C'è del blu nell'aria, in questi mesi. A giugno, nel cielo di Nizza, sono stati fatti volare mille palloncini blu. Di fronte al museo di Anversa sventolano grandi stendardi blu. Perfino le sfilate di moda, tra Parigi e Milano, si sono tinte di blu. E tutto per ricordare, a cinquant’ anni dalla morte, Yves Klein (1928-1962).
Nato a Nizza in una famiglia di artisti, Klein ha attraversato, come una meteora luminosa e folgorante, il cielo delle avanguardie del secondo Novecento. Scultore, pittore, scrittore, maestro di judo, jazzista: in appena trentaquattro anni di vita e in soli sette di attività, ha sperimentato di tutto e ha lasciato oltre mille opere.
Il suo nome, però, rimane legato a un colore, il blu, e a dipinti come questo:
"Artista zen" è stato definito per la sua passione per le filosofie orientali.
Un interesse nato con il judo, che ha praticato fin da bambino e che, da adulto, perfezionerà in un anno di studio a Tokyo.
Ma non gli basta: Klein è un inquieto, alla continua ricerca di un assoluto, che lo porta a incrociare i sentieri più diversi, dal pensiero esoterico dei Rosacroce, al cattolicesimo.
Di questo itinerario- "un percorso verso l'immateriale" lo definisce- vuole lasciare traccia nelle sue opere.
Per questo, sceglie, fin dall'inizio, di dipingere con un solo colore e di abolire ogni forma di rappresentazione: "Sono giunto al monocromo- scrive- perché davanti a un quadro, non importa se figurativo o non figurativo, avevo la sensazione che le linee... il contorno, la forma, la prospettiva, non componessero altro che le sbarre della finestra di una prigione"
E lui vuole essere libero.
Nel 1956 espone, in una Galleria parigina, tele monocrome, dipinte nei colori primari. Il risultato non lo convince: gli pare che i visitatori siano distratti dalla cromia troppo variegata. Ha solo ventott'anni, ma sa quel che vuole. Capisce che, a questo punto, deve concentrarsi su un unico colore, quello capace, secondo lui, di portare chi lo guarda alla purezza della contemplazione.
Ma quale?
Per lui è il blu quello che più si avvicina all’infinito."Tutti gli altri portano ad associazioni psicologiche che possono distrarre- dice- il blu, al limite, ricorda il mare e il cielo e tutto quello che c'è di più astratto nella natura."
Il blu, che, fin dagli sfondi di lapislazzuli, preziosi come l'oro, degli affreschi medioevali, è simbolo del trascendente e del mistero.
Il colore dei cieli di Giotto ad Assisi, che Klein ammira tanto.
C'è un problema, però.
Il blu che Klein trova tra i colori già pronti non lo soddisfa: ha l'impressione che nessuno sia abbastanza brillante.
E lui vuole arrivare alla perfezione, all’ ”espressione più pura del blu".
Che sia un testardo l'abbiamo capito e, per avere quello che vuole, non esita a sperimentare per un anno intero.
Alla fine, la soluzione la trova, grazie a un prodotto- Rhodopas M si chiama- una resina sintetica incolore che, diluita, è in grado di legare pigmenti senza alterarne la luminosità.
Ce l'ha fatta.
Quello che ha ottenuto è il "suo" colore, talmente "suo" che lo brevetterà con il nome di IKB, International Klein Blue.
Un luminoso blu oltremare, che non verrà mai prodotto industrialmente, ma che fornirà la materia e il titolo alle sue composizioni e rappresenterà, in qualche modo, la sua firma.
Con il "suo" colore, "immateriale e indefinibile", Yves le monochrome, come non gli dispiace esser chiamato, eseguirà circa duecento grandi tele, stendendolo con il rullo da imbianchino, fino a coprire uniformemente anche il bordo del telaio.
Gli pare che così i suoi dipinti si trasformino quasi in "elementi incorporei" e diano allo spettatore la sensazione di un'immersione completa nel quadro.
Nel 1957, nel pieno di quella che definisce- e come altrimenti?- la sua "epoca blu", decide di mettersi alla prova e di esporre, tutti insieme, undici dei suoi grandi monocromi alla galleria Apollinaire di Milano.
C'è da immaginarsi le reazioni dei visitatori nel vedere le sale riempite di quelle tele tutte uguali.
Altro che percorso spirituale! I più si annoiano, si sentono presi in giro e protestano. Le critiche fioccano feroci.
Ma non mancano gli apprezzamenti. Dino Buzzati scrive subito una recensione, tra ironica e ammirata, sul "Corriere della Sera" e la intitola - e c'è da dubitarne? - "Blu, blu, blu"'.
Anche se la mostra è un fiasco e vende solo due tele, serve a farlo conoscere.
Klein ora è sicuro di avere imboccato la strada giusta e continua a esporre i suoi monocromi in tutta Europa.
Ha ragione a non cedere: il suo 'total bleu' conquisterà critica, pubblico e mercato e le sue quotazioni si impennerano.
Ma non è certo, il riconoscimento commerciale che lo interessa. Anzi. In qualche modo è come se, piano, piano, il blu tracimasse spontaneamente dalle tele per invadere tutto.
Nella sua volontà ostinata di arrivare al trascendente attraverso l'arte e di usare il colore come una chiave per raggiungere l'anima, tingerà, del "suo" blu, tavole di legno, muri, piccole statue, oggetti di vario tipo. Ne impregnerà anche grandi spugne naturali che diventeranno straordinarie sculture. Arriverà, addirittura, nelle sue "Antropométries" a cospargerne, quasi fossero "pennelli viventi", giovani donne nude, che lasceranno le impronte dei lorio corpi su grandi tele bianche.
E perfino nella sua vita privata, nel matrimonio con la bellissima Rotraut, anche lei artista, organizzato secondo l’antico rituale dei cavalieri di Rosacroce, sarà la tinta dominante.
Insomma, una vita vissuta nell’ossessione del colore che, secondo lui, sa mettere d'accordo cielo e terra, materia e spirito: il blu Klein.
Un colore che affascina ed emoziona.
E mi piacerebbe immaginare che un po’ di questa passione sia nata nella sua infanzia a Nizza, nella luce calda del Mediterraneo, quando per la prima volta si è scoperto pittore, firmando con le dita, per gioco, come fanno i bambini, un pezzo azzurro e splendente di cielo.
Al Palazzo Ducale di Genova è in corso una mostra sul rapporto tra Klein, il judo e il teatro: QUI è il link.
Per quanto riguarda il blu, una lettura indispensabile è il libro di Michel Pastoureau, Blu, storia di un colore, ed.Ponte alle Grazie 2002.
QUI è il link al blog, Deladelmur: gli ultimi post sono dedicati alla storia e alla composizione chimica dei colori dei pittori.
Approfitto di un momento di tregua per tuffarmi per primo nel blu di Klein e per chiederti due informazioni. la prima se hai trovato qualcosa a proposito di un episodio che coinvolge Klein e il film"Mondo cane" di Jacopetti e poi se sai nulla di un reliquiario che avrebbe fatto per santa Rita.Vorrei saperne di più perché è un pittore che mi prende molto e già nel tuo post ho trovato ampia materia di riflessioni. Ciao
RispondiEliminaMarco
Ti rispondo per prima cosa sul reliquiario. In realtà non è un reliquiario, ma un ex voto formato da una scatola di plexiglas con i colori blu, oro e rosa che Klein donò al monastero di Santa Rita da Cascia con un cartiglio in cui diceva di dedicare alla Santa la sua attività di pittore; Ecco un link:
Eliminahttp://lettovisto.myblog.it/archive/2012/05/22/yves-klein-in-volo-con-santa-rita.html
Invece la storia con Jacopetti è molto più complessa. Secondo i giornali francesi i due avrevvero girato insieme un documentario sulle Antropométries di Klein che poi Jacopetti avrebbe distorto in senso sensazionalistico e inserito nel suo film "Mondo Cane" presentato a Cannes nel 1962. Secondo molti documenti questo sarebbe stato la causa del primo attacco di cuore di Klein ( che di cuore morì dopo qualche mese. Ecco, invece, qui un link a un'intervista con la replica di Jacopetti:
http://www.rollingstonemagazine.it/magazine/articoli/gualtiero-jacopetti-mondo-cane/24483
A presto
su youtube ci sono i video con le performances di Yves Klein, una anche a colori se non ricordo male. Quando avevo 12-13 anni la notizia di queste performances mi avevano colpito molto, non solo per il blu ma per i motivi che si possono facilmente immaginare.
RispondiEliminaDa adulto, metto sempre insieme Klein, John Cage, Lucio Fontana, anche Duchamp e Piero Manzoni, per la voglia di stupire e di far riflettere. Dubito però che siano stati capiti, se non dai pochi che si sono davvero fermati a pensare.
Un altro nome, più discreto e sorridente: Bruno Munari.
(grazie per il link, non so se me lo merito...)
:-)
Pensa, Giuliano, che fu proprio Lucio Fontana ad acquistare una delle due tele vendute da Klein nell'esposizione alla Galleria Apollinaire di Milano. Lui e Pietro Manzoni divennero poi tutt'e due amici di Klein.
EliminaIl link lo meriti, eccome! :-)
Ti confesso che se tu non lo avessi spiegato avrei reagito come i visitatori criticoni alla mostra di Milano...
RispondiEliminaSara
Grazie, Sara, in effetti Klein è uno di quei pittori che lasciano perplessi. Ma dopo un po' i suoi dipinti incantano, credimi...
EliminaMi affascina l'idea che le linee e le forme, in un quadro, possano essere considerate limitazioni alla libertà di chi dipinge e di chi guarda. In un certo senso è vero, verissimo.
RispondiElimina(Una nota personale e fatua fatta alla Grazia "consulente d'immagine": con la maturità il blu è diventato il mio colore, spodestando il nero che per circa 25 anni ha regnato inconstrastato nella mia vita. Che ne dici?)
Abbracci
Risposta fatua dalla"consulente di imagine": finalmente!
EliminaSono sicura che il blu ti sta benissimo. Un abbraccio
Klein proprio non lo conoscevo, riconosco invece la mia profonda ignoranza... e grazie al tuo blog sto acquisendo qualche conoscenza in più.
RispondiEliminaKlein dev'essere stato un personaggio particolare, del quale in questo momento mi affascina di più la psicologia che la sua produzione artistica... Una vita così breve e così intensa deve avere per forza un significato più profondo...
Interessante Grazia, come sempre!
Cinzia
In effetti, Cinzia, la vita di Klein fu intensissima e completamente intrecciata con la sua attività artistica. È stato un grande artista e, soprattutto, un grande ideatore e comunicatore.
EliminaChe post interessante ! Mi viene un ricordo : un viaggio a Parigi e un giovane , davanti al Beaubourg , che mi chiede se sono italiana . Sì, sono italiana , da che si vede ? Dal blu, le italiane amano vestirsi di blu.
RispondiEliminaIl signore al Beaubourg aveva ragione: anch'io mi vesto spesso di blu e trovo che sia un colore bellisimo.
EliminaSembra un'idea fissa, un ossessione. Il blu è il colore dell'intelligenza, quando è troppo scuro rasenta l'indifferenza, quando è troppo chiaro sfiora la stupidità. Capisco quindi quanto si sia arrovellato per trovare la tonalità giusta!
RispondiElimina:)
Sì,davvero, si è arrovellato tantissimo, lavorando anche con l'aiuto di un chimico fabbricante di colori, per trovare il "suo"blu. Ma alla fine ce l'ha fatta!
EliminaNon credevo mai di interessarmi a un pittore che fa solo dei quadri blu, ma grazie a te e al tuo modo di raccontare ho conosciuto anche Klein e mi è pure piaciuto...
RispondiEliminaSaluti
Anna
Grazie, Anna. Sono sicura che valga la pena conoscere un pittore come Klein!
EliminaInteressantissimo, come sempre. Sarà che anch'io adoro il blu, ma forse proprio il blu di Klein ... :)
RispondiEliminaComunque, Duck ha scritto qualcosa che ha colpito anche me. Questa frase:
"Sono giunto al monocromo- scrive- perché davanti a un quadro, non importa se figurativo o non figurativo, avevo la sensazione che le linee... il contorno, la forma, la prospettiva, non componessero altro che le sbarre della finestra di una prigione".
Non l'avevo mai pensato, ma ...
Ciao Grazia,
Lara
Vedo che tu e @Duck siete rimaste colpite dalla stessa frase. In effetti è un pensiero che fa riflettere l'idea che la "rappresentazione" in qualche modo sia una gabbia, una prigione; È un pensiero che accomuna anche molti pittori della corrente dell'"Astrattismo lirico". Non lo so, è difficile collocarsi tra questi due estremi. Credo che in parte ci sia riuscito uno dei miei pittori preferiti, Nicolas de Staêl che diceva di porsi "mai troppo vicino e mai troppo lontano dal soggetto"
Eliminaper cinque anni ho fatto di tutto per avere i capelli blu, da sempre mio colere preferito. Dopo infiniti tentativi per mantenere la tinta blu, dallo scorso anno ho capito che il blu può stare dentro la testa ma sopra no, nemmeno se io avessi deciso di passare la vita a rifarmi tinture. Il blu è una visione, una fede, una follia! da dipendenza, di sicuro!
RispondiEliminacon la solita grata e sincera stima.
Rita
"il blu può stare dentro la testa ma sopra no": mi piace quello che hai detto. Il blu è una fede e una follia : Klein aveva ragione
EliminaGrazie, Rita, e a presto
Che dire? Chapeau! La ricerca ossessionata della perfezione anche solo nella tonalità di un colore è qualcosa di affascinante. Se poi si tratta di quella del mio colore preferito, l'apprezzo ancora di più.
RispondiEliminaBye&besos blu blu blu
Sì la ricerca della perfezione è un percorso affascinate che Klein deve anche alla sua passione per le filosofie orientali. Il blu che ha creato, in qualche modo, è perfetto.
RispondiEliminaBisou blu blu
Oh, sì, Nizza e la Riviera sino a noi possono fare, anzi, hanno già compiuto grandi magie!
RispondiEliminaÈ vero, Adriano e tu che li conosci così bene lo sai: sono luoghi capaci di qualsiasi incanto!
RispondiEliminaGrazie. Ho apprezzato tantissimo questo tuo post. La ricerca della libertà espressiva va di pari passo con la ricerca della purezza, forse. E' un autore che mi appassiona.
RispondiEliminaPiù cerco di vedere mostre, opere di pittori antichi e moderni, e più mi accorco che la storia dell'arte è infinita e temo di non appartenere a quella fortunata schiera di persone che ne hanno una visione globale.
RispondiEliminaGrazie al tuo blog colmo delle lacune e conosco un po' di più di questo mondo infinito e , a volte, indefinito.
Il blu è il mio colore preferito, e sono lieto di aggiungere alle mie conoscenze "questo" blu.
Ma che splendida miniera, il tuo blog. Sono contenta di averlo scoperto!
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