un guanaco. Tu, ancora niente? Non sembra sia un'esperienza entusiasmante, quindi, quando li vedrai, tieniti fuori dal loro tiro.... Per il resto, aspetto trepidante la 3a puntata. Bye&besos
RispondiEliminaHai ragione, i paesi dei morti sono più colorati dei paesi dei vivi "dall'immutabile colore ocra e polvere". E' qualcosa che lascia pensare oltre a procurarti un sentimento di tenerezza. Di tutt'altro impatto il corpo in bacheca, hai ragione.
RispondiEliminaHo sorriso quando ho letto del dio pittore: Grazia va lontano, ma non perde il vizio...:)
Complimenti al companero de viaje per le belle foto.
Ti abbraccio e aspetto...
Ho sempre apprezzato il vino argentino, ma non sapevo che ce ne fosse di così alto.Conoscevo come città del vino solo Mendoza, ora aggiungerò anche la valle e le bodegas di Cafayate.
RispondiEliminaCin cin
Carlo
Ci fai amare ed apprezzare questa fantastica terra.
RispondiEliminaUn altro superbo articolo dei tuoi, ad un tempo reportage, documento storico, repertorio geografico. Mi hanno particolarmente colpito le immagini di natura.
RispondiEliminase non ci fossero quei due o trecento intoppi che attualmente ostacolano ogni mia velleità sarei già lì.
RispondiEliminaE noi aspettiamo che il tuo viaggio continui.
RispondiEliminaSaluti a te e al tuo compagno di viaggio!
Ciao Grazia grazie delle tue notizie di viaggio. Trasmetti l'amore per il viaggiare e per i luoghi percorsi. Ti accompagno virtualmente in questa bella avventura. Divertitevi! ;)
RispondiEliminaciao Grazia, sono Bruno. Ho visto le belle foto di Thomas. Vorrei chiederti se puoi portarmi un sacchettino piccolo di terra argentina. E' per la mia lezione di storia e geografia perche' raccogliamo un po'di terra di vari paesi del mondo e poi la mettiamo su un muro dove c''é dipinto il mappamondo. Grazie se ti ricordi. Bacioni da tutti noi
RispondiEliminaCiao, sono nuovo qui :-) il tuo post e' davvero molto bello, fa venir voglia di partire, conoscere ed esplorare. grazie!
RispondiEliminaBellissimo viaggio e bellissime foto!
RispondiEliminahttp://thestyleattitude.blogspot.com/
Ho appena letto e consigliato le tue pagine!
RispondiEliminaUn caro saluto da Marco (il marito di Barbara)