domenica 23 giugno 2013

Giacometti non veste Prada ovvero "Se voi foste il giudice"




Leggendo qua e là su internet, ho trovato una storia che unisce due delle mie passioni: i racconti d'arte un po' bizzarri e la "Settimana enigmistica".
Da anni sono un’accanita lettrice di quell'inossidabile settimanale, tanto da   vantarmi di appartenere alla ristretta schiera dei "solutori più che abili" (ne ho parlato qui).
"Vero o falso", "Il Bersaglio" o "L'Aneddoto cifrato" non hanno (o quasi) segreti per me
Ma quelli che mi sono venuti in mente, scrivendo questo post, sono gli  arzigogolati rompicapi giuridici di "Se voi foste il giudice", che, come sanno i lettori più fedeli, trovano invariabilmente risposta  a pag.46. 

Ed ecco qui la storia:

Il 17 dicembre 2010, a Milano un giudice ordina la chiusura immediata  della mostra "The Giacometti variations", aperta  da poco meno di tre mesi, nelle sale della Fondazione Prada: le opere d'arte e i cataloghi sono sequestrati e le immagini cancellate dal sito web.
Eppure la mostra, fino ad allora, è stata un evento di punta e non solo nel mondo della moda. 
Il direttore della Fondazione, Germano Celant, in un intervista (qui è il link) ha spiegato l'idea dell'esposizione. 
Le recensioni sono state positive e, per tutto il periodo dell'apertura, i locali della Fondazione hanno accolto quello che i quotidiani hanno inevitabilmente definito il "pubblico delle grandi occasioni". 


Tutto è nato pochi mesi prima, quando è stato incaricato del progetto l'artista John Baldessari, un vivace ottantenne americano, vero protagonista dell'arte concettuale, con una carriera di sessant'anni alle spalle, coronata, nel 2009, da un Leone d'oro a Venezia (qui è un link alla biografia dell'artista) 
Noto per essere un maestro della provocazione, sa unire insieme, come pochi, ironia e rigore. 
Dietro i suoi lavori c'è spesso l'idea della citazione, della copia e della ri-contestualizzazione 
"L'arte nasce solo dall'arte": è solito dire. 

Per illustrare il rapporto tra arte e moda si è ispirato alla "Danseuse" di Degas, una scultura in bronzo rivestita di un tutù di tulle, ma, soprattutto, alle sculture di Giacometti, in particolare, alla "Femme debout" (qui è il link alla sua intervista).


A. Giacometti, Femme debout
Guardando quella sottile sagoma di donna, ha avuto l'idea di accostarla alle esili indossatrici che popolano le passerelle nei giorni delle sfilate.
Ha chiesto il permesso di copiare  l'opera dell'artista, ma, dopo un tassativo rifiuto, ha pensato di elaborare lui stesso otto gigantesche sculture "alla Giacometti",  alte più di quattro metri, di resina, acciaio e bronzo.
La statura, decisamente over-size fa risaltare fino all'estremo la bellezza filiforme dei corpi raffigurati dallo scultore. 

"Le figure di Giacometti- dice Baldessari- sono le sculture più scarnificate ed emaciate che esistano...Inoltre è di prassi, quasi di rigore, che le modelle siano altissime e magre. Perché, allora, non fondere arte e moda?"

Ed ecco che le enormi sculture,  piazzate tra le colonne in fila indiana, danno l'idea una di sfilata di gigantesche e scheletriche top model, incerte tra il dolore esistenziale di Giacometti e il fascino del look. 

Tutte sono abbigliate con abiti o, meglio, accessori colorati, disegnati dallo stesso Baldessari, che si ispirano alla moda, all'arte, ma anche alle favole, al teatro o al cinema.




Due giganteschi hula hop possono rammentare, per esempio, l'uomo vitruviano di Leonardo con la sua cornice di linee e di cerchi.

Basta, invece, un grande fiocco di raso color magenta, da fissare al pavimento, con due chiodi, per ricordare la bellezza glamour di una diva di Hollywood.





Un trench, appena gettato sulle spalle da una magrissima viaggiatrice, è sufficiente per evocare il fascinoso Humphrey Bogart di Casablanca,

Mentre un drappo rosso-sangue, infilato da una spada, suggerisce l'atmosfera di una tragedia shakespeariana.

E siccome, come dice lo stilista Karl Lagenfield "l'unica costante della moda è l'incostanza e il cambiamento", Baldassari ha previsto diversi abbigliamenti da alternare a rotazione.

Fin qui sembrerebbe che  nulla richieda l’intervento della magistratura
Invece, no. La Fondazione Giacometti ha citato in giudizio la Fondazione Prada, chiedendo la chiusura della mostra con un’accusa di contraffazione e di riproduzione non autorizzata: l'idea è che, copiando le opere di Giacometti, l'esposizione porti danno alla memoria dello scultore, lo ridicolizzi e mescoli indebitamente la sua arte a un marchio commerciale.
Il giudice ha disposto il sequestro, ritenendo violato il diritto morale dell'autore all'integrità delle sue opere.

Ma quali fini commerciali, quale plagio? Insorgono la Fondazione Prada e Baldessari: le sculture in mostra non sono copie esatte di quelle di Giacometti e non si espone alcun prodotto Prada. 
Macché ridicolizzare! Più che una parodia è un omaggio e poi si tratta, in fondo, di esercitare un diritto: quello della citazione e della riappropriazione, praticato da tutta l'arte dell'ultimo secolo.
E via a parlare di dada e pop, di Andy Warhol, di Salvador Dalì, per finire con l'immancabile Marcel Duchamp e i suoi baffi alla Gioconda. 

Non c'è allora che ricorrere al tribunale, come già a suo tempo fece Brancusi contro la dogana degli Stati Uniti (per chi non lo ricorda il link è qui). 
Là si parlava, addirittura, della definizione stessa di arte, qui di contraffazioni, di diritto di proprietà intellettuale e di plagio (un link su questi temi è qui).
Da un lato, c'è la legittimità della "riappropriazione" delle opere di Giacometti da parte di Baldessari, dall'altro la garanzia dell'integrità del diritto d'autore. 
Che cosa si stabilirà in tribunale?

A questo punto, se fossimo nella "Settimana enigmistica", non resterebbe che andare a leggere la soluzione, a pag.46, ma non prima di aver risposto alla fatidica domanda 
"Se voi foste il giudice a chi avreste dato ragione?"





Siccome nel blog non ho a disposizione una pag.46 mi tocca a mettere QUI il link alla sentenza definitiva. 
Il risultato è  che è stato ribaltato il primo giudizio, dando ragione alla Fondazione Prada e riconoscendo il diritto di Baldessari di "variare" un'opera esistente, trasformandola in un'opera d'arte diversa e autonoma.




22 commenti:

  1. Bonjour Grazia, apro la mia giornata di appassionata di enigmistica (la mitica pagina 46...) con questa piacevolissima lettura. L'arte e il diritto a volte si incontrano (più spesso di quanto si creda), i risultati sono davvero appassionanti. Anch'io avrei dato ragione a Prada e Baldessarri; a volte gli eredi e le fondazioni che vorrebbero tutelare finiscono col danneggiare. Che diamine di danno poteva esserci per Giacometti, nell'essere citato in tale contesto? Inoltre credo che il diritto di citazione sia una parte fondamentale del diritto alla libertà di espressione, che è anche diritto a citare, criticare o elogiare i prodotti intellettuali di altri. Se no si finisce con quegli atteggiamenti intransigenti per cui tutto è "offesa" e non si può scherzare più su nulla. Ma insomma....

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    1. Paola, da appassionata di Duchamp, non potevi che pensarla così: il"diritto alla citazione è una parte fondamentale del diritto alla libertà di espressione" lo avrebbe sottoscritto anche Duchamp e con lui gran parte degli artisti del XX secolo!

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  2. Se le opere non vengono spacciate come fossero di Giacometti allora, senza dubbio, darei ragione a Baldessarri. Citare, riferirsi a, alludere e persino imitare o emulare è lecito. In fondo sono tutti riconoscimenti, diretti o indiretti, della validità dell'originale a cui si fa riferimento.
    :)

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    1. Si credo anch'io. Il problema per gli eredi di Giacometti è stato quello che la mostra era tenuta dalla Fondazione Prada e hanno temuto una utilizzazione a fini commerciali dell'opera e del nome dello scultore, oltretutto così lontano da ogni mondanità.

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  3. vero, le opere non venivano spacciate per originali Giacometti, però la "citazione" era un po' troppo esplicita e ammetto che, nei panni del giudice, mi sarei trovata in difficoltà. la dignità dell'artista non correva certo pericoli, ma forse la fondazione non ha gradito che Giacometti venisse usato gratuitamente e un po' subdolamente come testimonial di una impresa commerciale, col rischio di creare un precedente e ritrovarsi di lì a poco Giacometti sponsor di un detersivo

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    1. La Fondazione Prada è molto nota nel mondo dell'arte, non ha niente a che fare con le sfilate ed è un marchio di garanzia per la qualità delle opere. Non esiste assolutamente questo rischio di contaminazione, d'altra parte gli stilisti più bravi hanno sempre citato gli artisti, e nessuno si è mai lamentato, anzi. Gli artisti sono meno famosi degli stilisti, possono solo guadagnare dall'essere citati dal mondo della moda: potrà non piacere, ma è questa la realtà.

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    2. Devo dire che per me è quello che è ambiguo era il titolo della mostra. Sui manifesti compariva "The Giacometti variations" con lo sfondo di una scultura vestita di abiti eleganti e forse questo per il pubblico comune poteva essere oggetto di malintesi.
      Se guardate il link al convegno sulla contraffazione che ho messo per penultimo troverete anche la motivazione del giudice che ha disposto il primo sequestro.

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  4. Sono d'accordissimo con Paola, anch'io avrei dato completamente ragione alla Fondazione Prada e a Baldessarri. E trovo che spesso gli eredi e le fondazioni esagerano tantissimo nel voler "proteggere" l'immagine di un artista, magari finendo con lo stravolgere anche le idee dell'artista stesso. Emblematico il caso della Warhol Foundation, che limita ossessivamente l'uso delle opere dell'artista: di un artista come Warhol, figurarsi, che citava e rimescolava e frullava liberamente tutto quello che gli capitava sottomano. Di recente, per esempio, hanno negato alla Oxford University Press l'uso di Four Mona Lisas per la copertina del libro di Mr. Keats.

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    1. Come scrivevo a Dede e Paola anch'io sono favorevolissima alla citazione e alla libertà dell'artista e trovo che la "rivisitazione" di Giacometti fatta da Baldessari era senza dubbio affascinante. Nel caso della mostra, però, il titolo poteva essere ambiguo. Nel caso di Mr. Keats il rifiuto dell'immagine di copertina. è del tutto incomprensibile; A volte le Fondazioni "musealizzando" un artista, soprattutto come Wahrol non gli fanno affatto un buon servizio.

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  5. La motivazione di "danneggiamento" mescolando indebitamente l'opera dell'artista a un marchio commerciale sembra anche a me un po' debole, soprattutto se si considera che le statue esposte non sono state "vestite", nemmeno in modo parziale, dagli abiti della maison a cui è intitolata la Fondazione.
    Non sono un legale, ma credo che prima di muoversi nell'allestimento in tal senso, la Fondazione abbia valutato tutto con gli avvocati e che la sentenza sia giusta.

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    1. Immagino che sia stato uno scontro di avvocati da far "tremare le vene e i polsi". Su questo e su altri casi si tenne anche un convegno (ho messo il link nel post) molto interessante. I rapporti tra gli artisti e la magistratura sono stati davvero molto intensi :-)

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  6. Baldessarri ha fatto un'operazione intelligente e molto colta. Le operazioni che vanno in quella direzione da sempre, in Italia destano il sentimento sbagliato: sospetto al posto dell'ammirazione (scossa di terremoto)... ... ( ok continuo) La fondazione Giacometti ha perso due occasioni: 1 di non aver pensato lei sessa ad esibire le sue sculture originali con questi o altri dettagli che avrebbero rinnovato l'attenzione all'arte 2 a patrocinare e incoraggiarne altre.
    ma così va il mondo.

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    1. Terremoto? ancora? Speriamo che sia finita
      La fondazione Giacometti "ingessando" e proteggendo troppo l'opera dello scultore ha perso l'occasione di renderla ancora viva e parlante. E per quanto riguarda il commercio di sicuro non si scandalizzano per le quotazioni da capogiro che le opere di Giacometti hanno raggiunto in asta:-)

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  7. Manca il "no" all'ultima parola
    "autoNOma"
    ciao e grazie

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    1. Grazie tantissime, Massimo: ho già corretto. Se non ci fossi tu...
      Buonissime vacanze in Belgio!

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  8. Dare torto a tutti e due ( ma è tecnicamente possibile?).

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    1. O anche ragione a tutt'e due! Ma temo che non sia possibile!

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  9. non conosco bene la storia, ma mi è piaciuto il finale...ciao

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  10. Non conosco la normativa ma di sicuro quelli della Fondazione Giacometti hanno fatto agli occhi delle persone intelligenti una gran brutta figura!

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    1. In effetti, Adriano, volendo proteggere troppo un artista si finisce per impedire che le sue opere producano altra arte e servano di modello, come sarebbe giusto.

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  11. Bella questa disamina tra arte e settimana enigmistica ... Ho potuto leggerti grazie al link di Silvia Pareschi. E' sempre un piacere curiosare tra i tuoi post. Buon fine settimana.

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