mercoledì 1 luglio 2020

Mantova, Palazzo D'Arco, Sala dello Zodiaco, luglio e il Cancro



Il tempo brutto (non solo meteorologicamente) sembra sia stato finalmente sconfitto dal sole dell'estate. 
Siamo  ormai a luglio.
Come sempre, per iniziare il mese al meglio, dobbiamo vedere cosa ci riserva l'immagine del calendario che ho scelto quest'anno per il mio blog: gli affreschi della Sala dello Zodiaco in Palazzo D'Arco a Mantova, eseguiti intorno al 1520 dal pittore e architetto Giovanni Maria Falconetto (Verona, 1468-Padova, 1535).




Cominciamo dalla parte centrale della scena che stavolta sembra meno complicata del solito: il soggetto è quello di Ercole che lotta con l'Idra di Lerna, il terribile serpente dalle numerose teste che, se mozzate, ricrescevano duplicate.
Alla lotta assiste, impassibile, Giunone: la dea non è certo lì per aiutare l'eroe, che detesta perché frutto di un ennesimo tradimento del marito Giove, anzi vorrebbe creargli ulteriori difficoltà, facendo scaturire dalla vicina palude un enorme granchio destinato a mordere il tallone di Ercole.
L'eroe, però, non solo sconfigge l'Idra, ma uccide anche il granchio.
A questo punto Giunone, in atto di riconoscenza per il sacrificio dell'animale, decide di  collocare il granchio tra le dodici costellazioni astrologiche. 
Lo vediamo nella parte alta della scena, con la dea che porta in cielo il simulacro del segno e con il Cancro piazzato proprio al centro della composizione.

A sinistra, in secondo piano, due contadini sono occupati nella falciatura,  l'attività agricola tradizionalmente legata al mese di luglio.
Le architetture classiche sullo sfondo sono state identificate con il Colosseo e, a destra, con la Porta Aurea di Ravenna.

Fin qui, senza quegli arzigogolati percorsi iconografici, a cui l'artista ci aveva  abituato sembrerebbe  tutto chiaro, se, in basso a sinistra, non comparisse il ritratto di un gentiluomo in abito e copricapo nero, con un mazzo di chiavi tra le mani. 
Chi sarà  mai costui? 
Le ipotesi degli studiosi sono, ovviamente numerose. 
Qualcuno vi ha voluto vedere l'autoritratto del pittore, ma in genere, considerando il particolare delle chiavi, si è piuttosto preferito riconoscere, nell'elegante personaggio,  il padrone del luogo o, per meglio dire, il committente.
Un'ipotesi questa senza dubbio da accettare,  se non fosse per il piccolo dettaglio che non esistono documenti sulla commissione degli affreschi.

E, allora, come fare?
Una buona base per identificare il committente potrebbe essere un brano delle Vite di Vasari in cui si afferma che Giovanni Maria Falconetto lavorò a Mantova per Luigi Gonzaga. 
Finalmente tutto chiaro?
Nemmeno per idea! 
Sarebbe fin troppo semplice, se Luigi non fosse un nome ricorrente nella famiglia Gonzaga e se, negli stessi anni dell'impresa di Palazzo D'Arco, non fossero almeno due i Luigi che vi  potrebbero essere coinvolti. 

Il primo potrebbe essere Luigi Gonzaga Rodomonte signore di Rivarolo e padre di Vespasiano duca di Sabbioneta. Parlerebbe a favore di questa ipotesi l'emblema del fulmine bialato che compare nelle scene del Toro e del Leone, emblema che Luigi Rodomonte aveva ereditato dal nonno Gianfrancesco Gonzaga conte di Rodigo e signore di Sabbioneta.

L'altra ipotesi, invece, è che si tratti di Luigi (o Luigi Alessandro), figlio di Rodolfo Gonzaga, che risiedeva a Mantova, nella contrada del Grifone, nel palazzo che oggi ospita l'Archivio di Stato. 
Luigi, noto per essere un grande erudito, lo aveva ricevuto in eredità dal padre e lo aveva scelto come sua dimora cittadina, chiamando ad abbellirlo nient'altro che- colpo di scena!- Giovanni Maria Falconetto, a cui potrebbe avere commissionato anche i lavori della Sala.

Comunque, allo stato attuale, non c'è alcuna certezza.
Sia l'uno che l'altro Luigi avevano, infatti, uguali possibilità economiche e una cultura tale da poter  suggerire all'artista le complesse iconografie degli affreschi.

Le chiavi che il personaggio ritratto tiene tra le mani potrebbero essere,  dunque, non solo quelle del palazzo che ospita la Sala, ma quelle delle interpretazioni delle scene, che, anche allora, non dovevano essere facilmente comprensibili.
E che, da bravo padrone di casa, poteva illustrare agli ospiti che accoglieva nelle sue stanze.