Si potrebbe cominciare come in una favola.
"C'era una volta a Bruxelles un palazzo incantato, fatto
d'oro, di marmo e di pietre preziose. Tutti lo conoscevano, ma
nessuno poteva entrare...."
Eppure, non siamo in un favola e il palazzo incantato esiste davvero: è Palais
Stoclet.
Siamo agli inizi del Novecento, quando Adolphe Stoclet, un grande finanziere che ha accumulato un'enorme fortuna, sposa una seducente parigina, Suzanne Stevens. Decide, allora, di costruirsi un'abitazione, anzi un vero e proprio palazzo, in un ampio terreno
che ha comprato appena fuori del centro di Bruxelles.
È un grande collezionista e ha bisogno non solo di una casa di rappresentanza, in cui ricevere (e stupire) gli ospiti, ma di uno scrigno per esporre nel modo migliore le sue raccolte.
Di sicuro, sa
quel che vuole; ha la giusta
combinazione di un gusto sicuro e di mezzi illimitati degna di un committente perfetto, quando incontra a Vienna
l'architetto Josef Hoffmann, uno dei capi riconosciuti del movimento della
"Secessione" e lo incarica del
progetto.
Hoffmann accetta subito: sa bene che potrà contare su un
budget illimitato e non dovrà badare a spese. È convinto che sia finalmente l'occasione giusta per
realizzare, con suoi collaboratori, gli artisti e gli artigiani della
"Wiener Werkstãtte", il sogno di un'"opera d'arte totale",
un esempio perfetto di integrazione delle arti.
Per questo, non ha intenzione di lasciare niente al caso. Pur di creare "un luogo
incantato, un angolo di mondo, dove sentirsi migliori", è disponibile a lavorare accanitamente e a progettare tutto, ma proprio tutto, dalla pianta dell'edificio, ai pavimenti, alle finestre, alle lampade,
fino alle stoviglie o alle maniglie delle porte.
I lavori iniziano nel 1905 e terminano nel 1912. Alla fine, per gli abitanti di Bruxelles, quel palazzo sarà una vera sorpresa: una sorta di meteorite, un elemento alieno, un pezzo di Vienna trapiantato magicamente nella capitale del Belgio.
All'esterno, si presenta come un edificio austero, dalle severe linee geometriche, bianco e squadrato, con le facciate
decorate da lastre di marmo profilate di bronzo dorato e con una
torre sormontata da sculture ai quattro angoli.
La facciata si apre, dalla parte del giardino, con due ali simmetriche, su uno spazio verde di pergolati e aiuole rettangolari circondate da siepi di bosso accuratamente potate.
Una vera rivoluzione per una città, dove, all'epoca,
trionfano ovunque le linee curve e sinuose dell'art nouveau. La facciata si apre, dalla parte del giardino, con due ali simmetriche, su uno spazio verde di pergolati e aiuole rettangolari circondate da siepi di bosso accuratamente potate.
"Raggelante e cimiteriale":- sussurrano i detrattori, abituati alla raffinata leggerezza dell'arte della "Belle-Epoque". Ma, intanto, muoiono dalla curiosità di vedere quel che c'è dentro.
L'atrio in una foto d'epoca |
Varcare quella porta, però, non è da tutti: soltanto a pochi è concesso di entrare. Per sapere cosa ci sia in quel misterioso edificio non resta che affidarsi ai racconti degli invitati a quelle serate mondane, di cui tanto si favoleggia.
Qualcuno descrive un lungo vestibolo e un atrio monumentale
tutto di marmo bianco, ornato al centro da una
fontana, alto come l'abside di una chiesa e illuminato da vetrate.
Qualcun altro ricorda di aver visto Suzanne Stoclet "scendere la grande scalinata, abbigliata con un vestito di lamé dorato al
fianco di Adolphe, diritto ed elegante, con la sua barba simmetrica da
Asurbanipal, in un decoro di marmi e pietre preziose, circondati dalle sculture di divinità buddiste e di re egizi della loro collezione".
E non è finita qui.
Si parla anche di interminabili corridoi, di salotti, di sale da musica, di tante stanze, una più straordinaria dell'altra.
La sala da pranzo in una foto d'epoca |
Ma la vera meraviglia, il cuore stesso della casa, è
la grande sala da pranzo.
Un pavimento in marmo a decorazioni geometriche, un tavolo per ventidue persone
e una lunga credenza di ebano lucido, su cui, nelle serate di gala, sono posati candelieri d'argento e
zuppiere di malachite.
Alle pareti, con inserti di cuoio nero intarsiati d'oro e di palissandro, spiccano i tre grandi pannelli a
mosaico creati, niente di meno, che da Gustav Klimt.
"Si respira la stessa atmosfera di una delle basiliche di Ravenna": dice uno degli ospiti. E non ha torto.
"Si respira la stessa atmosfera di una delle basiliche di Ravenna": dice uno degli ospiti. E non ha torto.
Klimt, appena rientrato da un viaggio a Ravenna, è rimasto folgorato dall'oro e
dalla ricchezza dei mosaici bizantini. E intende ricrearli con materiali ancora
più preziosi: oro, argento, pietre dure, smalti, madreperle....
Un lusso mai visto, dove il solo costo del materiale, centomila corone, equivale- come qualcuno calcola puntigliosamente- al reddito annuo di una cinquantina di operai. Ma non è il prezzo quello che conta: è che qui Klimt si sente libero da ogni vincolo ed è sicuro di creare un capolavoro.
Ha disegnato i grandi cartoni (ora esposti al Museo del Belvedere di Vienna) e, per più di un anno, è pronto a seguire da vicino tutte le fasi del montaggio.
Ed ecco il risultato:
Ha disegnato i grandi cartoni (ora esposti al Museo del Belvedere di Vienna) e, per più di un anno, è pronto a seguire da vicino tutte le fasi del montaggio.
Ed ecco il risultato:
L'"Albero della Vita", con le sue volute dorate, riempie, da una parte e dall'altra della sala, tutta la
superficie del muro. Tra i suoi rami sono inserite le figure dell' "Attesa", con una donna dal profilo egizio, e dell"Abbraccio", con un uomo che avvolge, col suo sontuoso mantello, una delicata figura femminile. Un roseto di smalto e alcuni uccelli rapaci, i
falchi di Horus, si posano sui rami dell'albero, dove i fiori hanno forma di
occhi.
Nella parete corta, domina la figura astratta di un "Cavaliere", dall'elmo bianco e il mantello multicolore.
Nella parete corta, domina la figura astratta di un "Cavaliere", dall'elmo bianco e il mantello multicolore.
Simbolismo e decorazione, elementi bizantini ed egizi, influenze dell'arte giapponese, tutto si mescola in un'opera perfetta che- come voleva Hoffmann- diventa, insieme, arte e straordinario elemento di arredo.
C'è chi racconta che, alla luce dei lampadari in cristallo e
a quella tremolante delle candele, il fregio di Klimt sembra prendere vita, le
tessere d'oro e d'argento, le ceramiche, le madreperle scintillano "mentre
il padrone di casa siede a capotavola e -va da sé- i fiori sulla tavola
e la sua cravatta sono assortiti con
l'abito della moglie".
Un luogo di sogno di un'eleganza raggelata, fatto apposta per ricevimenti e conversazioni raffinate. Tanto che nel libro degli ospiti, disegnato anch'esso- e c'era da dubitarne?- da Hoffmann, si possono leggere firme di artisti come Jean Cocteau, Anatole France, Sacha Guitry o Diaghilev.
Mentre nella sala da musica risuona l'eco delle note dei concerti eseguiti da musicisti del calibro di Darius Milhaud o di Igor Stravinsky.
I tanti racconti, i ricordi, le vecchie fotografie in bianco e nero e perfino le citazioni nei manuali di architettura e di storia dell'arte sembrano fatti apposta per alimentare la leggenda del palazzo incantato.
Perfetto come scenografia di una fiaba crudele, con la sua aria di torre d'avorio inaccessibile, di un algido rifugio lontano dalla realtà.
E, come in una favola, per quasi un secolo, tutto è rimasto intatto, fino all'ultimo soprammobile, come se il tempo si fosse fermato.
A partire dal 2002, dopo la morte della figlia dei primi proprietari, che lo aveva conservato con una cura quasi maniacale, le cronache dei giornali hanno registrato le battaglie giudiziarie degli eredi, l'iscrizione al patrimonio dell'Unesco e, infine, la decisione di un vincolo totale, con l'inventariazione di migliaia e migliaia di oggetti ormai inalienabili.
Anche se resta proprietà privata, tutto rimarrà com'è.
Ma, intanto, le porte del Palais Stoclet continuano a essere chiuse e nessuna comitiva di turisti è giunta ancora a spezzare l'incantesimo.
Nel 2012 la casa editrice Taschen ha avuto il permesso di condurre una campagna fotografica sul fregio di Klimt . Le foto sono state pubblicate in "Gustav Klimt. Tout l'oeuvre peint", sous la direction de Tobias Natter, Taschen 2012.
Noo, ma è un delitto che non sia visitabile! Me lo stavo già segnando nell'elenco delle cose da vedere a Bruxelles... ovviamente il signor Stoclet sarebbe stato contento così.
RispondiEliminaSilvia, non è detta l'ultima parola. Si parla ora di una Fondazione... chissà:.Ad ogni modo a Bruxelles ti aspetto!
EliminaEcco dove sono quei Klimt che vediamo riprodotti dappertutto! Peccato che le case perdano vita dopo la morte dei proprietari, se non sono più abitate. Come sempre una storia ammaliante.
RispondiEliminaL'"Albero della vita" di Klimt è proprio in questo straordinario palazzo, anche se molte delle foto che circolano sono tratte dai cartoni conservati al Museo del Belvedere di Vienna. Fino alla morte della figlia dei primi proprietari il palazzo, anche se chiuso al pubblico, manteneva la sua vita. Ora non si sa più cosa sia e quale sarà il suo destino.
EliminaHo sempre sognato di poterci entrare... chissà che prima o poi diventi un sogno attuabile!
RispondiEliminaGrazie come sempre del tuo suggestivo racconto.
Magari, Luisa, ora c'è forse solo da aspettare.
EliminaAd ogni modo Bruxelles è piena di altre meraviglie...
E se un motivo di fascino di questo palazzo fosse proprio nell'inaccessibilità?
RispondiEliminaCiao
Marco
E' vero, Marco, che l'inaccessibilità aumenta il suo fascino e lo colloca non solo nella storia nell'arte, ma, almeno un po', nella leggenda!
Eliminami sarebbe piaciuto almeno vederlo dall'esterno ma non ce n'è stato il tempo mannaggia.
RispondiEliminaLa prossima volta devi dedicare più giorni a questa meravigliosa città... e non solo per il Palais Stoclet!
EliminaI pannelli di Klimt già magici da sè, alla luce delle candele (come scrivi nel post) devono essere una cosa meravigliosa! Da un certo punto di vista l'inaccessibilità del luogo è un peccato. Ma, come scrive Marco nel suo commento, forse è proprio per quello che affascina!
RispondiEliminaCome al solito ho imparato qualcosa di nuovo: non sapevo ellesistenza di questo austero edificio, e tantomeno che al suo interno vi fossero queste splendide opere!
Ciao
In effetti, Jampy, il fatto che non sia aperto al pubblico ha tolto Palais Stoclet anche dal circuito della conoscenza. Una visita turistica, quando sarà visibile al pubblico, sarà, senza dubbio, straordinaria, ma ormai il palazzo sarà diventato non più un'abitazione viva ma un museo.
Eliminame lo ricordo! me lo ricordo!!! (solo vista dell'esterno però)
RispondiEliminaAnche se virtualmente, ora ne so di più (e i ricordi con il tempo si mescolano, si confondono, tra entanni potrò pensare di averlo visto dentro e fuori)
bacetti :)
Chissà che in un futuro non ci ricordiamo di avere partecipato anche a una di quelle serate mondane, in cui il palazzo di marmo era illuminato solo dalla luce delle candele.
EliminaTanto sognare non costa nulla! Un abbraccio forte forte
Hmmmm.... che dire di questa opera? Mi lascia un po' perplessa. Dal punto di vista prettamente estetico. Un mix che non mi affascina. Da fuori e nel suo insieme mi ricorda un carcere.... All'interno I mosaici di Klimt (che mi piace moltissimo) sono a dir poco spettacolari (anche se preferisco quelli di Ravenna, ma non è il caso di fare confronti). Uno sfarzo che mi ricorda le dimore dei ricchi sceicchi arabi dei nostri tempi.
RispondiEliminaPoi, dal punto di vista umano e psicologico, tutto ha un senso e questa "cattedrale" assume significati completamente diversi. Anche la sua chiusura....
Ma ciò che più conta per me, è anche ancora una volta il tuo post è un importante fonte di apprendimento. Come ti ho già detto, considero le letture qui da te delle vere lezioni di storia dell'arte, lezioni estremamente interessanti perché si basano innanzitutto sulle storie delle persone che portano alla nascita di opera d'arte. E questo mi affascina a dir poco. GRAZIE!
Buona domenica Grazia!
Meraviglioso, ma raggelante, il Palais Stoclet. Soprattutto ora che è rimasto intatto, ma disabitato, come nella favola della "principessa del ghiaccio" che leggevo da bambina.
EliminaTi ringrazio tanto per le tue parole, sono quelle che mi incoraggiano a continuare a scrivere nel blog!
Buona domenica anche a te
bellissima la tua lettura: la sensazione è proprio quella della cristallizzazione del tempo, come nella favola di Rosalina:)
RispondiEliminaProprio così, Giacinta, la sensazione più forte è che sia un palazzo da fiaba, rimasto intatto, come fosse un sogno cristallizzato!
EliminaHo sempre pensato che klimt fosse un grande decoratore
RispondiEliminaessere artisti è altro
Graziee scusa le assenze, le sento come colpa ma non riesco a essere sempre attivo.
Ciao.
Non so se Klimt sia un grande decoratore o un artista. A volte è difficile definire cosa sia arte e forse non aveva torto Hoffmann nel pensare a un'opera totale,senza tante divisioni tra arte e decorazione.
EliminaTi scuso per le assenze perché ogni volta che vieni a fare un commento è una sorpresa e un regalo!
Prima di dipingere il mio ultimo quadro sono capitato qui...ed ecco la tua meravigliosa ricerca...davvero illuminante...Grazie !
RispondiEliminaMi permetto solo di rettificare un dato: l'ultima persona della famiglia ad aver abitato la dimora e mancata nel 2002, non era una figlia bensì una nuora, baronessa Anne Geers Stoclet, moglie di Jacques Stoclet, figlio di Adolphe e Suzanne Stevens.
RispondiEliminaqualcuno sa di che materiale è la struttura? non riesco a trovare niente
RispondiElimina