Vigilia di Ferragosto, tutti (o quasi) al mare o in vacanza.
A me, rimasta come sono in città con un sole incerto e una temperatura che- almeno qui a Bruxelles- sa già d'autunno, non resta che trovare un po' di consolazione nel rivestire il blog dei colori dell'allegria.
Magari, pubblicando un quadro di Raoul Dufy (1877-1953) come "La mer a Sainte-Adresse" ora al Musée des Beaux Arts di Nancy:
Il sole al tramonto, in un cielo che trascolora dall'azzurro all'arancio, lascia sull'acqua del mare la sua scia rossa e si offre, quasi fosse un primo attore, all'ammirazione di un gruppo di eleganti signori che passeggiano sulla Promenade. All'orizzonte, una barca e un battello che lancia nell'aria il suo pennacchio di fumo.
Colori accesi, personaggi che diventano sintetiche silhouettes, un blu vivo che invade tutto: la sensazione di vitalità e di allegria che predomina nella tela è tipica della pittura di Raoul Dufy (ne ho parlato anche qui)
Spiagge, regate, corse di cavalli, città in festa, sono i suoi soggetti preferiti.
La "belle vie" di chi non ha preoccupazioni, ma anche quella di chi si sa godere ogni pur piccolo momento di felicità.
La "belle vie" di chi non ha preoccupazioni, ma anche quella di chi si sa godere ogni pur piccolo momento di felicità.
Sorte ingrata quella di quest'artista che fa della gioia di dipingere la sua ragione di vita.
I critici più sussiegosi lo hanno inserito nella categoria dei pittori "troppo leggeri per essere grandi". Come se soltanto chi soffre e si macera fosse capace di fare arte.
Invece, la leggerezza può essere una virtù. Per me, addirittura, una delle più grandi.
Sarà per questo che mi piace tanto. E non sono, di certo, l'unica. Tant'è vero che Dufy è stato capace di suscitare l'ammirazione di una scrittrice di non facile contentatura come Gertrude Stein che, in un articolo su "Liberation" del 1946, identifica la sua arte con il piacere allo stato puro.
Un bell'omaggio a un artista che, ai suoi inizi, ha costeggiato le avanguardie, dai fauves al cubismo, rimanendone influenzato, ma riuscendo a mantenere uno stile proprio e originale.
E che è capace di percorrere tutta la sua esistenza con una levità straordinaria, anche quando, negli ultimi tempi, è fiaccato da una malattia invalidante.
Pittore, illustratore, disegnatore di tessuti, la sua è una produzione sterminata, sempre sotto il segno dell'allegria e della gioia di vivere.
Senza essere mai banale, perché Dufy è uno di quegli artisti che possono essere, allo stesso tempo, semplici e complessi e che sanno dissimulare, dietro una cortina luminosa di colori, tutto lo sforzo e la fatica.
Come qui, dove la sua pittura può sembrare a prima vista perfino superficiale. E, invece, nasconde, nella sua apparente facilità, quella "sofisticazione vertiginosa di chi è in grado di giocare con la gradazione delle tinte, come se fossero note musicali", di cui parla l'amico poeta Guillaume Apollinaire.
Un'immagine, dunque, dove il piacere degli occhi diventa anche quello dell'intelligenza e del cuore.
In fondo, con Dufy, concedersi una pausa, può essere anche questo.
Mettere un CD con una vecchia canzone di Charles Trenet (qui o qui), guardare un suo quadro, e, varcando con lui il cancello azzurro della fantasia, abbandonarsi, senza troppi pensieri, alla felicità del momento.
R.Dufy, La grille, 1930 |
Affascinare con qualcosa di complesso è più facile (anche se magari più laborioso) che affascinare con qualcosa di semplice. A parte alcune cose eccezionali, le cose complesse stupiscono più per la bravura che per lo "slancio artistico". Ma lo so, è solo la mia personale percezione, non a tutti emozionano le stesse cose!
RispondiElimina"La mer a Sainte-Adresse" è uno di quei dipinti che mi stupiscono facendomi provare una strana sensazione, a metà tra il ricordo di un sogno e il ricordo di un momento vissuto. Di solito non ne vengo a capo e resto con la curiosità sull'origine del ricordo ma emozionata e incantata a guardare l'immagine.
È la stessa sensazione di un'emozione o di un ricordo che ho anch'io guardando questo quadro di Dufy. E, in ogni caso è un ricordo felice!
EliminaOppure puoi ascoltare questa
RispondiEliminahttps://www.youtube.com/watch?v=h2mk2hjgLwc
Ciao e buon Ferragosto
Marco
Grazie, Marco, era immancabile: vado subito ad aggiungerla al post!
EliminaRifaccio:
RispondiEliminaSì, sì. Anche io penso che la leggerezza sia una virtù :)
Concordo con il tuo parere su Dufy e con quello di Gertrude Stein. Lui era un grande e anche voi due (tu è Gertrude).
RispondiEliminaCara Grazia, Dufy e' uno dei miei pittori preferiti! Mi chiedo spesso perche' non gli dedichino mai delle mostre...
EliminaL'estate scorsa in Francia ho potuto ammirare qualche suo dipinto, ma proiettati su schermi!!!!
Anche il sito a lui dedicato lascia un po' a bocca asciutta...
Evidentemente e' proprio cosi': la leggerezza non paga...
Invece io ritengo che essere leggeri ed eclettici sia proprio delle anime "speciali"...
Approvo (come potrei non farlo?) tutti i pareri positivi sulla leggerezza. E quella cancellata è così... francese!
RispondiEliminaNe "La mer a Sainte-Adresse" mi pare di vedere un mondo
RispondiEliminadi benestanti che passeggia mentre arriva il tramonto
senza accorgersi che in un mare calmissimo
sta passando una raffica di vento
unico elemento di vitalità in un giorno che finisce.
Ne "la grille" dipinge un cancello con belle volute
che ci tiene chiusi chissà dove (e per come è fatto non sarebbe possibile aprire)
mentre fuori la natura rigogliosa, le case, il mare
rappresentano una vitalità che per chi guarda non c'è.
In entrambi la dominante fredda blu sovrasta i toni caldi dei rossi
e mi pare di trovare una tristezza e forse anche una disperazione
nascoste da una apparente freschezza e un segno veloce
che ad una prima impressione possono apparire gioiosi.
Mi viene in mente il clown dopo lo spettacolo
che pensa alle sue tristi preoccupazioni.
E, visto che hai menzionato Trenet mi fai ricordare "Que Reste-t-il de nos Amours?"
in un bel film con Daniel Auteuil di cui non ricordo il titolo.
Mi piace molto quello che dici, mi fa scoprire cose a cui non avevo pensato. Io nei dipinti di Dufy vedo solo la leggerezza e l'allegria.Anche il cancello mi pare piuttosto un invito a entrare nel mondo colorato della fantasia, piuttosto che una barriera. Comunque nella vera arte ognuno trova quello che più gli corrisponde e forse non esiste gioia senza un po' di malinconia. Chissà?
RispondiEliminaProprio vero! non bisogna per forza essere artisti maledetti e travagliati per comunicare grandi emozioni e questo artista che mi hai fatto scoprire ne è la conferma!
RispondiEliminaGrazie come sempre per la conoscenza che sai trasmettere con il tuo blog, anche a dilettanti come me :-)