sabato 8 febbraio 2014

Gli incanti di Medea: il fregio dei Carracci in Palazzo Fava a Bologna




"Quando la luna rifulse piena/ ..Medea, senza meta/ nel cuore della notte si mise a vagare./ Una quiete profonda  assopiva/ uomini, uccelli e fiere./ Non un brusio fra le siepi/ tacciono immobili le fronde/ tace l'aria umida/ palpitano solo le stelle" (Da Ovidio, Le Metamorfosi, libro VII)


Sicuramente saranno molti, in questi mesi, ad andare a Bologna per vedere la mostra di cui è indiscussa protagonista la “Ragazza dall'orecchino di perla” di Vermeer: la sua immagine è stata talmente pubblicizzata da invadere tutta la città, dai manifesti, agli striscioni, ai menu dei ristoranti, fino a contagiare perfino l'austero logo dell'aeroporto che- incredibile ma vero- sfoggia, in questo periodo, un vezzoso orecchino. 
Probabilmente, tra le migliaia di visitatori, non saranno tanti quelli che alzeranno gli occhi per guardare nella sede della mostra, in palazzo Fava,  tra gli affreschi dipinti nella parte superiore delle pareti, un’altra straordinaria ragazza. Una delle eroine più famose della mitologia classica, nella cui storia si intrecciano magia e crudeltà: nientemeno che Medea.


In piena notte, la luna splende in cielo e inonda il paesaggio con la sua luce argentata: una giovane donna, in primo piano, nuda e con i capelli sciolti, completamente assorta in se stessa, pare sorpresa dal nostro sguardo indiscreto mentre si bagna in uno specchio d’acqua. 
È Medea, che, stando ai versi delle  "Metamorfosi" di Ovidio, quando mancano tre notti al plenilunio e le stelle splendono nel cielo, si prepara all'incantesimo per ringiovanire Esone il padre di Giasone. 
Sullo sfondo, è ugualmente rappresentata su un  cocchio volante, mentre va alla ricerca degli ingredienti necessari al suo filtro magico, e, a sinistra, quando completa  il suo incantesimo agli altari di Ecate e della dea della Giovinezza, trasformando una vecchia pecora in un agnello (qui è il link al testo di Ovidio)

Siamo nella sedicesima scena di un ciclo di affreschi, composto in tutto da diciotto riquadri, separati da dipinti a monocromo con statue di divinità classiche. La storia rappresentata è quella del viaggio degli Argonauti alla conquista del Vello d’oro, guidati da Giasone e aiutati dagli incantesimi  della giovane Medea. Un racconto ricco di avventure, di incanti, di inganni e, perfino, di orribili delitti (qui è il link).

Il committente degli affreschi, Filippo Fava, è l'esponente di una delle più note famiglie bolognesi, che ha da poco accresciuto la sua fortuna grazie al matrimonio con la ricchissima Ginevra Orsi e alla sua cospicua dote
Non sappiamo la ragione per cui abbia scelto un soggetto tanto complesso per il fregio che corre subito sotto il soffitto lungo le quattro pareti del grande salone situato al piano nobile del palazzo che si è fatto costruire nel pieno centro della città. 
Forse vuole celebrare nel mito di Giasone la virtù e il coraggio di chi lotta per raggiungere i propri obbiettivi. Forse intende ricordare, nella figura di Medea- con il richiamo al rapporto tra magia e scienza medica- la professione del padre, celebre medico e filosofo dello Studio bolognese, oppure, chissà, vuole semplicemente far sfoggio della sua cultura classica.
Fatto sta che, intorno al 1580,  incarica del lavoro  tre giovani pittori bolognesi, tutti sotto la trentina. Sono i figli del suo sarto, che glieli ha caldamente raccomandati: i due fratelli, Agostino  e Annibale Carracci e il cugino, Ludovico.
Pur di cogliere l’occasione di una commissione tanto prestigiosa  si sono dichiarati disposti a lavorare per un prezzo irrisorio. 
E Filippo Fava è stato pronto ad approfittarne.

I tre sono molto diversi di carattere: Ludovico (1555-1619), il più vecchio,  è anche il più assennato e riflessivo, Agostino (1557-1602), vivace e curioso, sfoggia i modi di un uomo di mondo, Annibale (1560-1609) è un solitario, malinconico e ombroso.
Sanno bene di avere temperamenti differenti, ma si sentono uniti da un comune modo di intendere la pittura. Proprio in quel periodo, per mettere in pratica i loro principi, hanno fondato una loro Accademia, che hanno chiamato degli Incamminati o dei Desiderosi. 
Quello che vogliono è  abbandonare il virtuosismo fine a se stesso e l’artificio dello stile manierista, allora imperante, per tornare al "naturale" e restituire verosimiglianza alle storie, sacre o profane, narrate dalla pittura. 
Per questo hanno scelto di basarsi su una costante pratica del disegno da vero, sul recupero dei grandi modelli del passato come Raffaello o Correggio e sull'uso del colore tipico della pittura veneta.

Nel ciclo di Palazzo Fava lavorano insieme, alla pari, senza gerarchie, né distinzioni. Se qualcuno, allora, avesse domandato a chi spettava l'una o l'altra scena, avrebbero forse risposto, come faranno qualche anno dopo  per un altra serie di affreschi in palazzo Magnani: "È dei Carracci...l’abbiamo fatta tutt'e tre".
Quando finiscono i lavori nel 1584 (la data iscritta in una delle scene) possono dirsi soddisfatti. 
Le loro idee sono finalmente là, sulle quelle pareti, visibili a tutti. Inutile, per loro, scrivere trattati per esporre le loro teorie: "Noi pittori dobbiamo parlare con le mani"- è solito dire Annibale. E nelle scene del fregio di Palazzo Fava, in effetti, sono i dipinti a parlare per loro.
Poco importa sapere a chi spetti l'esecuzione, se a Ludovico, come per lo più pensano gli studiosi, oppure ad Annibale, Medea è là a dimostrare la novità della loro pittura.

Nella magia della notte, in un'atmosfera piena di grazia e di intimità, la loro giovanissima e timida ragazza non ha nulla della drammaticità che siamo abituati ad associare alla figura di Medea.  
E nemmeno la lontananza raggelante del mito. 
I versi dell'antico poeta sono diventati, nella loro pittura, veri e vivi.  
Solitaria e silenziosa la giovane donna compie il lavacro rituale che precede l'incantesimo con la stessa naturalezza di una contadinella che si bagni, sicura di non essere vista, nelle acque di un ruscello campestre. 
L’esotica regione della Colchide, in cui è ambientato il mito, diventa una campagna conosciuta, magari proprio quella vicino alla città, con i suoi campi erbosi e i suoi corsi d'acqua, circondati di canneti.
Illuminato dalla luce della luna, il  corpo candido della giovane spicca nell'oscurità: come ha detto il grande storico dell'arte Andrea Emiliani, siamo di fronte al “primo nudo femminile intensamente moderno dell’arte italiana”.
Con quest'apparizione di una verità commovente il mito diventa quotidiano, riconoscibile a tutti; la realtà e la natura entrano nella pittura, trasformandola per sempre. 

Nell'eternità dell'arte, lontana da ogni clamore pubblicitario, da ogni facile notorietà, ma anche dal rischio di essere riprodotta su carta da lettere, cravatte o ombrelli, la giovane maga raffigurata dai Carracci continua a trasmetterci il fascino di un capolavoro senza tempo. E, con la sua silenziosa intimità, a trascinare chiunque abbia voglia di soffermarsi a guardarla, nel suo misterioso incanto.





26 commenti:

  1. Articolo molto bello e interessante che spiega in termini ampiamente comprensibili la portata dell'arte dei Carracci e la loro grande modernità, che ha rivoluzionato la storia dell'arte. Nota polemica: peccato che la stragrande maggioranza di coloro che entreranno per vedere il dipinto di Vermeer non solo non lo saprà, ma non sarà neanche dotata dei mezzi necessari per saperlo... ! Tuttavia siccome hanno già parlato in molti di questa mostra, chiudo subito la nota, e mi auguro solo che potranno essere molti i visitatori della mostra che alzeranno lo sguardo per vedere questo immenso capolavoro che correrà però il rischio di essere trascurato...

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    1. Speriamo davvero che siano in molti ad alzare lo sguardo e speriamo anche che Bologna non sia per loro solo un "Menu Vermeer" al ristorante; o un gusto di gelato (l'effetto della mostra sul commercio!), ma una città che vale la pena scoprire, e in cui vale la pena ritornare anche senza "orecchini di perla"!

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  2. Oh, grazie! Devo dire che sono contenta di non essere a Bologna in questo periodo. Capisco le necessità di fare cassa, ma questa ragazza con l'orecchino di perla mi esce dalle orecchie. E pensare che ho abitato a Bologna per dieci anni e non ho mai visto la Medea. Me meschina!

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    1. Forse, Silvia, quando tu eri a Bologna, gli affreschi dei Carracci ( e la Medea) non erano visibili, oppure in restauro. Da qualche anno il salone monumentale di palazzo Fava (che faceva parte Hotel Baglioni) è stato comprato dalla Fondazione Carisbo ed è visibile al pubblico gratuitamente; Sara per la prossima volta, magari a mostra finita:-).

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  3. Ho sempre avuto un debole per Medea, non ho mai creduto alla sua fama sinistra e quando ho letto Christa Wolf ho pensato che finalmente qualcuno le stava rendendo giustizia. Se mi riuscirà di venire a Bologna il primo omaggio sarà sicuramente per questa Medea

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    1. Adoro la Medea di Christa Wolf. E naturalmente anche la sua Cassandra!

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    2. Per me, invece, Medea resta la Callas sia nell'opera di Cherubini:
      http://www.youtube.com/watch?v=GA99EexmUfo
      che nell'indimenticabile film di Pasolini.
      Niente a vedere con la maga-fanciulla dei Carracci...
      Però!!

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  4. La prossima volta che sarò a Bolgna, non mi perderò le opere dei Carracci a Palazzo Fava.

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  5. Mi piace quando viene dato spazio e riconoscimento a pittori (ma non solo) che hanno lasciato opere d'arte che rispetto ad altre passano in secondo piano. Senza nulla togliere a grandi capolavori; come appunto la ragazza con l'orecchino di perla; trovo corretto e interessante far conoscere pittori meno noti ai più. Un pò come i Piazza della mia città, che ormai conosci bene! ;-)
    Grazie come sempre di queste illuminazioni! Ciao

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    1. la ragazza di Vermeer sarà pure un capolavoro, ma davanti alla Medea di Ludovico impallidisce e non è la sola

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    2. Capolavori tutt'e due la ragazza di Vermeer e quella dei Carracci. Trovo, comunque che tutto questo battage pubblicitario non faccia bene all'intimità silenziosa del quadro di Vermeer e che la "nostra" Medea ne esca alla grande!

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  6. Sai che prima di leggere i nomi degli autori pensavo si trattasse di un'opera del XiX secolo? Un sortilegio di Medea?:)

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  7. Per prima cosa un commento sulla mostra pubblicizzata: mi pare una caratteristica dei nostri tempi, quella di trasformare qualsiasi cosa, qualsiasi oggetto, qualsiasi notizia in merce dozzinale per fare business, fare soldi.... è un impoverimento incredibile. Grandi opere trasformate in calendari, tazze da tè, porta chiavi, tovagliette americane.... uno scempio...

    E poi a questo affresco meraviglioso: stupendo il dipinto, stupendo il soggetto e meravigliosi il tuo racconto e la storia che c'è dietro l'affresco. Potrebbe essere attuale per le immagini ma anche per i soggetti, uomini ricchi e facoltosi che danno un'opportunità a dei giovani e un padre che dà fiducia ai figli (e al nipote)... è bellissimo. E questi giovani che colgono l'occasione senza troppo preoccuparsi del compenso. Sarebbero d'esempio ancora oggi.

    Medea poi, così come è raffigurata qui, potrebbe essere presa da esempio da molte di noi donne, mi piace che sia così intenta a prendersi cura di sé, dimentica di tutto ciò che la circonda. In quel momento esiste solo lei. Quante volte lo facciamo noi nella nostra quotidianità? Prenderci del tempo senza dare la priorità sempre ad altro e ad altri... da imparare anche questo. Al di là del mito e di ciò che rappresenta...

    Buona domenica Grazia. Stupenda come sempre la tua "lezione" e molto coinvolgente.

    Cinzia

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    1. Che bello questo tuo commento, Cinzia, tutto da leggere e condividere.
      Buonissime giornate anche a te e un grande abbraccio!

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  8. vado una di queste settimane, ti avviso prima o restiamo anonimi?

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    1. Massimo, io torno in Italia il 30 marzo. Per ora sono a Bruxelles. L'incontro sarà per la prossima volta, ma bisogna senza dubbio organizzarlo!

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    2. Adesso devo mettere in fila le domeniche perchè sono al seggio delle primarie,
      abbiamo il segretario regionale e due votazioni per il sindaco,
      metto a fuoco e ti fò sapere, saremo felicissimi (io e mia moglie) di incontrarti.

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    3. Massimo, per me va bene tutto aprile. A maggio, invece, rientro a Bruxelles. Mi farebbe davvero un grande piacere conoscervi.

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  9. ogni tanto mi perdo qualche tuo post e poi mi è una piacevole sorpresa scoprirli quasi per caso... Sai che il ciclo di Palazzo Fava è tra quelli che amo e proprio l'anno passato, quando abbiamo avuto il piacere di conoscerti di persona, io ed Enrico ce lo siamo riguardati con calma. Non so se quest'anno verrò a Bologna; le mostre con troppo battage pubblicitario istintivamente mi inducono alla cautela, ma forse sbaglio io...
    E' sempre un gran piacere leggerti!

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    1. Luisa, se vieni a Bologna in aprile io ci sarò. E magari il fregio ce lo andiamo a rivedere insieme...

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  10. A leggerti mi viene in mente la critica feroce di Daverio su l'Huffington Post che ha pubblicato sulla mostra. Credo abbia ragione. Come al solito privilegiamo opere estere e magari non ci accorgiamo, ne' promuoviamo quel che di buono abbiamo sotto il naso. Non a caso lasciamo cadere a pezzi Pompei, mentre una mostra su di essa a Londra è stata una con le maggiori affluenze. E noi continuiamo a farci del male, come diceva Nanni Moretti.

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    sluurpy

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