"Le
persone che non ridono non sono persone serie" (Alphonse Allais)
Che
cosa succede a Parigi in un assolato giorno d'ottobre del 1883 alla Galerie
Vivienne? I manifesti pubblicizzano una mostra d'arte: la gente
che entra è tanta, uomini, donne, famiglie intere.
Nelle sale si
sentono riecheggiare delle grandi risate. E tutti escono sorridendo.
Se
diamo un'occhiata all'interno vediamo che molti si accalcano di
fronte a una tela tutta dipinta di rosso.
Una
novità assoluta, visto che l'astrattismo è ancora molto lontano.
Perché, ben prima dei quadrati di Malevic e dei dipinti in blu di Yves Klein (ne parlo qui), Alphonse Allais, uno scrittore che fino ad allora
non ha mai dipinto (qui), ha esposto niente di meno che un monocromo.
Anzi, un "monocromo figurativo", come lo definisce, perché nella sua tela un soggetto c'è ed è specificato nella didascalia: "Cardinali apoplettici
che raccolgono pomodori sulle rive del Mar Rosso".
Eccolo
qua nella riproduzione di un catalogo dell'epoca:
Accanto, c'è un altro monocromo, stavolta tutto bianco, dove chi ha
occhio e fantasia può distinguere, anche se con un po' di fatica, "La prima Comunione di giovani
anemiche in un tempo nevoso":
Novità
dirompenti, addirittura rivoluzionarie- si direbbe- eppure nessuno si meraviglia,
né tanto meno si indigna, com'è successo, qualche anno prima, per
molto meno, con i dipinti dei pittori impressionisti.
È
che il pubblico della Galerie Vivienne sa benissimo quel che lo
aspetta.
Tutto
è nato l'anno prima, nel 1882, con un’esposizione organizzata nel
suo minuscolo appartamento agli Champs Elysées da Jules Levy (qui): si
trattava allora di disegni eseguiti da persone che- dichiaratamente-
non sapevano disegnare, con l'idea di prendere in giro la pomposità dei pittori accademici e delle esposizioni dei Saloni ufficiali.
Il
successo era stato talmente clamoroso (ben duemila visitatori in pochi giorni) da sancire la nascita di un nuovo movimento artistico: quello delle
"Arti incoerenti".
Un
movimento che, da subito, ha travolto Parigi
Non
solo esposizioni in locali che vanno dall'Olympia alle Folies
Bergère, ma anche incontri nei caffè o nei teatri (happening li
chiameremmo oggi) e grandi balli mascherati a tema.
Sembra, allora, che tutto
possa essere definito un'opera d'arte incoerente.
Gli unici limiti sono l’osceno e, soprattutto, la serietà: "le serieux
abrutit, la gaietè regenère/ la serietà abbrutisce, la gaiezza
rigenera":- afferma Levy.
Per il resto, tutto è concesso pur di vincere la medaglia di cioccolato messa in palio come premio.
Alle mostre partecipano scrittori, poeti, musicisti, a cui si aggiungono
successivamente anche pittori e illustratori come Tolouse Lautrec o
Caran d'Hache, gli stessi che si ritrovano a Montmartre
intorno a quel cabaret molto speciale che è "Le Chat Noir" (ne ho
parlato qui).
E
davvero si espone di tutto, pur di divertire il pubblico.
Caricature, satire politiche, ma anche parodie della pittura tradizionale, come
questa Monna Lisa che molto prima di sfoggiare i baffi che le farà Marcel Duchamp, fuma tranquillamente la sua pipa.
Il
pezzo forte sono i calembours pittorici, le sciarade, i giochi di parole basati
sull'omofonia.
Termini che si scrivono diversamente e che hanno significati differenti, ma che si pronunciano nello stesso modo, come in questo dipinto intitolato "Porc trait par Van Dyck" (e "porc trait" si legge come "portrait "ritratto), dove campeggia un robusto maiale.
Termini che si scrivono diversamente e che hanno significati differenti, ma che si pronunciano nello stesso modo, come in questo dipinto intitolato "Porc trait par Van Dyck" (e "porc trait" si legge come "portrait "ritratto), dove campeggia un robusto maiale.
O la Venere di Milo (o, meglio, "La Venus de mille-eaux") che, in virtù dell'omofonia della pronuncia, poggia su una base ornata dalle più svariate etichette di acque minerali
L'assurdo parte dai titoli, ma poi tracima dappertutto dai materiali alle tecniche.
Tele
di dodici metri per dodici si affiancano a quelle di un metro e mezzo per dieci centimetri, per arrivare- come appare in questa riproduzione- a enormi quadri formati da una composizione di piccoli dipinti: una sorta di pittorico kit Ikea ante litteram modulabile per appartamenti grandi o piccoli.
E
poi compaiono supporti di ogni tipo, dalle tele tradizionali, ai sacchi da
caffè, alle salsicce, ai manici di scopa, alle pentole o, addirittura, al dorso di un cavallo.
Con le tecniche ci si può sbizzarrire quanto si vuole: acqua di seltz (per gli acquerelli), olio di fegato di merluzzo, o olio con uno spicchio d'aglio per le tele, tulle bianco per suggerire una nevicata, parrucche
vere aggiunte a un ritratto, collage di carta stampata, pezzi di pane
e di formaggio.
Nemmeno
i generi pittorici escono indenni.
Si
va dalle "nature molto morte" (come questa) caratterizzate dalla presenza di lugubri teschi, alle "nature
cotte" (quando si tratta di cibi cucinati), mentre per i "Ritratti di anonimi" si utilizza uno specchio che riflette chiunque si metta in posa.
Una
libertà totale, ma senza volontà dissacratorie o
complesse rivendicazioni, come avverrà per le avanguardie del
Novecento, dal movimento Dada ai surrealisti.
Gli "Incoerenti" non si prendono sul serio: fanno festa, coinvolgono il
pubblico, ridono e fanno ridere. E non è compito facile.
L'ultimo dei loro pensieri è elaborare teorie fumose o stabilire se la loro sia o non sia arte.
L'ultimo dei loro pensieri è elaborare teorie fumose o stabilire se la loro sia o non sia arte.
Quattro
anni dopo la prima esposizione, non appena l'entusiasmo si affievolisce, è lo stesso iniziatore del movimento, Jules
Levy a proclamare "la fine dell’Incoerenza" con un grande
ballo in costume alle Folies Bergère completato da un corteo funebre danzante.
Il
movimento finisce con la stessa levità con cui era cominciato.
Scritti, manifesti teorici non ce ne sono mai stati; delle opere fatte con materiali
deperibili ed eseguite apposta per essere effimere non rimane traccia, se non nelle illustrazioni dei cataloghi.
Di
tutta la vicenda delle "Arti incoerenti"- come per il gatto del
Chelsire di Alice nel paese delle meraviglie- rimane solo
il ricordo di un sorriso.
E la sensazione che nell'arte, come nella vita, la conquista più difficile sia la leggerezza
Un link a un sito interamente dedicato alle "Arti incoerenti" è qui
Magnifico, Grazia! Perfetto per Mr K (che si è subito chiesto se non ci sia per caso una mostra...).
RispondiEliminaIUmmaginavo che Mr.K ne fosse interessato So che hanno tentato un rifacimento di alcuni pezzi nel 1988 a Basilea, ma è stata un po' "una minestra riscaldata" senza la carica prorompente e paradossale dell'originale
Eliminafantastico! chissà cosa non sarebbe stato capace di tirar fuori Piero Manzoni!
RispondiEliminaPietro Manzoni ha - come dire-già aggiunto del suo -)
EliminaStraordinari gli Incoerenti!!! E pensare che non sono mai stati citati nè riconosciuti dagli altri movimenti di avanguardia!!!
RispondiEliminaCredo che gli altri movimenti d'avanguardia, soprattutto Dada, fossero coscienti del debito che avevano nei confronti degli Incoerenti. Con loro però il gioco è stato teorizzato ed è diventato eversivo.
Eliminabrava Grazia, adoro Les Incohérents! Duchamp, cpme sai, ha più di un debito con loro: e gli artisti contemporanei farebbero bene ad approfondire questo aspetto della preistoria delle avanguardie.
RispondiEliminaVolevo bene vedere, Paola, che tu non fossi un'appassionata degli Incoerenti! :-)
EliminaEpperò, mannaggia!! Mi ci sarei trovata proprio a mio agio, tra quelle cape gloriose:)
RispondiEliminaSi, Alea, tu saresti staa un'Incoerente (nel senso dell'arte) nata!
EliminaChe ganzi!!!!
RispondiElimina:)
Vero! Sraordinari!
EliminaIncontro Alphonse Allais per la seconda volta nell'ultimo mese ( non lo conoscevo ) e rimango ancora una volta colpita dalla semplicità e leggerezza con cui riesce a far sorridere. Splendido post! Grazie:)
RispondiEliminaSemplicità e leggerezza: hai ragione. E sono qualità rare che Allais possiede a pieno!
EliminaMolto interessante; non li conoscevo affatto questi incoerenti. Particolare pure il fatto che nulla o quasi rimane di ciò che hanno creato. E come un sorriso scompare dopo un attimo; anche loro hanno fatto altrettanto. Beh... tanto incoerenti non sono... ;-)
RispondiEliminaciao
È proprio come dici: la levità di un sorriso che subito scompare. Sarebbe stato assurdo vedere le loro opere "morire" nei musei...
EliminaUna bellissima idea, quella di una mostra di artisti che sono consapevoli di non saper dipingere.Una idea nel segno della innovazione artistica.
RispondiEliminaAlcuni loro eponimi, oggi purtroppo,non sanno dipingere ma ne sono inconsapevoli.
Ben detto, Costantinoi, la differenza sta tutta nella consapevolezza (o nell'inconsapevolezza)!!
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