lunedì 7 ottobre 2013

La città di Chandigarh: Le Corbusier e Nek Chand, l'architetto e il contadino




Mi piacciono le storie di persone capaci di rendere concrete le loro fantasie, come quella del postino Cheval e del suo palazzo incantato, di cui ho parlato qui.
Seguendo, ora, la traccia di altri "costruttori di sogni", sono approdata addirittura in India.

Siamo intorno alla metà degli anni'50: Nek Chand è un povero contadino, poco più che venticinquenne. 
Le Corbusier, invece, è uno degli architetti e urbanisti più famosi del mondo.
Di sicuro non potrebbero essere più diversi. I loro sogni, però, sono destinati a incontrarsi. 
Il governo indiano ha deciso di edificare una città completamente nuova, Chandigarh, destinata ad accogliere le migliaia di rifugiati, fuggiti nel Punjab, dopo la divisione tra India e Pakistan e a diventare, secondo le intenzioni dell'allora primo ministro Nehru "il simbolo dell'India libera e affrancata dalle tradizioni del passato".
Le Corbusier, insieme a un gruppo di collaboratori, è stato incaricato di progettarne il piano urbanistico.  


Per lui è l'occasione di realizzare, partendo dal nulla, la sua città ideale. C'è chi racconta che, preso dall'entusiasmo, avrebbe buttato giù il suo progetto in appena due ore.
Tutto nasce dall'idea di una griglia rigorosa, divisa in sessanta settori quadrangolari, tutti delle stesse dimensioni, ognuno dei quali è composto da abitazioni, centri commerciali e uffici, immersi nel verde. 
Per la circolazione prevede strade per i pedoni o per le biciclette separate da quelle dei veicoli e grandi arterie di scorrimento


Conforme alla sua idea della città come fenomeno biologico e rifacendosi alle utopie rinascimentali, riprende nella pianta la forma del corpo umano: gli edifici amministrativi e l'università ne costituiscono la testa, quelli commerciali il cuore e lo stomaco. Le membra sono i settori industriali, mentre le estremità ospitano i quartieri residenziali.
Tutte le costruzioni, per lo più in cemento armato, riprendono gli schemi dell'architettura europea. 
Intorno, ha previsto una cintura di parchi ben organizzati e progettati, fino alla disposizione degli alberi. 
La realizzazione di un sogno insieme razionale e visionario, rigoroso e pragmatico, degno di un grande architetto.

Intorno, c'è l'India della confusione, della miseria, degli slums, delle vacche sacre, del caos delle automobili, dei carri e della gente che sembra spostarsi incessantemente. Ma anche l'India della fantasia e dei colori.
Nek Chand quell'India la conosce bene. Viene da un piccolo villaggio, dove faceva il contadino e a Chandigarh è stato assunto come addetto alla manutenzione delle strade. 
Con tutta probabilità, ignora il nome di Le Corbusier, né tanto meno ha idea di cosa siano le utopie urbanistiche rinascimentali.
Ma anche lui ha un sogno. 
Nelle vie rettilinee, nel rigore, nella monocromia della nuova città avverte qualcosa di estraneo, che non corrisponde alla "sua"India. 
E gli è venuta voglia di dare spazio alla sua immaginazione per ritrovare nel profondo di sé la cultura del suo paese. 
Si è costruito una capanna vicino a una discarica in un terreno abbandonato dell'estrema periferia. 
E ha preso ad accumulare lì una serie di materiali di scarto, che ha raccolto andando in giro con la sua bicicletta. 
"Una montagna di rifiuti": dicono in molti. "Inutile spazzatura": li definisce la moglie esasperata. 
E invece, proprio partendo da quegli scarti, ha cominciato a costruire figure di uomini e di animali.




Le ha create con pezzi di pietre, di  metallo e di cemento, con le schegge dello smalto o della ceramica dei sanitari destinati ai nuovi edifici, con i fili elettrici inutilizzabili, con le lampadine o le bottiglie rotte e perfino con i vecchi tubetti di dentifricio. 
Ma, soprattutto, con i calcinacci provenienti dalle demolizioni dei piccoli villaggi rasi al suolo dai bulldozer per lasciare il posto a Chandigarh. 
Vi ha lavorato, di notte, sempre con la paura di essere scoperto perché utilizza illegalmente un terreno pubblico. 
Ma ha proseguito con tenacia, mentre Le Corbusier ha continuato a tracciare i suoi piani e la nuova città ha preso la sua forma definitiva.

Le "sculture di riciclo" di Nek Chand diventano sempre più numerose, tanto che deve raggrupparle in spiazzi aperti, separati tra loro da piccoli sentieri in terra battuta, che gli ricordano quelli del suo villaggio natale.



Con gli anni arrivano ad occupare una superficie talmente vasta che è impossibile tenerle nascoste. Tanto più che alla gente e, soprattutto ai bambini, piacciono moltissimo. 
Sarà perché vi ha raffigurato le divinità tradizionali, ma anche le donne, gli uomini, gli animali che popolano i suoi e i loro ricordi: fachiri, pifferai, contadini, bevitori di tè, ballerini, scimmie, elefanti o pavoni. 
Ormai a quella specie di giardino ornato di sculture non ci vuole rinunciare nessuno.


Le autorità, a questo punto, sono costrette ad affidargli  un terreno più grande e ad attribuirgli un salario e una piccola squadra di collaboratori. Con loro Nek Chand, compirà un vero e proprio miracolo. 
Approfittando delle asperità del terreno costruirà un grande parco: il "Rock garden", che arriverà a coprire una superficie di ben dodici ettari (qui è un link)
Un enorme giardino, composto di cascate, di laghetti, di sentieri tortuosi,  di collinette, di labirinti in cui ci si può perdere. E tutto fatto con materiale riciclato.
Un sogno nato dalla spontaneità e dalla vivacità di una fantasia scatenata.



I due sogni, alla fine, si sono realizzati.
La città, malgrado i cambiamenti, ha mantenuto la struttura ideata da Le Corbusier, ed è ancora una delle metropoli indiane più vivibili e meno caotiche, con un tasso di crescita- dicono le statistiche- superiore a tutte le altre.
Il parco di Nek Chand, difeso nel corso degli anni da ogni tentativo di speculazione, è arrivato a diventare il luogo più visitato dell'India, dopo il Taj Mahal.
Sembra che ragione e fantasia, rigore e spontaneità, modernità e tradizione abbiano trovato la loro armonia: i sogni dell'architetto e del contadino possono davvero vivere insieme.





18 commenti:

  1. Scommetto che a te sta più simpatico il contadino indiano del grande architetto!
    Ciao
    Marco

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    1. Marco, non hai tutti i torti! Ma mi sa che anche a te....

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  2. Oltre al luogo e alle realizzazioni così interessanti e contrapposte, mi complimento per la bellezza del racconto!
    Grazie...ci porti sempre all'attenzione dei gioielli di arte, di epoche, stili e storia diversi!!!
    E' davvero un piacere leggerti!
    Buona settimana a te!

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    1. Grazie a te, Ivana. Anche a me piace passare da un argomento all'altro senza troppo steccati: è la libertà del blog!

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  3. bellissimo racconto, come sempre! sapevo di Corbu ma nulla del parco!

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    1. Chissà se il giardino di Nek Chand figura nei manuali d'architettura, magari come una nota a piè di pagina. Anch'io prima di trovarlo per caso su internet non ne sapevo nulla!

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  4. Ancora una volta, il tuo racconto ha la capacità di collegare livelli diversi di storie, da quelle ufficiali e riconosciute a quelle popolari, meno note, ma spesso più vicine alla sensibilità diffusa della gente.
    Grande, Grazia!

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    1. Grazie, Luisa, a giudicare dalla tua bellissima pagina su facebook vedo che piace a tutt'e due trovare storie "al di fuori dei soliti circuiti":-)

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  5. meraviglioso questo post cara Grazia, non conoscevo questo strepitoso artista e ti ringrazio di avermelo presentato con la tua consueta capacità affabulatoria unita alla tua consueta chiarezza (eh, tu li puoi capire bene gli abbinamenti di ragione e fantasia!).

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    1. Paola cara, se fanno squadra insieme ragione e fantasia sono irresistibili!

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  6. Sono più vicina al contadino che all'architetto, lo ammetto, e ti ringrazio perché non lo conoscevo per niente! Bellissimo! Un pochino isola di Pasqua?

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    1. È vero: non avevo notato la somiglianza con i mohai!

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  7. Bellissimo post!!!
    Io sto dalla parte del contadino, mi sembra ovvio, dato che Le Corbusier non mi è mai piaciuto. Basta osservare la prima foto che hai messo per notare quanto la sua "arte" somigli ad un cimitero.

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    1. Anch'io con Le Corbusier non ho un rapporto facile! Il giardino di Nek Chand, invece, l'ho amato da subito!

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  8. Ci sono stata, a Chandrigarh, tanti anni fa, ma non sapevo del contadino e non ho visto le sue sculture. Ci devo tornare! Però proprio oggi abbiamo visto il villaggio di un architetto utopico ma forse no...

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    1. Una buona scusa per tornare in India:-) Basta che dopo ci scrivi uno dei tuoi magnifici reportages!

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  9. Non conoscevo il contadino ma sono sicura che fosse molto più simpatico di Corbu

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