"Nei miei dipinti
non si tratta di dipingere la vita, ma di rendere viva la pittura" (Pierre
Bonnard)
Dietro ogni dipinto c’è una storia, a volte evidente, a volte più nascosta. Come qui, nell’”Atelier au
mimosa" di Pierre Bonnard:
In una giornata
di sole, lo splendore di una pianta di mimosa in piena fioritura in un giardino al di là di
una vetrata irrompe in una stanza con la massa radiosa dei fiori che si
contrappone alle linee geometriche del
telaio della finestra.
Su tutto domina il giallo, il colore che Pierre Bonnard (1867-1947) predilige:
dice spesso che "in pittura non lo si usa mai abbastanza".
Un giallo vivo
e luminoso che occuperebbe tutto lo spazio, se non fosse interrotto dai piccoli
colpi di pennello del verde degli alberi, del bianco e del rosso dei tetti delle
case o del blu delle montagne che trascolorano nel cielo in un’ampia apertura
di paesaggio.
All'interno della stanza si intravede la balaustra di una
ringhiera e un piccolo tavolo. La parete di sinistra, colpita in pieno dalla
luce, sembra scomporsi nei toni del rosa, dell'arancio e del verde.
Il dipinto, terminato nel 1946, è uno degli
ultimi dell'artista.
La vetrata, da cui si intravede la mimosa, è quella del
suo atelier, al primo piano della casa che ha comprato, vent'anni prima, a Le
Cannet sulle alture di Cannes e dove ha stabilito da tempo la sua residenza.
Silenzioso
e riservato Bonnard rifugge, da sempre, il lusso e la mondanità.
L'isolamento e
la quiete di Le Cannet sono perfetti per il suo carattere appartato e per
curare i problemi di depressione della moglie, l'amatissima Marthe, sua compagna
di vita fin dalla giovinezza.
Bonnard ama l’intimità: utilizza,
come soggetto dei suoi quadri, ogni angolo della casa, dalla stanza da pranzo, allo studio, al
salotto, al giardino.
E, soprattutto, nelle sue tele, dipinge, quasi
ossessivamente, Marthe, nuda o assorta nelle sue faccende quotidiane.
Come molti artisti è stato conquistato dall'incanto
della luce del Mediterraneo, dove "tutto è più chiaro e la pittura può diventare una pura vibrazione".
Ha l'impressione che
lì può riuscire finalmente a fissare, nei suoi dipinti, l'essenza più profonda
della realtà che lo circonda.
Con l'uso di forme semplificate e di inquadrature
audaci, ma, soprattutto, con quella sua scomposizione dei colori, che Picasso, con una punta di
malignità, definiva "un pot-pourri' di indecisioni”, riesce a raffigurare,
con poesia, gli abbaglianti paesaggi del Sud come i momenti più banali del quotidiano.
Fin dagli esordi nel
movimento pittorico dei Nabis, quello che gli sta a cuore non è dipingere "le
cose come sono, ma come si trasformano dentro di noi”.
Come qui, dove l'esplosione
improvvisa e invadente del giallo, basta, da sola, a evocare le sensazione che
suscita una pianta di mimosa in fiore.
È una tela talmente viva che sembrerebbe
eseguita come un’istantanea, sull'onda dell’emozione.
Non è così. Bonnard non lavora mai, come gli
impressionisti, dipingendo direttamente dal vero. Si basa, invece, sui
tantissimi schizzi, annotati con ogni minima variazione di colore, con cui ha
riempito taccuini, fogli volanti e, perfino, le pagine delle sue agende, tra la
lista della spesa e quella degli appuntamenti.
Le tele le compra a rotoli e le
attacca, tagliate in vari formati, alle pareti del suo studio, dove, su un
piccolo tavolo di bambù, tiene i suoi pennelli e i tubetti di colore. Passa,
poi, da una tela all'altra, riguardando i suoi appunti, e aggiustandole qua e là con
piccoli tocchi. A volte le finisce subito, a volte le lascia lì per mesi o,
addirittura, per anni.
La tela con le mimose è rimasta interrotta a lungo: dai
primi disegni datati al 1939 alla fine, passano ben sette anni.
Nel frattempo, nel
1943, succede uno degli eventi più dolorosi della sua vita: la morte della
moglie. Ne dà notizia all'amico pittore Henri Matisse, parlandogli apertamente,
lui così pudico, della sua disperazione e del suo dolore. Nella sua agenda la
annota disegnando solo una croce e lascia in bianco tutte le altre pagine: per un po'
non dipingerà più.
Poi ricomincia a
lavorare e riprende in mano la tela. Ma ora cambia il soggetto: quello che rappresenta non è più soltanto
il tripudio di colore di una pianta in fiore.
Se si guarda bene, ci si accorge
che nell'angolo sinistro, in basso, nascosto e quasi tagliato dalla cornice, compare un volto di
donna: è il viso di Marthe, così come lo aveva raffigurato tante volte nei suoi
schizzi.
Emerge appena, sullo sfondo arancio della parete, con la stessa
indeterminatezza di un ricordo.
Vita e pittura si mescolano: la bellezza
fragorosa e la fragranza del profumo della
mimosa gli hanno fatto riaffiorare, d'improvviso, alla memoria del cuore tutta la sofferenza che ha provato.
Bonnard le sue sensazioni non la sa raccontare a parole e, allora, le dipinge. E le concentra tutte in quel piccolo volto di donna che
si intravede appena.
Con grande pudore ricrea, nel suo dipinto, l’alternarsi
sottile dei sentimenti tra la tristezza del ricordo e l’emozione per la vita
che continua nella bellezza di una mimosa in fiore.
QUI è il link a un video con una bella lettura del"Atelier au mimosa".
E QUI un link al sito del Musée Bonnard recentemente aperto a Le Cannet.
....non è dipingere le cose come sono, ma come si trasformano dentro di noi..... bella immagine, ma chi può dire come sono davvero le cose? quando le percepiamo le stiamo già trasformando secondo personalissimi parametri che sono soltanto nostri.
RispondiEliminaVerissimo Dede, le cose dentro di noi variano costantemente ,non rimangono mai le stesse. Immagino sia lo stesso anche per gli artisti...
EliminaQuel volto nell'angolo in basso a sinistra ci racconta che l'immagine di quella donna è impressa sia nella casa che sulla tela, ma prima di tutto nella mente del pittore. La memoria di ciò che si è amato diventa parte integrante del proprio pensiero.
RispondiEliminaBellissimo, potentissimo quadro.
Grazie
"la memoria di ciò che si è amato diventa parte integrante del nostro pensiero": è così anche per Bonnard. L'immagine di Marthe resta incisa nel suo cuore e non lo abbandona mai.
EliminaBello il paragone che tu suggerisci, anche senza citarlo tra Bonnard e Proust. Secondo me c'è una grande vicinanza tra il Proust de la Recherche e i pittori Nabi e Bonnard è una delle voci più straordinarie del XX secolo.
RispondiEliminaAuguri per la prossima festività di Pasqua e un affettuoso saluto
Marco
I effetti, Marco, anch'io avevo pensato a Proust e alla sua "madeleine", mentre scrivevo dei ricordi suscitati in Bonnard dal profumo della mimosa. I legami tra Proust e i pittori "nabis", Vuillard prima di tutti, sono molto stretti. Penso di parlarne, forse, in un prossimo post.
EliminaTantissimi auguri anche a te e alla tua famiglia
Se tu non me lo avessi indicato quel volto di Marthe non lo avrei mai notato e avrei perso una bellissima interpretazione di questo quadro che è molto di più che la rappresentazione della mimosa fiorita.
RispondiEliminaUn saluto
Anna
Anch'io, all'inizio, ho durato fatica a vederlo. Solo dopo mi sono resa conto dell'importanza che aveva nell'interpretazione del dipinto. Se guardi il video, di cui ho messo il link lo distinguerai ancora meglio.
EliminaUn saluito e tanti cari auguri
Da quando ti leggo, ogni volta che guardo un quadro cerco di indovinare la storia che c'è dietro...
RispondiEliminaGrazie, Silvia, mi fa paicere aver scatenato la tua curiosità. Anch'io ormai quando guardo un quadro lo leggo (o cerco di leggerlo) come un racconto
EliminaMi ha sempre incuriosito il rinnovato sguardo di un pittore rivolto ad una sua opera a distanza di anni, il recupero di un lavoro non finito, il nuovo sguardo che nasce dopo esperienze diverse.
RispondiEliminaEcco un altro interessante caso che porta con sè tante nuove riflessioni!
In effetti il metodo di lavoro di Bonnard è singolare, soprattutto perchè riesce, comunque, a far sembrare i suoi quadri dipinti "di getto". Se guardi in internet vedrai che ci sono delle bellissime foto di Cartier-Bresson che documentano la sua maniera di dipingere.
EliminaLa delicata vicenda umana di un artista che ho imparato ad apprezzare proprio per le sue opere dedicate a Le Cannet, cittadina a me particolarmente cara. Ribadisco la mia ammirazione per le tue storie e per il tuo stile di scrittura.
RispondiEliminaGrazie, Adriano. Immaginavo che Le Cannet fosse tra i tuoi lughi del cuore. E' vicino alla tua bella regione, che ho comiciato a conoscere meglio proprio attraverso i tuoi post.
EliminaAncora una volta un quadro bellissimo, che non conoscevo, una storia che mi ha emozionato e commossa, di cui ti ringrazio di cuore.
RispondiEliminaA te e a tutti voi che seguite e commentate, tanti auguri per una Pasqua serena, con la speranza che sappiamo tutti riscoprire il senso profondo della vita ed il suo valore.
Grazie tantissime a te, Licia cara, per le tue parole e per il tuo augurio. Di riscoprire il senso e il valore della vita ne abbiamo davvero tanto bisogno!
EliminaBuona e serena Pasqua anche a te e un grande abbraccio
Ho sempre creduto che la pittura dovesse essere la rappresentazuione di una emozione,
RispondiEliminail fermo immagine di un istante che si forma irripetibile nell'anima dell'artista.
Un quadro che dura sette anni sconvolge questa mia idea
eppure quella esplosione che colpisce lo spettatore non può essere che istantanea,
un flash che proietta la propria luce in un momento e poi svanisce
facendo indietreggiare chi ne viene colpito di sorpresa.
Come vorrei essere un tuo allievo!
e invece credo di essere già tuo nonno.
Bonnard ha il potere di mantenere la freschezza delle sue emozioni in tutti i suoi dipinti, anche i più studiati. Ed è capace di farci condividere i suoi sentimenti. Per questo e per la forza dei suoi colori e del suo stile è uno dei miei pittori preferiti.
EliminaSappi che non puoi essere un mio allievo, ma nemmeno mio nonno. Tutt'al più possiamo cercare di insegnare insieme ai più giovani quel poco che sappiamo.
Cattivello Picasso! A me bonnard piace tantissimo proprio per il suo tratto indefinito, leggero, incerto :)
RispondiEliminaMolto nteressanti anche i links: grazie! :)
Picasso, quando voleva, poteva essere perfido e poi non aveva simpatia per la discrezione e la riservatezza di Bonnard. Troppo lontano dal suo carattere estroverso ed esplosivo e anche- diceva lui- dalle sue ricerche stilistiche.
EliminaIl video è davvero ben fatto: spiega molto di Bonnard e della sua maniera di dipingere.
Faccio mio il primo commento, quello di Dede. "...quando le percepiamo le stiamo già trasformando secondo personalissimi parametri che sono soltanto nostri."
RispondiEliminaEcco, io per esempio, desidero tantissimo questo dipinto (anche un copia andrebbe bene :)) Mi infonde gioia, voglia di vivere e invece dietro c'è ben altro.
Ciao cara Grazia, ti lascio i migliori auguri di una Buona Pasqua.
Lara
Anch'io, Lara, vorrei avere questo dipinto in una parete di casa mia: la gioia che infonde nasce anche dalla tristezza e dal dolore. Come sempre nella vita.
EliminaRicambio di tutto cuore gli auguri di una buona e felice Pasqua e di giorni sereni
Ho scoperto ora il tuo blog. Grazie x quello che scrivi, ho moltissimo da imparare e ci proverò navigandoti. Toglie il fiato il dolore di Bonnard e adoro Hokusai. Il resto lo vedrò con il tempo. Buona Pasqua a te e tuoi amici.
RispondiEliminaDaniela C.
Grazie tante per le tue parole e ben arrivata nel blog. Vedo che abbiamo in comune la passione per Hokusai e non è poco!
EliminaUna buonissima e serena Pasqua anche a te
Quel particolare del volto mi sarebbe sfuggito di sicuro se non ti avessi letto, abbagliata come sono da quel giallo solare di cui tanto ho bisogno nel grigio pioggia di questi giorni (sabato, a Ravenna, persino un inizio di nebbia, manco fosse Novembre). In ritardo per dirti Buona Pasqua, ti auguro Buona Pasquetta.
RispondiEliminaIl giallo di Bonnard è davvero stupendo: anch'io in questi giorni ne ho particolarmente bisogno.
EliminaOrmai le feste sono passate, ti auguro, comunque, giorni belli e sereni e speriamo con un po' di sole!
E' struggente!
RispondiEliminaPiù che "rendere viva la pittura", sembra quasi che Bonnard abbia voluto "riportare in vita, tramite la pittura". Ha ritratto la la moglie per riportarla di nuovo nel suo mondo, ma l'ha fatto in un angolo ed in modo quasi impercettibile, forse per il pudore di esprimere un desiderio così illogico.
Mi ha commosso.
Grazie
Fabrizio
A me quello che piace di questo dipinto (e di molti dei quadri di Bonnard) è proprio la qualità di cui tu parli nel tuo commento: il pudore. Come qui dove il dolore è confinato in un angolo rispetto alla fragorosa bellezza della mimosa e, forse, proprio per questo, riesce a emozionarci ancora di più.
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