Dopo
i calendari quattrocenteschi, che hanno accompagnato, mese dopo mese,
gli anni scorsi- quello miniato delle Très riches heures del Duca di
Berry (qui) e quello affrescato sulle pareti di Torre Aquila a Trento
(qui)- ho pensato di cercare, per questo 2014 appena iniziato,
immagini ancora più lontane nel tempo.
Fino ad arrivare al XIII secolo, quando le ore, i giorni, gli anni non sono ancora
misurati al millesimo di secondo. E quando il tempo di Dio è scandito
dalle campane delle chiese e dalle feste liturgiche e il tempo degli
uomini dalle stagioni e dagli antichi ritmi delle coltivazioni.
In
un periodo, in cui i contadini sono considerati il fondamento stesso
della società, la fatica degli uomini non è vista più come la
conseguenza della maledizione divina al momento della cacciata
dall'Eden, ma come un riscatto dalla colpa e un modo per raggiungere la salvezza.
Le
grandi cattedrali, come le umili chiese di campagna, si riempiono, sempre più spesso, di calendari scolpiti con le raffigurazioni dei
Mesi- tra Francia e Italia ne sono stati contati più di centoventi-
dove il trascorrere dell'anno è ritmato dalle immagini delle
attività agricole.
Niente
a che vedere, in queste scene spoglie ed essenziali, col lusso, il fasto e la passione per i dettagli a cui i variopinti calendari del Quattrocento ci avevano abituato.
Per
staccare il primo foglio, ho
scelto, almeno, il colore dell'unico Ciclo dei Mesi che mantenga la
policromia originale, quello che orna l'intradosso dell'arco del
portale maggiore della pieve di santa Maria Assunta ad Arezzo.
Ecco
dunque come appare il Gennaio di otto secoli fa:
È il mese del freddo più intenso, quando il gelo obbliga a
sospendere i lavori dei campi, ma è anche il periodo delle feste,
dal Natale, alla Circoncisione, all'Epifania.
La
scritta "Hic est bifrons Ianuarius", lega- com'era
consuetudine per tutto il Medioevo- il mese di gennaio a Giano, la
divinità da cui prende il nome.
Il dio, tradizionalmente raffigurato con due volti, uno verso il passato e l'altro verso il futuro, era considerato, nell'antica
Roma, il protettore dell'inizio e della fine, degli ingressi e dei
passaggi, il simbolo del cambiamento e il custode di tutte le porte,
da quella di casa a quelle delle città.
L'antica
figura allegorica bifronte si trasforma qui in un contadino, che, nel chiuso
di una stanza, si riscalda al calore di un fuoco, alimentato da una
catasta di legna, su cui è posato un grande paiolo. Da una trave
pendono gli insaccati, la riserva di cibo più adatta ai lunghi mesi
invernali.
Per difendersi dal freddo indossa una lunga veste rossa a
maniche lunghe e un pesante mantello azzurro; ai piedi calza robusti
zoccoli.
Con
un braccio alza una coppa per brindare all'anno nuovo, mentre con
l'altro sorregge la brocca di vino dell'anno passato.
Siamo
intorno al 1230, e l'autore delle sculture è probabilmente uno di
quei lapicidi, per lo più provenienti da Como e dalla valle
d'Intelvi, che all'epoca si spostano di città in città, seguendo i
cantieri delle cattedrali.
Forse
è arrivato ad Arezzo dopo aver lavorato a Parma e a Ferrara,
portando con sé tutta la sua esperienza e la sua capacità di
arricchire la raffigurazione tradizionale con dettagli di un realismo
minuto.
Ed è questo che riesce a trasferire nelle sue scene.
Dentro
la chiesa, nello spazio sacro della preghiera, i fedeli rendono
omaggio alle solenni quanto distanti immagini di Cristo, della Madonna o dei Santi, ma
lì, nelle raffigurazioni dei Mesi, sopra la porta d'ingresso, nel punto di congiunzione tra il mondo di
Dio e quello dell'uomo, riconoscono finalmente se stessi.
Basta
alzare gli occhi per riscoprire, nella rappresentazione di gennaio, al di là dell'allegoria di un antico dio, di cui forse ignorano
perfino il nome, qualcosa che conoscono e che fa parte della loro
vita.
Possono vincere la paura del freddo e della fame, ritrovando- nella scena- la sensazione del calore del fuoco, della sicurezza del cibo e perfino il gusto di una buona
coppa di vino.
E, guardando il succedersi dei mesi, dove
l'inverno cede eternamente il passo alla primavera, possono
rinnovare la speranza di un futuro migliore.
Ancora una volta, i tuoi racconti mi incantano. Auguri Grazia, un anno sereno.
RispondiEliminaGrazie a te, Licia, e tanti cari auguri per un felice 2014!
EliminaEvviva il nuovo calendario di Grazia! Prosegue l'appuntamento mensile con i tuoi bei racconti sul tempo e le stagioni.
RispondiEliminaHai visto, Silvia, il nuovo calendario è già aperto e ci seguirà per tutto il 2014
EliminaOhhh, finalmente! :)
RispondiElimina(urca giano/gennaio)
Ohhh! :-)
EliminaPiù severo ed essenziale dei precedenti, ma che bello ritrovare i tuoi racconti del mese e riflettere su quanto siamo cambiati poco nel corso dei secoli !!
RispondiEliminaCiao
Marco
Più severo ed essenziale, ma ugualmente suggestivo perché ci parla di un modo lontanissimo e affascinante
EliminaChe bello Grazia, la Pieve di Arezzo… aspettavo con impazienza di leggere il primo mese. Buon anno!
RispondiEliminaSei stata proprio tu, cara Paola, a suggerirmela.
EliminaBuon anno anche a te!
Sapevo che avresti trovato un "degno" sostituto!!!
RispondiEliminaCome al solito la tua preziosa descrizione, arricchisce le belle immagini.
Non conoscevo (se non di nome) Giano, e devo dire che la sua figura a 2 teste rappresenta a pennello il mese di Gennaio....
Ciao e a presto!!!
Davvero la figura di Giano bifronte si adatta come meglio non si potrebbe al bilancio dell'anno passato e alle speranze per quello futuro;
EliminaA presto!
Bello anche questo calendario. E I tuoi racconti lo rendono prezioso. Mi piace questo gennaio godereccio, che nutre e riscalda soprattutto il corpo, pur essendo scolpito all'interno di una chiesa. E i fedeli che al solo osservarlo si sentono già meglio. E dire che a me di solito gennaio mette malinconia, forse perché è il mese della mia nascita. Ma visto così riscalda il cuore anche a me.
RispondiEliminaCiao Grazia, un abbraccio
Cinzia
E invece a me gennaio sta simpatico: l'anno nuovo è ancora cosi' giovane che ogni speranza è legittima. e poi non mi dispiace starmene a casa al caldo:-)
EliminaBuon anno, Grazia! Una delle etimologie di Genova fa risalire il nome della mia città a Giano bifronte, che ne è quindi una delle immagini-simbolo. Come non apprezzare le colorate sculture della pieve di Arezzo, tanto più se attraverso il tuo racconto?
RispondiEliminaNon sapevo che anche Genova fosse sotto la protezione di Giano. Mi sembra il protettore adatto per una città che può avanzare verso il futuro, senza mai dimenticare il suo glorioso passato
Eliminaun altro bellissimo calendario per iniziare il 2014 nel migliore dei modi. Auguri Grazia, e come sempre un grazie grosso come una casa
RispondiEliminaGrazie, Dede, e tanti carissimi auguri!
EliminaA leggere della Pieve di Arezzo, che è la mia città, mi sono sentita come se mi avessi dato la mano e mi avessi detto "Ecco ora tocca a te" , che emozione, eppure questo Giano pagano sulla nostra meravigliosa chiesa cristiana non l'ho mai visto... mi vergogno! Come mi piacerebbe fare un giro con te e la Paola, e la CInzia e la Loretta e tanti altri in giro per Arezzo. Con te come guida sarebbe tutta una scoperta. Buon anno e grazie!
RispondiEliminaSarebbe davvero bellissimo vedersi ad Arezzo tutte insieme. E chissà che nel 2014 non sia possibile...
EliminaPensavo che un calendario di pietra fosse un po' ...freddo e invece anche questa volta mi devo ricredere. Bellissimo. Grazie per questo nuovo calendario 2014 e auguri di un buon inizio.
RispondiEliminaVedi? Anche i calendari di pietra possono scaldare il cuore :-)
EliminaTanti cari auguri di buon anno anche a te
Riprendo il commento della ma gemellina Nela e aggiungo che il calendario di pietra, interpretato così teneramente da te, ci ricorda che non abbiamo bisogno che di cose semplici per essere sereni e affrontare il nuovo anno fiduciosi:)
RispondiEliminaAuguri!
Come dici tu, Giacinta, avremmo bisogno solo di cose semplici ed essenziali per essere felici e invece....
EliminaBuon anno anche a te!
Mi ripropongo di andarlo a vedere questo Giano davanti al fuoco, in fondo quando sono in casentino in mezz'ora ci arrivo ad Arezzo! Ecco, ora che ho avuto il tempo e l'umore per leggere il tuo bel post, finalmente, posso unirmi a chi, come Giacynta, desidera cose semplici ed essenziali per essere felice.
RispondiEliminaBuon anno Grazia e un forte abbraccio!!!