lunedì 8 dicembre 2014

I sogni nel cassetto: l"Hotel Eden" di Joseph Cornell




Sono giornate grigie queste, di umore e di pioggia: mi prende, ogni tanto, la voglia di evadere da un'atmosfera natalizia che sembra fatta solo di luminarie, di canzoni che parlano di neve e di renne e di una miriade di panettoni che affollano gli scaffali dei supermercati. 
Tra tutte le immagini che avevo in mente, ne scelgo perciò, una che suggerisce, in maniera del tutto particolare, sogni di viaggi e di fughe immaginarie: è l'"Hotel Eden", ora a Ottawa, alla National Gallery of Canada, opera di un grande artista, uno dei miei preferiti, Joseph Cornell.




Su uno sfondo di un bianco luminoso, un pappagallo variopinto, appollaiato su un ramo, regge col becco un sottile laccio nero, con cui sembra azionare una sorta di ventilatore. 
Accanto, in un vecchio e sciupato manifesto pubblicitario, si legge, a mala pena, il nome dell'hotel Eden. 
Tutto qui.
Una serie di oggetti raccolti e sistemati, intorno al 1945, in una delle sue piccole "scatole"- appena 38x12 centimetri- da Joseph Cornell (1903-1972). 
Ho già parlato qui di questo straordinario artista, solitario ed eccentrico, che passa la maggior parte dell'esistenza, chiuso, con la madre e il fratello invalido, nella sua casa in un quartiere periferico di New York.
Malgrado la sua vita appartata, non è affatto un isolato, anzi è al corrente delle ultime tendenze dell'arte contemporanea e in corrispondenza con gli esponenti più illustri delle avanguardie americane ed europee. 
Ma è, da sempre, anche un uomo indipendente, un "battitore libero", che, pur aderendo al movimento surrealista, ha scelto, fin dall'inizio, una strada che è solo sua. 
Le sue giornate, a partire dagli anni Quaranta, sono scandite da uno stesso ritmo: la mattina presto parte da casa con la metropolitana e scende al centro di Manhattan.
Là passa il tempo, vagando per le strade, rovistando nelle botteghe dei rigattieri, perlustrando depositi, magazzini o librerie di seconda mano. 
Acquista di tutto: libri, foto di quelle dive del cinema che adora da lontano, mappe, stampe, e, soprattutto, oggetti, un tempo preziosi ma ormai privi  di valore.
Un guazzabuglio di elementi che gli piace conservare in cartelle di cartone, divise per tema e catalogate con titoli come "Ragni", "Lune", oppure "Uccelli".
Quei materiali disparati sono la base delle sue creazioni. 
La sera, quando torna a casa, si mette al lavoro e li dispone- accostandoli liberamente- in piccole scatole di legno con un coperchio di vetro. 
Né dipinti, né sculture, le sue sono opere complesse che devono essere osservate piano piano, con attenzione e con delicatezza. 
Se si guarda bene ci si accorge che Cornell in quelle scatoline ricrea interi universi in miniatura, in cui rivela i suoi ricordi e i suoi desideri più nascosti.
Gli basta, per esempio, qualche paillette e un pezzo di tulle per ricordare un balletto.
Oppure, qualche bussola spaiata e una mappa della barriera corallina gli è sufficiente per evocare paesi lontani (sulle opere di Cornell, compresi i suoi film fatti di spezzoni di pellicole di serie B, qui e qui sono link a siti che ne parlano approfonditamente).


Le sue sono opere aperte, suggestioni visive che lasciano spazio a ogni sensazione, in completa libertà.
Così, in questo "Hotel Eden", qualcuno ha visto addirittura allusioni al paradiso terrestre o il simbolo di una rinascita simboleggiata dall'uovo visibile in alto. 
Oppure i più sofisticati hanno riconosciuto citazioni precise da un artista come Marcel Duchamp.
Ma, in realtà, poco valgono le interpretazioni, quello che importa sono le emozioni che Cornell sa suscitare dentro di noi, fin nel profondo.
Per me, per esempio, chiuso dentro questa scatolina, c'è tutto il desiderio di essere altrove. 
C'è la voglia di un'evasione, l'idea di un viaggio sognato più che vissuto, magari in un indistinto paese tropicale di un esotismo da cartolina, fatto di pappagalli colorati e di hotel dai nomi evocatori, che mi ricordano l'improbabile Sud America di una canzone di Paolo Conte.
Ma, quel che più conta è che questa colorata scatolina, fatta di immagini ritagliate e di oggetti sciupati dall'uso, è capace di suscitare la stessa commozione impalpabile e misteriosa di una poesia.






10 commenti:

  1. Non conoscevo. Visto di passaggio. Così qui da te scopro il mondo in una scatola. Un bel regalo di natale "il cacciatore d'immagini". Il pappagallo che tira la cordina è fantastico, e anche la pallina gialla, quasi un sole nella credenza. Grazie:)

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    1. Vero che è bellissimo? In quelle "scatoline" c'è tutto un mondo da scoprire!

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  2. Non lo conoscevo... ma già da quest'opera mi piace! Approfondirò. Ciao

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    1. Sono sicura che ti piacerà. Io l'ho scoperto per caso in una mostra tanti anni fa e da allora mi è entrato nel cuore!

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  3. Sempre molto interessanti gli artisti che proponi! grazie a te ho scoperto Séraphine Louis, ho visto il film! E lo consiglio a tutti i tuoi lettori!
    A presto!

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    1. Sono contenta che anche tu sia entrato nel gruppo degli anici di Séraphine: ricordarla è farla rivivere ancora!

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  4. Ahhh! Ma questo artista è fantastico!!! Mi piace da morire. La acquisterei subito una sua scatolina. Ma chissà quanto costano le sue opere. Non solo mi piacciono i suoi lavori, ma lo invidio tantissimo. Anch'io vorrei vivere una vita così. Girare, raccogliere di tutto e poi riuscire a metterle insieme e farne opere d'arte. Mi sembrano la rappresentazione di sogni...

    Un abbraccio Grazia! Che bel regalo che ci hai fatto!

    Cinzia

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    1. Cinzia, temo che le scatoline di Cornell abbiano prezzi stratosferici. Puoi sempre trarne ispirazione per farne qualcuna da sola: hai tanta poesia nel cuore che di sicuro ci riuscirai!

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  5. Risposte
    1. Silvia, io da sempre ho la foto di una scatolina di Cornell dietro la scrivania del mio ufficio: è stata per anni la mia forma di evasione!

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