Nella luce dorata di
una giornata di sole, in un'alcova protetta da tende di seta rossa, una
sensuale Venere seminuda, adorna solo di una collana di perle e di
preziosi bracciali d'oro, sta per cedere all'abbraccio di Marte, quando su un
scala, che si apre verso l'esterno, si
affaccia lo sconcertante muso di un cavallo grigio, condotto per le briglie da uno
scherzoso amorino.
Cosa ci farà mai questo rappresentate della razza equina, arrivato così inopinatamente, in questa piccola tela di Paolo Veronese (1528-1588)
ora alla Galleria Sabauda di Torino?
La risposta non è facile: del dipinto sappiamo poco o nulla.
Ignoriamo, per esempio, chi ne fosse il committente, anche se il piccolo formato (cm 48x48) fa pensare che potesse essere destinato a un amatore desideroso di ammirarlo molto privatamente.
Una destinazione che certo non è contraddetta dalla prima citazione documentaria, nel 1624, nell'inventario
della raccolta del cardinale ferrarese Carlo Emanuele Pio di Savoia. I cardinali dell'epoca- si
sa bene- non disdegnavano di ospitare, nel segreto dei loro
appartamenti, qualche dipinto di sottile
erotismo.
Quanto al soggetto, però, la descrizione non ci aiuta, limitandosi a registrarlo come: "Venere e Marte del Veronese, con
Cupido che tiene un cavallo per la briglia".
Siamo intorno alla metà
degli anni '70 del Cinquecento e Paolo Veronese non è mai stato
tanto occupato: dalla sua bottega veneziana escono innumerevoli dipinti, commissionati per le chiese, per le dimore degli aristocratici e
anche per la sede del governo della città.
Affreschi, ritratti, quadri sacri o profani, a cui si accompagna una produzione, più rara, di dipinti di piccolo formato, come questo, dove la mitologia si può prestare ad allusioni erotiche più esplicite. Ma dove lo stile sereno di Veronese, con i suoi colori caldi e vivaci, la sua luce dorata e le sue ariose ambientazioni, toglie ogni sia pur minima traccia di volgarità.
Affreschi, ritratti, quadri sacri o profani, a cui si accompagna una produzione, più rara, di dipinti di piccolo formato, come questo, dove la mitologia si può prestare ad allusioni erotiche più esplicite. Ma dove lo stile sereno di Veronese, con i suoi colori caldi e vivaci, la sua luce dorata e le sue ariose ambientazioni, toglie ogni sia pur minima traccia di volgarità.
I soggetti con gli amori degli Dei sono tratti, per lo più, da testi del tempo o dalla poesia di Ovidio. Storie note, che è possibile consultare, ma che non servono a svelare il mistero della presenza
del cavallo. In effetti, nei racconti più conosciuti degli amori di Marte e Venere non si trova alcuna
traccia del nobile destriero.
Semmai, nella mitologia, a sorprendere i due fedifraghi e a interrompere i loro giochi d'amore, è il marito legittimo, Vulcano.
Consorte della dea dai costumi non proprio specchiati, approfitterà della sua abilità di fabbro per vendicarsi, avvolgendo i due amanti in una rete di catene tanto solide quanto invisibili.
Semmai, nella mitologia, a sorprendere i due fedifraghi e a interrompere i loro giochi d'amore, è il marito legittimo, Vulcano.
Consorte della dea dai costumi non proprio specchiati, approfitterà della sua abilità di fabbro per vendicarsi, avvolgendo i due amanti in una rete di catene tanto solide quanto invisibili.
Ma qui
Vulcano è lontano e- si suppone- ancora ignaro del tradimento.
Invece, a trascinare il
cavallo nella stanza, interrompendo il colloquio amoroso, è niente di
meno che Cupido.
E chissà cosa abbia in testa quel piccolo provocatore: forse vuole richiamare Marte alle sue bellicose occupazioni e ricordargli le sue qualità militari sviate dall'amore. A meno che non voglia alludere, con la presenza dello stallone, ad altre più nascoste doti del dio della guerra.
E chissà cosa abbia in testa quel piccolo provocatore: forse vuole richiamare Marte alle sue bellicose occupazioni e ricordargli le sue qualità militari sviate dall'amore. A meno che non voglia alludere, con la presenza dello stallone, ad altre più nascoste doti del dio della guerra.
Certo è che nel dipinto si respira un'aria di grande allegria, tutta giocata sui toni lievi dell'ironia. E accentuata dalla tavolozza raffinata dei colori, dall'azzurro chiaro del cielo, al candore della pelle eburnea di Venere, al tono più ambrato di Marte, al blu marezzato del drappo che copre la dea.
Paolo Veronese aveva rivendicato, l'8 luglio del 1573- accusato di fronte al Tribunale dell'Inquisizione di aver aggiunto elementi incongrui in un quadro sacro- citando una frase del poeta latino Orazio, la sua libertà di prendersi "la stessa licenza dei poeti e dei matti" (del dialogo tra Veronese e l'inquisitore ho parlato qui).
Figuriamoci, allora se non usa quella stessa licenza in un quadro profano! Forse vuol giocare con allusioni piccanti, forse vuole solo riempire un vuoto della composizione. Poco importa.
Veronese sa, da grande artista qual è, che si può permettere di lasciare spazio al divertimento e di concedere alla sua fantasia sbrigliata i soli limiti che la capacità del suo pennello gli può dare.
Veronese sa, da grande artista qual è, che si può permettere di lasciare spazio al divertimento e di concedere alla sua fantasia sbrigliata i soli limiti che la capacità del suo pennello gli può dare.
E, allora, chissà che quella testa irreale di cavallo, che si affaccia così prepotentemente sulla scena e che solo la sua pittura ha saputo ricreare, non sia semplicemente il simbolo della sua voglia di libertà.
Evidentemente "Marte e Venere" è un soggetto che si presta ai giochi e alle allusioni: dello scherzo nascosto nel dipinto di Botticelli, abilmente svelato da un'amica nei commenti al post, ho parlato qui.
Storia deliziosa raccontata col solito brio e che mi fa apprezzare lo stile e la classe di Paolo Veronese!
RispondiEliminaCiao
Marco
Paolo Veronese è un artista talmente aperto sereno e luminoso che è un piacere raccontarlo!
Eliminaalla Sabauda? ma che meraviglia, me la vado a vedere subitissssssimo!
RispondiEliminaVai di corsa: la Sabauda vale sempre la pena!
EliminaGrazie!! Non mi ero nemmeno accorta che fosse a Torino!
RispondiEliminaSara
In effetti è arrivato a Torino dopo una lunga vicenda. in questa scheda trovi riassunta la storia complessa del dipinto: http://www.culturaitalia.it/opencms/opencms/system/modules/com.culturaitalia_stage.liberologico/templates/museid/viewItem.jsp?language=it&id=oai%3Aculturaitalia.it%3Amuseiditalia-work_27998
EliminaCuriosa e bizzarra la presenza del cavallo. Forse come dici tu o allude alle "doti" di Marte o altro... Mah! Un mistero coinvolgente come gli altri di cui hai già parlato!!!
RispondiEliminaSono proprio questi piccoli (e grandi) enigmi che mi piace trovare e raccontare!
EliminaAttendeva pazientemente, quel cavallo, che Marte tornasse alle occupazioni militari. Un cavallo però indiscreto, una caratteristica poco nota tra gli equini, molto diffusa fra gli umani.
RispondiEliminaUn cavallo paziente, allora, se aspettava che Marte rinunciasse all'amore per la guerra!
EliminaMolto carino questo tuo post. È la prova che si può parlare d'arte anche con garbo, con divertimento e con ironia!
RispondiEliminaAnche i capolavori- spero- si possono raccontare senza dimenticare la leggerezza...
EliminaIl cardinale non era uno che aspettava di ricevere le signore nei suoi appartamenti,
RispondiEliminaera uno che solitamente si recava a far vista alle proprie fedeli
e più volte è successo che abbia dovuto tornare precipitosamente a casa sua.
Da qui l'ironia del Veronese che fa portare il cavallo sulla soglia da Cupido
per dire a Carlo (poco )Pio di Savoia che è meglio che si sbrighi a prendere il largo.
Puo essere?
se può essere allora la prendiamo per buona
diversamente vuol dire che ho una bella fantasia.
ciao
bella Nuccio, non so se sia vera ma è proprio bella! bisognerebbe farla sapere a Papa Francesco...
EliminaIl povero Veronese era già bell'e morto, quando il dipinto capitò nella collezione del cardinale (poco) Pio. Però la tua storia- come spesso succede- è molto più bella della realtà!
EliminaSei stata a vedere la ragazza con l'orecchino di perla a Bologna?
RispondiEliminaIo si e ti dirò che ho apprezzato molto i 4 quadretti di Rembrandt che c'erano
per il resto... ho visto di più e di meglio
poderoso il battage pubblicitario, bravi!
No, non ci sono ancora stata. Devo dirti che l'avevo vista all'Aia nel suo bellissimo museo e non ho avuto cuore a Bologna di fare la fila per rivederla. Suoi Rembrandt concordo con te!
EliminaUno degli aspetti più affascinanti dell'arte è proprio questo riuscire a catturare la nostra curiosità, spingerci ad interpretare, a cogliere i particolari e continuare, così, a costruire la storia dei grandi capolavori. Grazie della pregevolissima descrizione! Cristina
RispondiEliminaGrazie tante a te, Cristina! In effetti i capolavori ci parlano anche attraverso i più minuti dettagli. Vale la pena osservarli e lasciare che ci raccontino le loro storie
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