martedì 20 agosto 2013

Il "Palais idéal"di Ferdinand Cheval: l'uomo che raccoglieva le pietre





Cosa rappresenterà mai questa immagine?  
Potrebbe essere un tempio cambogiano, una costruzione azteca, un'opera di Gaudì o, piuttosto, la scenografia di un film di Hollywood... 



Niente di tutto questo. 
Siamo in Francia, nella cittadina di Hauterives, tra Grenoble e Valence e questo palazzo è l'opera del "facteur Cheval", il postino Cheval (qui è il link al sito). 
Nulla a che fare con l’ambiente artistico: l’autore di questo straordinario edificio, Ferdinand Cheval (1836-1924) è un dilettante che ha lavorato tutta la vita come impiegato delle poste.

Figlio di contadini, ha abbandonato la scuola a tredici anni. Soldi in casa ce ne sono stati sempre pochi e, di sicuro, non ha avuto la possibilità di frequentare l'accademia di belle arti o lo studio di un qualche artista. 
Né ha alcuna conoscenza di architettura, o, tanto meno, di scienza delle costruzioni. 
E allora come ha fatto a edificare un palazzo come questo? 

Tutto inizia- lo racconta lui stesso- con un sasso.
Una sera d'aprile del 1879- ha, allora, quarantatré anni- sta rientrando dal suo consueto giro di consegne. Fa sempre lo stesso tragitto di una trentina di chilometri per strade e sentieri di campagna, quando, stanco e distratto, inciampa in una pietra. 
Chiunque si sarebbe limitato a rimettersi in piedi, magari imprecando. Lui, no. Si rialza, guarda il sasso e lo trova stranamente simile a quello che gli è apparso in un sogno. 
Non lo se la sente di buttarlo via, anzi, decide che sarà quello il primo pezzo della sua collezione. Da allora in poi, ogni giorno, sceglie le pietre più belle che trova e se le porta a casa. 
Dapprima si limita alle più piccole, che tiene in tasca o nella sua capace borsa da postino. Quando inizia a raccoglierne di più pesanti, si porta dietro addirittura una carriola. 

Accumula le pietre in mucchi sempre più grandi, finché un giorno, armato di calcina e cazzuola, decide di mescolarle con delle conchiglie e di costruire qualcosa in un pezzo di terra che ha comprato vicino a casa. In mente non ha alcuna idea precisa.
Pensa, all'inizio, di farne una fontana, poi aggiunge una scultura, poi una guglia, poi un arco, fino ad arrivare, piano piano, a un intero edificio. 
Vorrebbe che diventasse la sua tomba, come si usava per gli antichi faraoni: sarà questo il suo "Palais idéal". 

Postino di giorno, muratore di notte, alla luce di una lampada a petrolio, non cessa mai di migliorare  la sua costruzione. 
Ci lavorerà per più di trent'anni. Anzi, come calcola lui stesso con orgogliosa esattezza: 33 anni pari a 10.000 giorni e a 93.000 ore e utilizzerà più di 100.000 pietre.
Per la sua costruzione non segue un progetto: lavora a braccio, giorno dopo giorno, ispirandosi alle cartoline e alle illustrazioni delle riviste che gli capitano sotto gli occhi per il suo mestiere. 

Mescola insieme motivi tratti dalla Bibbia, dalla mitologia indù e dalle decorazioni dei templi egizi. Potrebbe risultarne un guazzabuglio. Ne viene fuori, invece, un edificio favoloso, formato non da stanze, ma da grotte e cripte, in cui si intrecciano, alberi, sculture, guglie, colonne, camminamenti e scale e dove, nelle nicchie, compaiono, alla rinfusa, piccoli templi indù e pagode cinesi, la Casa bianca e uno chalet svizzero. 

Su un lato, tre gigantesche figure fanno riferimento ai numi tutelari del suo pantheon privato: Giulio Cesare e Vercingetorige, il conquistatore e il difensore della Gallia, a cui bizzarramente aggiunge Archimede, il più  grande inventore dell'antichità. 

Non mancano nemmeno le lapidi con iscrizioni di motti e di proverbi. In disparte, dentro un'apposita nicchia, riesce a inserire perfino la sua fedele carriola.

Il palazzo, nato dalla sua fantasia, potrebbe essere effimero, come uno di quei castelli, che si fanno da bambini in riva al mare, facendo scivolare la sabbia umida dalle dita. E, invece, alla fine, diventa una costruzione lunga 26 metri e alta fino a 11.
Un'impresa gigantesca per un uomo solo.


Nel 1914 Cheval ha quasi ottant'anni, ma non smette di lavorare: il comune rifiuta di accordargli il permesso di essere sepolto dentro il suo palazzo. 
E, allora, per altri otto anni, ricomincia ostinatamente a costruire il proprio mausoleo, ma questa volta all'interno del cimitero. 
Lo chiamerà la "Tomba del silenzio e del riposo senza fine".

I suoi concittadini scuotono la testa e lo prendono per matto. 
Per quelli che vengono da fuori e per i turisti, invece, è diventato un'attrazione, tanto che il suo palazzo e il mausoleo cominciano a comparire nelle cartoline della zona.

Il vecchio postino ne è lusingato. 
Ha raggiunto quello che voleva: dimostrare, come afferma nella sua autobiografia, che con la volontà si ottiene tutto. Dello status di artista poco gli interessa.

Saranno, invece, proprio gli artisti a scoprirlo, qualche anno dopo la sua morte. 
E il primo non poteva che essere uno dei padri fondatori del surrealismo, André Breton, che gli dedica una poesia. 
Sarà poi il turno di Picasso, che intitola al palazzo del "facteur Cheval" dodici dei suoi disegni, e di Max Ernst che lo sceglie come soggetto di un suo quadro. Fino ad arrivare a Jean Tingueley e Niki de Saint Phalle che ne trarrà ispirazione per il suo "Giardino dei Tarocchi" a Garavicchio in Toscana (qui è il link) 
Il Palais idéal è diventato famoso: manca solo di classificarlo come opera d'arte. 



Lo farà, nel 1969, l'allora ministro della Cultura, lo scrittore André Malraux, facendolo rientrare, con tutti i crismi, all'interno del patrimonio artistico francese. 
Molti, a questo punto, si affanneranno a collocare la costruzione di Ferdinand Cheval in qualche corrente artistica, dall'arte naif, al surrealismo, all’"art brut". 

In realtà ben poco importano le categorie per rimanere incantati da questa architettura favolosa e bizzarra: il "facteur Cheval", artista o no, è stato uno di quei rari costruttori di sogni, capaci di trasformare in ricami di pietra la materia evanescente delle sue fantasie.






Di un altro costruttore di sogni, Sir Edward James, ritratto da Magritte nella sua "Riproduzione vietata" e della sua città costruita all'interno della foresta messicana ho parlato qui

27 commenti:

  1. Sospetto c'entri Gormenghast con questo post. Bello.

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    1. Mi hai preceduto di un soffio. Stavo per mandarti il post via email: bastava inserirci dentro anche Fucsia e Tito e davvero sarebbe diventato Gormenghast. In versione ridotta, però.
      In un commento su Fb, Roberta parla, invece, di Borges. In effetti il progetto sognato e realizzato da Ferdinand Cheval sembra aver molto più a che fare con la letteratura che con l'arte contemporanea.

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  2. Che storia bellissima!! perché non scrivi una serie sull'architettura fantastica?
    Un saluto
    Anna

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    1. È una buona idea, Anna. Quasi quasi mi ci provo. Grazie e a presto!

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  3. Ah, ti potrei aiutare con quella americana... anch'io sto trovando qualche perla architettonica fantastica, nella mia ricerca sull'insolito americano (perché l'insolito è l'unica cosa che vale la pena di ricercare).

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    1. Silvia, proviamoci davvero. È poi in America l'insolito è di casa. ma anche nella vecchia Europa non si scherza...

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  4. folle e inutile e bellissimo, ad Angkor il postino sarebbe il ministro delle Poste

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  5. E pensare che io credevo fosse un tempio della Cambogia!

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    1. Io, invece, quando l'ho visto la prima volta pensavo a una costruzione azteca. Davvero la fantasia (nostra e, soprattutto, del "facteur Cheval") non ha limiti!

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  6. Questa storia ha dell'incredibile.... mi piacerebbe leggere la sua biografia... e mi rendo conto che spesso, le opere d'arte mi interessano soprattutto in quanto espressione e testimonianza di una storia di vita...

    Grazie per questa bella "lezione"

    Un abbraccio
    Cinzia

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    1. Sono d'accordo con te, Cinzia, le opere d'arte sono ancora più affascinanti se dietro c'è una storia. E quella del Palais idèal è una gran bella storia !

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  7. In mezzo ai tre numi tutelari (quarta foto dall'alto)ci sono due figure
    pere quasi che Massimo Campigli sia passato di lì.
    In ogni caso il postino non doveva essere dl tutto normale,
    non si può seguire un lavoro come questo per tutta la vita
    i tempi cambiano e con essi i nostri interessi
    rimanere fedeli per sempre ad una visione lo trovo illogico
    anzi, paurosamente demenziale.

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    1. Hai ragione, Massimo, sembra davvero che Campigli sia passato da Hauterives. Per quanto riguarda le ossessioni o un'unica visione a cui rimanere fedeli, non so se tu abbia ragione. Per gli artisti, i grandi scienziati o i mistici a volte è così. C'è una visione divorante che occupa loro la vita. Io che non sono né artista, né scienziata, né mistica ne sono indenne, ma, comunque, li ammiro.

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  8. Non è poi così lontano da casa mia, devo andarlo a vedere assolutamente!

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    1. Vai a vedere, Dede, e poi magari questa straordinaria architettura ce la racconti nel tuo blog come solo tu sai fare!

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  9. L'unica cosa che posso fare é esprimere tutta la mia meravigliata ammirazione. Ed aggiungere i miei complimenti per la tua poderosa ricerca e per le tue considerazioni finali.

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    1. Grazie, Adriano, immaginavo che questo palazzo incantato ti sarebbe piaciuto!

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  10. un'opera veramente grandiosa .... però è un peccato essere riconosciuti per le proprie opere e doti solo dopo la morte, è stato un'artista grandioso, gli artisti non sono solo quelli che portano a termine degli studi, ... ma lo sono quelli che l'arte la hanno nel sangue, e il suo sangue ne era colmo, un'inchino a questo grandioso artista

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    1. Straordinario personaggio, vero? Anche per la sua determinazione e per la sua modestia. A lui non interessavano riconoscimenti. Quello che gli interessava - a quello che dice nelle sue memorie- era di aver dato vita al suo sogno!

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  11. concordo con te, Grazia, sul fatto che esistono persone capaci di inseguire un loro sogno e farne l'opera di una vita intera, come questo poco noto postino o come Schwitters, ad esempio. Come non ammirarli?

    Ancora una storia originale e stimolante raccontata benissimo!

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    1. Infatti, per me Luisa, sono personaggi straordinari. Li ammiro anche per la loro caparbia coerenza. Purtroppo di sognatori ce ne sono sempre meno...

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  12. che dire? In questi giorni la follia che diviene ragione di vita mi sembra una sanità mentale saggia. Anzi di più: utile per rimanere riconoscibili ai cari, fedele ai proprio principi, quindi a se stessi, e inoffensivi ai più, che , distrattamente alzeranno le spalle senza accusare alcun danno.
    Questa costruzione mi appare un segno concreto di vita, di slancio speranza d'eternità (di foscoliana memoria).
    "I have a dream"( M L. King 28 agosto 1963-2013). Costruire la propria vita intorno ad un sogno, qualsiasi sia il sogno, rende la vita degna di essere vissuta e addolcisce, lenisce, migliora anche quella altrui. Facteur Cheval e alcuni altri ce l'hanno fatta, questo è bello!

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    1. Diceva Ennio Flaiano che "il sognatore è un uomo con i piedi ben piantati nelle nuvole".
      Per me il postino Cheval era uno così!

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  13. ... poiché ogni costruzione è fatta di frantumi (Marcel Schwob)
    http://www.adelphi.it/libro/9788845911385

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