"Dixe Septembre:
io coglio de li fighi/e l'uva vendemmo/ strengo le botte/e manzo li boni
chaponi/ e bevo del mosto"(Ballata dei Mesi, XIV secolo)
Settembre, nono mese dell'anno, il periodo in cui l'estate (anche quella pazzerella di quest'anno) declina e lascia il posto
all'autunno.
Nessun dio della mitologia e nemmeno nessun imperatore nel suo nome: semplicemente era il settimo mese del calendario romano, che faceva iniziare l'anno da marzo.
Nessun dio della mitologia e nemmeno nessun imperatore nel suo nome: semplicemente era il settimo mese del calendario romano, che faceva iniziare l'anno da marzo.
E da sette, appunto, ha preso il nome.
Nei calendari di pietra dell'inizio del XIII secolo, da cui, quest'anno, "stacco" un foglio ogni primo del mese, settembre è il tempo della vendemmia.
Dopo i lavori legati
alla mietitura e alla trebbiatura del grano, la vendemmia, era il momento più atteso dell'anno e l'occasione di una festa per l'intera comunità: il vino era importante per tutti.
Non solo per la liturgia, dove, nel rito dell'Eucarestia, acquistava, insieme al pane, una valenza sacra, ma anche nel quotidiano, dove era consumato ogni giorno- e non solo dai ricchi- tanto da essere spesso considerato parte integrante del salario e da costituire un'utile e pregiata merce di scambio.
Non solo per la liturgia, dove, nel rito dell'Eucarestia, acquistava, insieme al pane, una valenza sacra, ma anche nel quotidiano, dove era consumato ogni giorno- e non solo dai ricchi- tanto da essere spesso considerato parte integrante del salario e da costituire un'utile e pregiata merce di scambio.
Nella formella
dedicata a settembre del Ciclo della Cattedrale di Ferrara (ora conservata al Museo
della Cattedrale), gran parte della scena è occupata da una grande vite, con i suoi pampini e i suoi tralci, da cui pendono grappoli così pieni
e maturi da far immaginare una raccolta più che abbondante:
Il contadino, a piedi
nudi, è abbigliato con una corta tunica che, per comodità, ha annodato su un fianco. Per non impigliare i capelli nei tralci della vite si
è messo in testa una di quelle cuffiette col sottogola, che all'epoca erano comunissime.
Con
grande concentrazione, sta cogliendo i pesanti grappoli per depositarli nell'ampio cesto
di vimini, già colmo, ai suoi piedi.
I particolari della
formella sono di uno straordinario realismo, tanto che gli esperti di pratiche
agricole hanno potuto notare che la vite è sostenuta da un palo, la cui
preparazione era, probabilmente, raffigurata nel mese di
febbraio (qui è il link): sarebbe questa una testimonianza di un sistema di coltivazione in filari ravvicinati, diverso da quello
"ad arboretum", con le viti in coltura promiscua, praticato in età
romana.
Altri dettagli, invece, come la perizia con cui sono sfruttate la luce e l'ombra, la cuffia così aderente alla testa da far trasparire l'orecchio, le vene che si intravedono nella mano destra o l'intreccio del
canestro di vimini parlano della straordinaria abilità
dell'ignoto scultore.
Uno di quei maestri itineranti che, nella prima metà del Duecento, passano da un grande cantiere all'altro e che portano in Italia le novità del naturalismo elaborato nelle sculture delle cattedrali dell'Ile-de-France.
Un artigiano, abituato alla durezza del lavoro e che, probabilmente, ben conosce, per averle viste nelle campagne nel corso dei suoi spostamenti, quelle attività agricole, di cui sa rendere una così viva e tangibile testimonianza.
Un artigiano, abituato alla durezza del lavoro e che, probabilmente, ben conosce, per averle viste nelle campagne nel corso dei suoi spostamenti, quelle attività agricole, di cui sa rendere una così viva e tangibile testimonianza.
E che, soprattutto, sa restituire, nel volto assorto e nobile del contadino, tutta dignità della fatica di tutti i giorni.
Impressionante la forza e la maestria di questo ignoto scultore! E' un peccato che di tutti i magnifici artigiani che hanno lavorato nelle cattedrali di tutta Europa non si sappia nemmeno il nome
RispondiEliminaInfatti, Dede, è che allora uno scultore come il Maestro dei Mesi di Ferrara non veniva considerato di più di uno dei tanti scalpellini che lavoravano nei grandi cantieri. Il lavoro ben fatto era la sua ricompensa: e non era poco!
EliminaBella immagine! Guardare la bellezza mi rende più facile il rientro dalle ferie !!!
RispondiEliminaCiao
Marco
Pensa, Marco, che io invece, sto partendo proprio ora per le ferie. E la bellezza, con le Dolomiti, me la troverò davanti!
EliminaBuone ferie, Grazia! Le Dolomiti sono uno dei posti più belli del mondo!
EliminaDavvero straordinario, questo scultore. Forse è la mia formella preferita, finora :-)
RispondiEliminaDal punto di vista artistico è sicuramente la più bella. Da quello della storia e del costume invece... ma non ti voglio anticipare nulla... vedrai!
EliminaUn'opera che immortala un momento, allora, importantissimo dell'anno, e che mi fa tornare bambino, quando, a vendemmia, ci andavo anch'io.
RispondiEliminaUna scultura esaltante, quasi parlante nella sua perfezione..
RispondiEliminaCome tu stessa dici , molto vale la sapienza di chi l'ha realizzata, avezzo all'osservazione...
Come sempre ottimo blog....e ottimo post..
Sarei tanto felice tu volessi ricambiare la mia iscrizione.
Grazie cara amica e buon w/e!!
http://rockmusicspace.blogspot.it/