Su un ampio sfondo di paesaggio, un angelo in lacrime,
sorregge, tenendo tra le mani un lembo del sudario, il corpo di Cristo appena
deposto dalla croce. Ed espone al nostro
sguardo tutti segni della sua sofferenza: il
volto livido, la bocca semiaperta, le braccia che ricadono pesanti, il sangue
che esce dalla ferita al costato.
L'angelo, oppresso dallo sforzo e da
un dolore indicibile, ha le
guance rigate di lacrime.
Un quadro di Antonello da Messina (1430 ca-1479),
ora al Museo del Prado di Madrid, uno dei dipinti più belli e intensi sul tema
della Pietà.
Siamo probabilmente intorno al
1476-78 e, in quegli anni Antonello, dopo aver a lungo viaggiato in Italia, è rientrato a Messina. Ha
superato da un po’ la quarantina, è un artista affermato ed è a capo una bottega, anzi di una piccola impresa familiare, in cui ha coinvolto
anche il figlio. Grazie ai suoi collaboratori riesce a star dietro a tutte le commissioni che riceve.
Finalmente non ha più bisogno di spostarsi per trovare lavoro. Messina è un centro commerciale
importante: lì arrivano merci da tutti i
porti del Mediterraneo e da lì partono imbarcazioni che possono portare i suoi quadri dappertutto.
Non
sappiamo chi gli richieda il dipinto con
la Pietà, se sia un privato, oppure una chiesa o un convento, e nemmeno da dove gli arrivi la
commissione.
È un periodo, comunque, in cui Antonello torna spesso sul tema della
Passione di Cristo: è un soggetto che lo coinvolge e che tratta con una autentica devozione. La stessa devozione che lo
spingerà, un paio d'anni dopo, poco prima della morte, a disporre nel suo
testamento di essere sepolto con l'abito francescano.
Ridare verità e forza a un’immagine tante volte rappresentata non è facile e Antonello si impegna con tutta la sua capacità di artista. E usa ogni possibilità di quello stile che lo ha fatto riconoscere come caposcuola e in cui ha saputo unire, in una sintesi perfetta, la definizione dello spazio della pittura italiana, al realismo minuto e alla cura dei dettagli dell'arte fiamminga.
Riduce la scena all’essenziale e fa cadere tutta
la luce sul corpo di Cristo in primo piano. Accostando il suo volto emaciato al
viso più roseo dell’angelo, riesce a far convergere lo sguardo
sulle lacrime che spiccano purissime sul suo viso. Lacrime così evidenti da accentuare il pathos della scena e da instaurare con chi
guarda un rapporto di commossa partecipazione.
La composizione con due sole figure, che campeggiano contro un cielo chiarissimo, amplifica il senso doloroso della rappresentazione.
Nello sfondo, unisce simboli e elementi reali: in basso a destra, i tronchi
secchi e i teschi sparsi a terra alludono alla morte, mentre il verde vivace
dell'erba e delle foglie degli alberi prefigura la Resurrezione.
In alto, invece, raffigura una veduta di Messina, con un tratto delle mura, la fiancata del Duomo e- sfumato fino a essere
appena distinguibile in lontananza- il mare dello stretto: un paesaggio
familiare per gli spettatori dell'epoca che rende ancora più vicina e toccante la
visione dell’episodio sacro.
Iconografia nordica e influenze di dipinti di analogo soggetto di Giovanni Bellini si mescolano nel tentativo di restituire al meglio le sue sensazioni di uomo di fede di fronte al dramma del sacrificio divino.
Fino ad arrivare a una rappresentazione di un'emozione così profonda da diventare, per chi crede e per chi non crede, un invito alla riflessione e alla meditazione.
Iconografia nordica e influenze di dipinti di analogo soggetto di Giovanni Bellini si mescolano nel tentativo di restituire al meglio le sue sensazioni di uomo di fede di fronte al dramma del sacrificio divino.
Fino ad arrivare a una rappresentazione di un'emozione così profonda da diventare, per chi crede e per chi non crede, un invito alla riflessione e alla meditazione.
Bellissimo questo dipinto. Mi trasporta finalmente nell'atmosfera vera della Pasqua invece dei coniglietti delle uova di cioccolato o delle colombe.
RispondiEliminaCiao
Marco
Hai proprio ragione Marco: hanno fatto diventare anche la Pasqua una festa leziosa fatta di ovetti e di pulcini.Anche per chi non crede sarebbe importante, almeno una volta all'anno, un momento di riflessione!
EliminaBellissimo, grazie per avermelo fatto conoscere.
RispondiEliminaTra le tante raffigurazioni della passione, questa è di sicuro una delle più belle ed emozionanti!
Lo penso anch'io Jampy: Antonello da Messina da grande pittore qual è ne ha fatto un capolavoro!
Eliminal'angelo che piange fa la differenza...
RispondiEliminaUna straordinaria differenza!
EliminaSono d'accordo con Franz: l'angelo fa la differenza e certo anche la postura del. Cristo è diversa da quelle tradizionali, ove, più che sorretto come qui, viene spesso raffigurato giacente dopo la sua deposizione a terra. Qui, invece, nello sforzo di sorreggerlo, sta la prorompente forza della drammaticità intrinseca. In gergo fotografico verrebbe da dire che "buca la tela". Noi però siamo felici che ciò non sia avvenuto e la tela sia integra.
RispondiEliminaDavvero, Nela, il ridurre le figure a due sole, il volto del Cristo livido e consunto accostato a quello dell'angelo, le lacrime, fanno davvero la differenza!
EliminaSono d'accordo con Marco sulla rappresentazione della Pasqua. Come mi piacciono questi post!!!
RispondiEliminaGrazie! E sul fatto che la Pasqua sia ormai ridotta a pura festa commerciale sono d'accordo anch'io!
EliminaL'angelo che piange...chissà se me ne sarei accorta da sola.
RispondiEliminaBuona Pasqua Grazia!
Quanto mi piace imparare a guardare da te! :-)
RispondiEliminaBuona Pasqua!