giovedì 27 marzo 2014

"L'origine della via lattea" di Tintoretto




Un cupo imperatore sempre chiuso nel suo castello, un pittore indaffarato e un antico mito dimenticato. 
E, infine, questo quadro, ora alla National Gallery di Londra:


Che succede sull'Olimpo? Nella camera di Giunone regna il caos: il grande letto a baldacchino con le lenzuola candide e i preziosi drappi di seta è tutto in disordine. 
Intorno, gli Amorini svolazzano confusi con il loro armamentario di fiaccole accese, di frecce e di reti di inganni. I due pavoni, sacri alla Dea, guardano impauriti da un angolo.
La causa di tanto sconquasso è l'improvviso arrivo di Giove, accompagnato dall'aquila che custodisce i suoi fulmini tra gli artigli.
Il padre degli Dei ne ha combinata un'altra delle sue. 
Ha approfittato del sonno della moglie Giunone per precipitarsi ad attaccarle al seno il figlio Ercole, avuto da uno dei suoi tanti amori illegittimi: sa bene che il latte della Dea è l'unico modo per assicurare al bambino l'immortalità. 
Ma il piccolo Ercole, vigoroso fin da neonato, comincia a prendere il latte con una tal voracità da svegliare la dea che, stizzita, si alza di colpo e lo respinge. 
La storia non finisce qui: le gocce di latte che schizzano nel cielo vanno a formare le stelle splendenti della Via lattea, mentre quelle cadute sulla terra faranno nascere candidi gigli.

Così Tintoretto (1519-1594) narra, per la prima volta in pittura, l'origine della Via lattea, recuperando un antico mito, di cui si era persa memoria. Siamo negli anni '80 del Cinquecento e Tintoretto, dopo la morte di Tiziano, è il pittore più richiesto di Venezia. 
Il lavoro è davvero tanto nella sua bottega sul Rio della Sesa, dove si è trasferito con i figli e uno stuolo di collaboratori. 
A prima vista lo si direbbe fin troppo occupato a riempire con le sue grandi tele di storie di Santi le chiese e le sedi delle Confraternite, per mettersi a ricercare mitologie inconsuete da riproporre nei suoi dipinti. 
E poi, come gli piace ripetere, lui non è un intellettuale, ma un artigiano: piuttosto che stare a capo chino sui libri a riscoprire vecchi racconti, preferisce sperimentare, mescolare colori o, creando modellini, studiare luci e ombre delle sue complesse composizioni. 

Ma Tintoretto  è anche un uomo d'affari ed è pronto a soddisfare ogni desiderio dei committenti, soprattutto quando si tratti di personaggi illustri e disposti a pagare bene. In quel periodo ne ha giusto trovato uno e non intende lasciarselo scappare. 
A Venezia, da tempo, arrivano "antiquari" e mercanti d'arte da tutta Europa per acquistare opere da proporre agli esponenti della più alta aristocrazia:  la pittura veneziana, con i suoi sontuosi colori, ha conquistato tutti. 
Ottavio Strada è uno di questi. Figlio di Jacopo immortalato in un ritratto da Tiziano (ne ho parlato qui), ha ereditato dal padre un grande fiuto per gli affari, un occhio capace di distinguere i capolavori e, soprattutto, il ruolo di procacciatore di opere d'arte per uno dei collezionisti più titolati: Rodolfo II d'Asburgo. E ora sta cercando per lui, qualche dipinto mitologico, qualche "favola", con cui si possa dilettare. 

L'imperatore Rodolfo, si professa pubblicamente "cattolicissmo", ma- e non è l'unico- nel segreto delle sue stanze, preferisce ai quadri devoti, soggetti mitologici, magari arricchiti dal sottile erotismo di qualche bel nudo.
Introverso, e malinconico, ha ceduto quasi tutto il potere al fratello, per dedicarsi a Praga, dove ha trasferito la sua corte, al suo gusto per le raccolte d'arte e alla sua passione per le bizzarrie, incrementando con gli oggetti più disparati la sua Camera delle meraviglie. 
È un grande appassionato di astrologia e di alchimia e alla sua corte ospita artisti raffinati, ma anche maghi e cultori di scienze occulte, che spera possano trovare rimedio alle sue inquietudini. Si sa che per avere quello che vuole è disposto a spendere qualsiasi cifra.
Insomma, a un personaggio del genere, che, a detta dei contemporanei, "disprezza l'ordinario e non ama che lo straordinario e il meraviglioso" non basta, certo, una "favola" qualsiasi. 

Ottavio Strada ha subito commissionato il dipinto a Tintoretto: lo conosce da tempo ed è convinto delle sue capacità. Ma ora il problema è scoprire un soggetto capace di solleticare la curiosità del suo incontentabile imperatore. 
Il caso, o il destino, stavolta danno una mano.
Proprio in quegli anni è stato ripubblicato a Venezia un antico testo bizantino, in cui si narra  di mitologia greca e delle origini della Via Lattea. 
Forse è lo stesso Ottavio Strada o forse qualche dotto amico a suggerire a Tintoretto quel racconto talmente suggestivo da accontentare ogni fantasia. 
Ora la responsabilità di dare immagine alle parole è tutta del pittore. E lui, da par suo, ci riesce. Quel "praticon di man", come lo definisce  Marco Boschini nel 1660 nella sua "Carta del navegar pitoresco", sa bene come restituire vita a quell'antico mito.

colori vivi, i dettagli accurati, come le perle che ornano i capelli di Giunone o il bordo ricamato del baldacchino, la composizione mossa  con figure in diagonale e l'invenzione dello scorcio ardito del corpo di Giove, fanno del dipinto uno di quei "teatri pittorici", per cui è diventato famoso.  Il corpo bianco della Dea spicca sul candore delle lenzuola e dà luce all'intera composizione, mentre le stelle, nate dalle gocce di latte, si incastonano nel cielo, color dell'indaco, come brillanti. 
In più, da artista consumato qual è, riesce anche a strizzare l'occhio alla passione di Rodolfo per l'astrologia: i fulmini che l'aquila, simbolo di Giove, ma anche del potere imperiale, tiene tra gli artigli, prendono la forma di un granchio e alludono al cancro, suo segno astrologico. Mentre la fiaccola e le frecce degli Amorini possono ricordare i misteriosi simboli dell'alchimia. 

Mescolando piacere per gli occhi e riferimenti nascosti, Tintoretto ha superato la prova: avrà il suo compenso e il quadro entrerà  a far parte, fra le opere più belle, della collezione di Rodolfo d'Asburgo. 
Tutt'e due, pittore e imperatore, possono dirsi soddisfatti.
E chissà che entrambi non si sorprendano talvolta, guardando il cielo, a immaginare, trasformate nelle brillanti costellazioni della Via lattea, le candide gocce di latte della regina degli dei.




Per l'iconografia del dipinto un link è qui.
Qui e qui sono link a due video che parlano del quadro.

16 commenti:

  1. Bella! sarà un buongiorno anche se mancano le stelle. Sarà un buon giorno finché ci sono dipinti, storie, e racconti. Grazie.

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    1. E, per fortuna, dipinti e storie da raccontare ce ne saranno sempre!

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  2. Non so l'imperatore e il pittore ma io grazie al tuo racconto d'ora in poi guarderò le stelle con altri occhi!!
    Ciao
    Marco

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    1. Sai, Marco, che anch'io ora guardo le stelle con altri occhi? Potenza di Tintoretto!

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  3. Sapevo della nascita dei gigli (ne ho parlato in un post dove ho riportato i miti legati a piante e fiori) ma della via lattea mi era sfuggito! Del Tintoretto che dire?? Un tema similile nelle sue mani, non poteva che dare questo risultato!!

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    1. È vero, Jampy, Tintoretto è un grande artista, capace di dare verità a qualsiasi storia. Figuriamoci una bella così!

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  4. Bravissima come sempre, riesci a trasformare una serie di fatti storici in una storia affascinante!

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    1. Grazie, Silvia, ma qui gli elementi c'erano davvero tutti!

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  5. Non conoscevo questo mirabile dipinto! Grazie per averlo presentato ( e così bene!:)

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    1. Grazie a te Giacinta: non è uno dei dipinti più noti di Tintoretto, ma sicuramente ( almeno secondo me) uno dei più belli!

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  6. La Via Lattea raccontata in questo modo la rende affascinante anche a chi segue la scienza con poco entusiasmo.

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