"C'est un acte de magie noire de transformer la chair de la
femme en ciel" (René Magritte)
Per me che abito a Bruxelles, uno dei migliori modi per rinfrescare la testa (e le idee) nel caldo dell'estate rimane quello di andare al Museo dedicato a René Magritte e sostare davanti a uno dei suoi quadri.
Magari proprio di fronte a questo, intitolato "La magia nera"
In una loggia aperta su un azzurro di cielo e di mare, una donna nuda, con la testa china, sembra assorta in se stessa. Forse sta meditando o forse sognando.
Il soggetto potrebbe essere tutto qui, un "Nudo di donna" come tanti altri, se il pittore non fosse René Magritte.
Ma ecco il suo tocco inconfondibile! Gli basta intingere il pennello nell'azzurro dello sfondo per trasformare parte del corpo della donna nella stessa materia del cielo.
E ora sembra quasi che aspetti le reazioni degli spettatori, come un mago contento del suo incantesimo.
Tanto più che ha dato al dipinto un titolo, "La magia nera", che riassume bene quale sia, secondo lui, il potere della pittura.
"Trasformare la donna in cielo: questo è l'atto di magia":- taglia corto, se deve rispondere a chi gli chiede il significato del quadro.
"La potenza del mistero si manifesta, evocando il mistero degli esseri familiari": afferma.
Per lui, in effetti, non c'è niente di meglio che raffigurare e trasformare gli aspetti più conosciuti del quotidiano per provocare uno spiazzamento, una di quelle che chiama "fratture della realtà".
Ho già parlato più volte dei dipinti di Magritte (qui è il link), di come gli oggetti della vita di tutti i giorni, visti fuori del loro contesto, vi assumano significati inaspettati e di come le persone rappresentate nei suoi ritratti si possano rivelare enigmatiche e ambigue.
Quando, nel 1933, dipinge la "Magia nera", Magritte è già ben cosciente dei suoi mezzi di artista. Rientrato a Bruxelles, dopo un soggiorno a Parigi dove ha aderito con convizione al Surrealismo, si è stabilito, con l'inseparabile moglie Georgette, al pianterreno di una casetta di periferia.
Per vivere disegna manifesti pubblicitari in un atelier che si è costruito in giardino. I suoi quadri, invece, li dipinge a un cavalletto, piazzato vicino alla porta che dà sul cortile.
Per le riunioni con il gruppo dei surrealisti belgi c'è appena un tavolo tra la cucina e il salotto dipinto d'azzurro, dove Georgette suona il piano, mentre dall'attaccapanni dell'ingresso è appesa l'immancabile bombetta (della loro casa e del loro armadio rosso ho parlato qui)
Magritte, all'epoca, ha già cominciato a costruire la sua vita in modo che, dall'esterno, sembri scorrere entro i binari del più piatto conformismo. Completo scuro a doppio petto, capelli dal taglio impeccabile, bombetta e cane al guinzaglio, fanno parte integrante della sua nuova immagine.
Si è convinto che, solo immergendosi fino in fondo entro gli schemi, sarà libero di scardinare, dall'interno, tutte le convenzioni.
"Amour", foto del 1928, Fondation Magritte |
Georgette, come sempre, gli è accanto.
Si sono conosciuti tra le giostre di una fiera di paese e si sono rivisti a Bruxelles. Lì si sono innamorati e, giovanissimi, si si sono sposati (della loro coppia ho parlato qui)
Non hanno avuto figli e, forse per questo, sono ancora più uniti.Lei condivide le sue idee e lo asseconda con ironia, tanto da entrare nella cornice piccolo-borghese, che lui sta costruendo, arricchendola con i suoi improbabili cappellini, i colletti e i guantini di pizzo.
Ma è anche la prima a scatenarsi negli scherzi fotografici organizzati con gli amici.
Soprattutto, è disponibile a fargli da modella e a nascondere e, insieme, a svelare il suo mistero. Chi se non lei potrebbe prestarsi a essere trasfigurata, da un tocco di "magia nera", in una donna metà celeste e metà terrena?
E mentre, nel dipinto, le pareti del loro piccolo appartamento sembrano aprirsi in uno sfondo infinito di mare e di cielo, il fascino di Georgette consente a Magritte di catturarci nella trappola della sua pittura
Per chi voglia riscoprire René e Georgette in quella Bruxelles che tanto gli assomiglia, copio da un post precedente un itinerario da percorrere in città:
La prima tappa è il Musée Magritte (qui) anche se Magritte mi pare vi sia fin troppo “museificato”, con un allestimento troppo “serio” per l’ironia dei suoi dipinti.
Per conoscerlo davvero, è meglio visitare la lora casa di Jette (qui) che ora è aperta al pubblico. Qui si possono ritrovare non solo l'ambiente che ho descritto, ma anche tutti gli elementi che compaiono nei suoi quadri.
Da prevedere, poi, un passaggio (con birra obbligatoria) nei bistrot preferiti: La Fleur en papier doré (qui), dove si trovavano tutti gli amici surrealisti e il Greenwich (qui), ora interamente restaurato, dove, ogni tanto, Magritte giocava a scacchi, fumando l’immancabile pipa.
E' visibile, ma solo dall'esterno, anche l'ultima abitazione, la villetta di rue de Mimosas, dove Magritte, insieme a Georgette, è stato fotografato tante volte nei suoi ultimi anni di vita, quando era diventato ricco e famoso, grazie ai collezionisti americani.
A me e a mio marito piace, ogni tanto, fare anche una visita al cimitero di Etterbeck, dove riposano insieme e dove, a ricordarli, c'è solo una semplicissima lapide con la scritta "René et Georgette Magritte"
A volte cediamo alla tentazione di portare dei fiori, anche se sappiamo che lui- brusco com'era- non li avrebbe graditi e che avrebbe esclamato con il suo inconfondibile accento belga: “Quel gaspillage! Che spreco!”.
A volte cediamo alla tentazione di portare dei fiori, anche se sappiamo che lui- brusco com'era- non li avrebbe graditi e che avrebbe esclamato con il suo inconfondibile accento belga: “Quel gaspillage! Che spreco!”.
Se ci si concentra sulla parte misteriosa di certi quadri ci si può spaventare, può sembrare che solo un grande esperto d'arte possa cercare di entrare in connessione con essi. È bello che tu abbia sottolineato una certa ironia, così ci si sente più liberi di perdersi in quei misteriosi mondi, ognuno a modo suo!
RispondiEliminaHo sempre pensato che il bello dell'arte sia ANCHE comprendere ma SPOPRATTUTTO interpretare, ognuno a proprio modo.
Saluti, buon week end!
Hai ragione: l'importante è sentirsi liberi di interpretare e di lasciarsi andare a quello che un'opera d'arte ci suggerisce.
EliminaSaluti e buon fine settimana anche a te
Oh, com'è carino il sito della casa, fa proprio venire voglia di visitarla :-)
RispondiEliminaSe ti decidessi a venire a Bruxelles, la casa di Magritte sarebbe la prima tappa del giro della città!
EliminaMagari in autunno... accidenti, non posso mai programmare niente (è la vita della freelance)!
EliminaDi cielo e di terra...come ogni donna, tutto sommato:)
RispondiEliminaBacioni
Verissimo, Giacinta, ogni donna è così. Magritte lo ha solo rappresentato: ma non è poco!
RispondiEliminaVisto il Museo (ma non mi ha entusiasmato), vista la Fleur en papier doré, ma mancano molte altre cose e questo post mi fa rimpiangere una mia troppo breve visita a Bruxelles. Allora la valigiatrice aveva una missione famigliare (e pesante) da compiere.
RispondiEliminaQuesto quadro insieme all'altro, Profondità del piacere, sono per me importantissimi. Mi ci sono imbattuta dopo, aver scritto questa poesia "L' Azzurro è il colore del lutto"che posto qui...
RispondiEliminaL’azzurro è il colore del lutto
Mi sono vestita d’azzurro
Due tonalità, una chiarissima
E una cupa
Non saprò mai in quale cultura
l’azzurro è il colore del lutto
Ma resta anche il colore del cielo
Quel cielo chiarissimo che ha
l’alba prima del rosa
quando tutto è prima che accada
in nuce
quando anche i passeri
più mattutini non hanno ancora
emesso una voce.
C’è solo silenzio, e in silenzio
lascio una città, un mare
una darsena di albere
che ho amato più di me stessa
Per aver condiviso - una strana felicità -
con un amante di cui non conoscevo
neanche il volto.
Solo un breve messaggio d’addio
sulla soglia
della casa di nebbia...
della casa di illusioni
dove solo i corpi
e il piacere
avevano consistenza.
Consci lo eravamo, che era
tempo strappato al nulla
Dove andrò, cosa farò
di che cosa scriverò
ancora non so.
Ex Post...
....Almeno, ora posso dirti il mio nome
Mi chiamo Sophia e con te, ho avuto pazienza. Mi nasceva spontanea
Ma di Elena - di cui, a fondo, hai goduto
la nera bellezza, sotto l’ingannevole oro -
vorrei, tu conservassi un bel ricordo
A ben vedere, non siamo...tanto diverse.
Nella mia cultura c'è anche l'interesse verso l'alchimia, la cui via cerco di praticare attraverso la scrittura poetica e anche qui ci sono sorprendenti riferimenti ai due dipinti in questione. come testo di riferimento citerò il saggio di James Hillman "L'azzurro alchemico e la Unio Mentalis" e Goethe "l'azzurro conduce sempre qualcosa di scuro..." Magia nera, appunto. Ecco vorrei venire presto a Bruxelles, magari ci si trova per una birra.
cordialmente
Emanuela Parodi emanuela.par@libero.it