Cercando pittori “innamorati delle nubi”, dopo gli aerei ritratti di Constable e la nuvola amorosa di Correggio, ho fatto un incontro del tutto inaspettato.
Apparentemente niente di più lontano dalla morbida consistenza delle nuvole dello stile di Andrea Mantenga, un artista“che tira più alla pietra, che alla carne viva”, come dice Vasari, e -al pari della Medusa della mitologia- è in grado di trasformare in marmo, roccia o cristallo, ogni elemento dei suoi dipinti.
Eppure Mantegna si incanta a raffigurare, nella sua pittura, le infinite forme che possono assumere le nuvole ed è, addirittura, capace di usare la loro soffice e candida sostanza per firmare il suo capolavoro.
Per scoprire la "sua" misteriosa nuvola, bisogna addentrarsi nella selva di affreschi che coprono le pareti di una piccola stanza del palazzo ducale di Mantova.
È la camera degli sposi, o, meglio, secondo la più corretta definizione dei documenti, la “camera picta”, affrescata Mantegna tra 1465 e 1474.
La sala non ha niente di nuziale, anzi, era destinata alle udienze e ai ricevimenti.
Chi varca la soglia entra dentro uno spazio interamente dipinto, un mondo illusorio creato, come un palcoscenico, per esaltare la gloria dei Gonzaga.
Il soffitto simula una decorazione in stucco con fregi e busti di imperatori e, al centro, si apre un oculo, da cui si intravede l'azzurro del cielo.
Le lunette sono ornate da festoni di foglie e di frutta.
In basso, corre una decorazione con finti intarsi marmorei, mentre, sulle pareti, sontuosi tendaggi dipinti si aprono, come sipari teatrali, su scene della vita di corte.
Il committente è il marchese Ludovico, un politico lungimirante e intelligente che ha saputo trasformare una palude abitata da ranocchi (secondo la malevola descrizione di papa Pio II) in una città moderna, chiamando alla sua corte artisti del calibro di Leon Battista Alberti e, appunto, di Andrea Mantegna.
Per averlo al suo servizio Ludovico non ha badato a spese. Gli ha garantito un ottimo salario, vitto e alloggio e, in più, la promessa di una serie di onoreficenze. Insomma un'offerta di quelle che non si possono rifiutare. Mantegna, ovviamente, l'ha accettata e ora ricambia come meglio non si potrebbe.
Nella parete destra la tenda si apre per rivelare una scena quotidiana.
È come un'istantanea, tanto che sembra che i dignitari di corte non abbiano avuto il tempo di mettersi in posa e che qualcuno stia ancora arrivando, un po' trafelato, dalla porta sulla destra.
E Mantegna li ritrae, così come sono, senza lusinghe o compiacimenti.
Il marchese, in primo piano, tiene un documento tra le mani e si volta verso il suo segretario, mentre il cane preferito è accucciato ai suoi piedi.
Tutti sono elegantemente abbigliati: gli uomini in farsetto e calzebraghe con i colori dei Gonzaga, le donne in ricchi abiti damascati.
Al centro, seduta e imponente, è la moglie di Ludovico, Barbara di Brandeburgo, nipote dell'imperatore Sigismondo, che, con le sue alte parentele, ha dato lustro alla dinastia dei Gonzaga.
Attorno a lei ruota la vita di famiglia. È attorniata dai figli e ha accanto la dama di compagnia favorita, una delle nane, di cui i Gonzaga amano circondarsi, l'unica che guardi verso lo spettatore.
L'altra parete si apre su un paesaggio, ricco di riferimenti classici, con la veduta di una città, che rievoca la Roma. antica. Il marchese, con un seguito di cavalli riccamente bardati, cani, paggi e familiari, va incontro al figlio Francesco, collocato al centro della scena con un'espressione compunta e soddisfatta. Non nasconde la sua contentezza per la nomina a cardinale che ha appena ricevuto. E, forse, è proprio questa la notizia che il marchese stava leggendo nella scena precedente e per cui aveva convocato tutti i cortigiani: per lui era la conferma dell'influenza e del potere della famiglia.
Cortigiani, cardinali, damigelle, cavalli, cani...ma, finora, nessuna traccia della nuvola misteriosa. Non ci resta che continuare a guardare.
Sopra la porta, in una targa sorretta da putti alati, l'artista, che si definisce "suus Andrea Mantinia", dedica la sua opera al marchese.
È la consacrazione ufficiale del suo ruolo di pittore di corte. La firma qui c'è, ma non è certo quella che stavamo cercando.
Comunque, se andiamo avanti e controlliamo anche i dettagli, una sorpresa la troviamo.
Sul pilastro accanto alla porta, ornato da una finta decorazione a stucco, tra tralci e volute, Mantegna ha inserito il suo autoritratto.
Ha scelto di non raffigurarsi in mezzo agli altri cortigiani e si è rappresentato, invece, a parte, come una sorta di strano fiore, in un gioco scherzoso e allusivo che può equivalere a una firma.
Meno ufficiale e più privata, rispetto a quella della targa dedicatoria, ma non abbastanza misteriosa e, soprattutto, senza alcun legame con le nuvole.
Non c'è che da ricominciare a cercare e, magari, stavolta, alzare la testa e osservare bene l'oculo aperto nel soffitto con il suo sfondo di un azzurro terso di cielo.
Dalla finta balaustra, che lo circonda, con uno straordinario scorcio prospettico, dame e putti si sporgono, pericolosamente.
Una conca con una pianta di arancio è in bilico sul bordo e rischia quasi di cadere.
Le giovani donne, accompagnate da una esotica serva nera e da un pavone, sembrano divertirsi a spiare, non viste, quello che succede sotto di loro.
Per curiosare meglio due putti hanno, addirittura, infilato la testa nella balaustra.
Dettagli divertenti e bizzarri, un'atmosfera giocosa: questo sembrerebbe, davvero, il luogo più adatto.
E, in effetti, lo è.
Perché, se si osserva con attenzione, ci si accorge, finalmente, che, proprio qui, tra le nubi, compare il profilo di un uomo.
I lineamenti riprendono quelli dell'autoritratto dipinto da Mantegna, qualche anno prima, nella "Presentazione al tempio", ora a Berlino.
Non c'è dubbio: è proprio lui, che si è nascosto nel posto apparentemente più visibile, al centro della stanza.
E pensare che nessuno, fino a pochi anni fa, lo aveva scoperto.
Di sicuro Mantegna non prevedeva che i moderni strumenti di indagine (foto a luce radente o teleobiettivi) avrebbero rivelato quella sorta di “firma figurata”, che, per soddisfare il suo orgoglio di artista, aveva apposto nella cangiante materia delle nubi.
Dal suo aereo nascondiglio, per secoli, ha contemplato dall'alto quel mondo fittizio che aveva creato per celebrare i Gonzaga.
E là, celato dietro un candido e soffice schermo, forse ha capito che, nell'olimpo della pittura, il potere effimero del principe non conta e che l'unico che valga è quello eterno dell'arte.
L'autoritratto di Mantegna è stato scoperto da un grande studioso, Daniel Arasse, che ne ha parlato ne "Il soggetto del quadro.Saggi d'iconografia analitica"edizioni ETS 2009, pp.67-83, da cui ho tratto notizie e confronti.
posso solo fare: oohhhhhhhhhhh!
RispondiEliminaÈ la stessa reazione che ho avuto io quando ho visto la foto della nuvola per la prima volta.
Eliminale storie che sai raccontare tu sono ogni volta più affascinanti, grazie
RispondiEliminaSono quelle che mi piace scoprire e che mi meravigliano. Grazie a te di seguirmi
EliminaMeraviglioso come sempre il tuo post.
RispondiEliminaLa frase finale è particolarmente significativa.
Ma è impressionante il fatto che il Mantegna si sia autoritratto in una nube che pure essendo visibile a tutti, nessuno poteva vedere.
Buon fine settimana cara Grazia!
Lara
È vero: è incredibile scoprire nel "pietroso" e duro Mantegna un amante delle nuvole. E poi si era nascosto in un luogo talmente evidente che, come nel racconto della lettera scomparsa di E.A.Poe,aveva finito per rimanere invisibile.
EliminaBuon fine settimana anche a te!
Aver scoperto l'autoritratto fra le nuvole sembra quasi una profanazione del suo punto d'osservazione. Chissà, forse a chi lo ha scoperto avrà detto: Cucù!
RispondiElimina:-)
Sei preziosa!
Un abbraccione
Penso che quando è stato scoperto ci sia rimasto male e ,poi, mi sa che Mantegna non fosse tipo da fare "cucù"!
EliminaInutile dirti che pur conoscendo la camera degli sposi di Mantegna non avevo mai notato l'autoritratto nelle nuvole . Penso che l'artista si sia divertito a giocare a nascondino con il suo committente, oltre che a mettere in evidenza il suo lavoro di pittore. Non mi ricordo più quale studioso dicesse che un vero pittore si distingue da come sa dipingere le nuvole.Mi pare che Mantegna abbia superato la prova.
RispondiEliminaCiao
Marco
Altro che se l'ha superata ! Comunque, anche per cercare Mantegna nel suo aereo nascondiglio, una visita alla Camera degli Sposi io la rifarei...
EliminaUn'emozione dietro l'altra! Sono squarci di storia, momenti di grande arte, svelamenti di vita sociale avvinti come l'edera e su tutti quella nuvola, che il suoarcano ha lasciati illuminare solo da poco!
RispondiEliminaDavvero emozionante la misteriosa nuvola, con cui Mantegna ha giocato con noi a nascondino per più di sei secoli !
EliminaSi, il vero potere è quello della creazione artistica, una verità da nascondere ...
RispondiEliminaStraordinario post. Tu mi riconcili con la storia dell'arte ogni volta di più :)
Il potere dell'arte è pericoloso e sovversivo, sempre.
EliminaTu, invece, mi riconcili con la musica e la letteratura: siamo pari :)
Un'altra bella lezione di arte. Trovo sempre interessanti, sopratutto per il ricco linguaggio usato, i tuoi momenti di storia dell'arte. Grazie Prof. Ciao Aldo
RispondiEliminaGrazie a te di condividere con me il piacere di scoprire dettagli inaspettati nel mondo della storia dell'arte.
EliminaMi piacciono questi racconti dove si scoprono particolari non noti di capolavori riconosciuti. Chissà perchè Mantegna sceglie di firmarsi privatamente in una maniera così fantasiosa? Sicuramente c'entra il suo orgoglio di inserirsi, come dici tu, nel "cielo della pittura"
RispondiEliminaAnna
Certo che c'entra il suo orgoglio: Mantegna, stando alle fonti, aveva una grande consapevolezza di se e del valore della sua arte.
EliminaA me piaceva già il ritratto-fiore (che mi ha ricordato un po' quel Green Man che spesso appare nel folklore anglosassone), ma quello nuvola è davvero sorprendente, con quelle guance un po' gonfie come se stesse soffiando.
RispondiEliminaSaluti affettuosi
È vero che con quelle guance un po' gonfie e quell'aria scherzosa è difficile riconoscere il pittore che le fonti descrivono come di un carattere aspro e difficile. Magia delle nuvole, evidentemente!
Eliminaun due tre per Mantegna, dietro quelle nuvole. Mantegna, esci, sei preso, sei preso!
RispondiEliminaLiberi tutti !
EliminaCi sono andata la primavera scorsa,è sempre una meraviglia...i pittori sono un pò egocentrici e vanitosi...han sempre quel tocco che possa distinguerli ;-)) Ciao, Barbara
RispondiEliminaÈ vero i pittori sono vanitosi però, come nel caso di Mantegna, se lo possono permettere,vero ?
EliminaMi ha sempre stregato l'arte di Mantegna, dal "Cristo Morto" racchiuso a Brera, alla "Stanza degli Sposi",alla Pala di San Zeno.E non ho mai visto dal vivo le opere del Louvre e della National Gallery.
RispondiEliminaIn un ideale Premio di Pittura cui partecipassero tutti i grandi dipintori italiani,come non considerare la sua somma arte?
Difficile fare una graduatoria in un ideale Premio di pittura tra gli artisti italiani. Per me Mantegna sarebbe, comunque, nei primi posti.
EliminaCara Grazia, Di Arasse avevo letto il libro su Vermeer, un testo difficile e illuminante. Non mi stupisce che sia riuscito a scovare il Mantegna fra le nuvole, era ben capace di cogliere queste sottigliezze.
RispondiEliminaSherlock si toglie il cappello e resta un momento in silenzio per rendere omaggio alla memoria di quel geniale indagatore.
Un omaggio grande e commosso alla memoria di Arasse che ci ha insegnato l'importanza di guardare la pittura in ogni sua parte.
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