venerdì 16 agosto 2013

Le barche di Nicolas de Staël




"Je vais aller sans espoir jusqu'au but de mes déchirements, jusqu'à leur tendresse" (Nicolas de Staël)


Ci sono pittori che si detestano e pittori che  si ammirano. E ci sono pittori che, semplicemente, si amano. Per me Nicolas de Staël (1914-1955) è uno di questi.
In due post precedenti (qui e qui) ho parlato della sua vita romanzesca, a partire dall'esilio con la famiglia aristocratica russa dopo la rivoluzione d'ottobre, prima a Bruxelles e poi a Parigi, del periodo della miseria durante la guerra con la morte di stenti della prima moglie, del suo arruolamento nella Legione straniera, dei suoi viaggi, delle sue amicizie con pittori e poeti.
Un'esistenza segnata dalla voglia violenta, bruciante di dipingere in una maniera che sia solo sua, cercando un equilibrio difficile tra pittura astratta e pittura figurativa, tentando di essere sempre "né troppo vicino, né troppo lontano dal soggetto". 

Come un funambolo che avanzi su un filo sottile, sapendo che  può cadere in ogni momento
Sempre sospeso tra entusiasmo e disperazione, tra forza e fragilità, tra depressione e voglia di andare avanti. 
Il suo punto fermo è uno solo: dipingere 
"Per tutta la vita, ho avuto bisogno di pensare alla  pittura, di vedere quadri, di fare pittura per aiutarmi a vivere, a liberarmi delle mie impressioni, di tutte le sensazioni, di tutte le inquietudini, per le quali non ho trovato altra via d'uscita che la pittura".

Dopo un viaggio in Sicilia, ad Agrigento, agli inizi degli anni '50, sente di avere raggiunto finalmente l'equilibrio che cercava. 
Ed è un equilibrio che gli costa fatica e impegno. 
Tutte le influenze, da Van Gogh, a Cézanne, a Matisse, a Bonnard, si sono fuse in uno stile che è diventato profondamente suo. 
Ha fatto del colore, steso in strati spessi a colpi di spatola o, più fluidamente, a pennello, il protagonista indiscusso dei suoi dipinti. 
Ma per ogni tela deve anche risolvere problemi di luce, di armonia o di coerenza spaziale: "So bene quello che è la mia pittura dietro le apparenze, la sua violenza, i suoi perpetui giochi di forza. È una forza fragile nel senso del buono, del sublime. È fragile come l'amore..."  

Dal 1954 lascia la famiglia a Parigi e si trasferisce ad Antibes, forse per approfittare della luce del Sud, forse- si dice- per inseguire una fantasia d'amore per una donna appena conosciuta. 
È ormai un artista affermato e i suoi dipinti si vendono bene. Avrebbe la possibilità di godere di un periodo sereno e, invece, è sempre più inquieto e turbato. 
Per settimane non riesce a prendere sonno. 
Di giorno o di notte  è invaso da una vera e propria frenesia di dipingere: settecento dipinti in poco meno di tre anni, trecentocinquanta in sei mesi. 
È capace di raffigurare nelle sue tele tutto quello che gli capita sotto gli occhi: dettagli del suo studio, paesaggi, nature morte. 
Uno dei suoi temi preferiti è quello delle barche, segno della sua voglia di libertà, ma anche del suo difficile percorso di vita: "Ho sempre amato l'infinito del mare aperto- scrive all'amico poeta René Char- Penso che la mia vita non sia che un continuo viaggio su un mare incerto"

E sono, appunto, immagini di barche o di navi quelle che ho scelto di pubblicare.

Barche nere nell'ombra scura della notte, sullo sfondo di una spiaggia arancione, nell'attesa paziente di salpare:


Barche di un allegro e squillante rosso vivo che fanno venire voglia di partire:


Battelli che, invece,  hanno già preso il largo e solcano il  blu intenso di un mare profondo


o che, in uno spazio senza orizzonte e senza confini, con il loro filo di fumo nero, sembrano evocare il sogno di un bambino



Malgrado i suoi desideri di evasione, per  quasi due anni, Nicolas de Staël non lascia Antibes e continua a dipingere. Senza tregua. 
A volte si sfoga "Non so se avrò la forza di rifinire i miei quadri". 
Oppure scrive:
"Lavoro incessantemente e credo che la fiamma aumenti ogni giorno. Spero di morire prima che si abbassi
Quella fiamma, quell'attività frenetica, quella continua ricerca finiranno per consumarlo. 
Divorato dall'ossessione della pittura, si sente  sempre più stanco e senza forze. 
Capisce che il filo sottile, su cui finora ha camminato, come un funambolo, si sta spezzando e ha l'impressione di non avere scampo: il 16 marzo 1955 sceglie di suicidarsi, gettandosi dalla finestra del suo studio rivolta verso il mare. 
Aveva 41 anni.

Eppure in uno dei suoi ultimi dipinti la gioia della luce di un sole giallo e abbagliante sembrava invadere ogni pezzo di cielo:






QUI è il link a un articolo, in cui un altro grande inquieto, il filosofo e saggista Emil Cioran, scrive di Nicolas de Staël

18 commenti:

  1. Davvero particolare questo personaggio. E che contraddizione tra questo dipinto del sole, così pieno di luce, di vita diresti, di luminosità... e poi il suicidio... visto dall'esterno, incomprensibile.

    Ma è vero che ci sono persone che vivono con un tale tormento interiore, che ogni giorno, ogni istante deve essere un peso insostenibile. Peccato per noi, perché è stato davvero un artista eccellente, capace di trasmettere emozioni forti, come i colori che usava. Per lui forse, era l'unica scelta possibile.

    Un abbraccio cara Grazia, grandiosa come sempre.

    Cinzia


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    1. Nicolas de Stael è stato davvero un artista di una sensibilità enorme, tutta a fior di pelle.
      Leggere i suoi scritti, le sue lettere dà una grande emozione e ci rende ancora più cara la sua pittura.
      Grazie dei complimenti e un grande abbraccio

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  2. Si capisce bene che De Stael ti piace ! Quel grande e bellissimo sole giallo dove tu vedi gioia io vedo invece follia come in Van Gogh.
    Ciao
    Marco

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    1. Davvero è uno dei miei artisti preferiti, uno di quelli di cui vorrei avere un quadro appeso in casa. Ho pure cercato di comprarne uno al Tefaf di Maastricht. Ma il prezzo improponibile ( 700.000 euro per un quadro grande e 320.000 uno piccolo) mi ha dissuaso. Cifre enormi, ma niente a che vedere con Cézanne o con Picasso: fossi un ricco miliardario collezionista ci penserei!!

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  3. l'arte x me è un mistero, ma leggendo qui comincio a vedere cose diverse da colori e segni.Ciao

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    1. Antonietta cara, mi fa piacere se quello che scrivo ti aiuta a "vedere cose diverse da colori e segni". E soprattutto se ti aiuta ad apprezzare un artista straordinario come de Staël!

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  4. è sempre sorprendente accorgersi che solo un vero artista riesce a trasmettere emozioni spargendo del colore su una tela o scrivendo note su un pentagramma. E' un talento meraviglioso destinato soltanto a pochi fortunati eppure non basta per superare il male di vivere tanto che mi chiedo spesso se sia un dono o una maledizione

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    1. Un talento accompagnato a un sensibilità esacerbata può essere davvero un peso insopportabile. Per de Staël sicuramente lo è stato!

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  5. Seguo una traccia nei tuoi pittori preferiti, per i quali il colore è sempre così importante. E poi liquidi, un po' visionari. Sono d'accordo con Marco, quel sole mi inquieta, ma su una di quelle barche salirei subito.

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    1. È proprio come dici: il colore per me è essenziale. E anche almeno una traccia del soggetto, "né troppo vicino, né troppo lontano", come diceva de Staël. Per me è un po' come per i libri: non riesco a leggere dove non ci sia una trama. In pittura e in letteratura amo il racconto!

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  6. Ti fa entrare nei suoi dipinti senza opporre resistenza alcuna; è una sorta di nudità che lascia altrettanto disarmati, indifesi...
    Ho trovato molto interessante lo scritto di Cioran; non poter dimenticare, non aver diritto all'oblio: l'arte può essere allora una forma di sopravvivenza, un modo per liberarsi del peso di una consapevolezza che non dà requie... ( lo dici anche tu:)

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    1. In De Staël, in effetti, l'arte sembra una forma di sopravvivenza. Finché ce la fa, finché quel filo troppo teso che è il suo percorso d'arte e di vita, non si spezza.Forse è questa sua fragilità uno dei motivi che me lo fanno amare.

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  7. Credo siano opere che "dicono molto", a saperle interpretare al di là della loro semplicità apparente e della forza dei loro colori.

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    1. È proprio vero, Costantino, la semplicità di queste opere è solo apparente. In realtà c'è dietro un grande lavoro intellettuale e, soprattutto, una grande sensibilità artistica.

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  8. Eppure questi suoi dipinti mi trasmettono angoscia. La solare Antibes non fece il miracolo di rendere più attaccato alla vita uno slavo tormentato?

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    1. Purtroppo nemmeno la solare Antibes riuscì a guarire le ferite di de Staël, anzi, in qualche modo, proprio per contrasto, ne acuì la sofferenza e la sensibilità. Il suo è stato, fin dall'inizio, un percotso artistico e umano segnato.

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  9. Grazie per questo breve tratto di strada (vita) insieme.
    Ho scoperto Nicolas alcuni giorni fa ad Aix, e tutto quello che e^ stato detto qui sopra mi vede partecipe.
    Particolarmente condivido il desiderio di poter sognare ad occhi aperti altri lidi.
    Se fossi in grado seguirei il consiglio di acquistare, ma per il momento mi accontento di ammirare.
    Carlo

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  10. Eh, sì, acquistarne non è possibile. Però anche se nulla equivale all'originale ci sono tante immagini in internet dei dipinti di de Stael, che già in una giornata grigia possono far sognare.

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