"... tra cielo e terra, sull'erba rossa o blu, un mucchio di muscoli volteggia in pieno oblio di sé..."
Negli Europei di calcio del 2012 si sono incontrate Francia e Svezia. Non era la prima volta. Una partita di tanti anni fa tra le due squadre, é entrata, se non nella storia del calcio, almeno in quella della pittura.
Il 26 marzo del 1952, a Parigi, allo stadio del Parc des Princes, si gioca un'amichevole tra Francia e Svezia. Dopo un primo tempo piuttosto fiacco, la Svezia vince per 1-0.
Sarebbe stata una serata normale, se non fosse stata la prima partita in notturna giocata in quello stadio, illuminato a giorno da un nuovo sistema di riflettori.
Sarebbe stata una serata normale, se tra i trentasettemila spettatori, nel freddo gelido di quella notte, non ci fosse stato un artista, un grande artista: Nicolas de Staël (1914-1955).
Sarebbe stata una serata normale, se tra i trentasettemila spettatori, nel freddo gelido di quella notte, non ci fosse stato un artista, un grande artista: Nicolas de Staël (1914-1955).
Sono anni che il pittore, un aristocratico sfuggito con la famiglia alla rivoluzione russa, si è stabilito a Parigi. La sua vita, tra miserie e dolori (la perdita della prima moglie, morta di stenti durante la guerra) e decisioni avventate (l'arruolamento nella Legione straniera) ha un solo punto fermo, divorante e ossessivo: la pittura.
È un artista straordinario. La sua carriera se l'è giocata tutta, correndo su una corda tesa, cercando un possibile equilibrio tra pittura astratta e figurativa. Per lui è un problema fondamentale, una continua ricerca, uno sforzo che gli costerà, letteralmente, la vita (ne ho parlato QUI).
Il 1952 si è aperto con una delusione: la mostra che ha tenuto in una Galleria di Londra è stata un fiasco e, ora, dubita di se stesso e della strada che ha scelto.
Ma quella sera cambierà idea.
Quella sera, ha deciso di andare allo stadio con la moglie.
Forse non è tra i tifosi più sfegatati della nazionale francese. Forse non è il più esperto di tattiche, strategie e schemi di gioco. Di certo, è uno degli spettatori più coinvolti e più emozionati. Ma non per i gol o i rigori. Nicolas de Staël è, soprattutto, un pittore e lo è fino alla cima dei capelli.
Quello a cui assiste, per lui, non è soltanto un incontro di calcio.
Quello a cui assiste, per lui, non è soltanto un incontro di calcio.
Al di là della partita, quelli che vede, illuminati dalla luce cruda e abbagliante dei riflettori sono i colori e il movimento. Sono i blu, i rossi, e i gialli, delle maglie; è il nero dei pantaloncini dei giocatori, che contrasta con il verde dell'erba; sono le linee bianche orizzontali sul terreno di gioco e quelle verticali dei pali delle porte.
"Quando tornerai andremo a vedere delle partite insieme. È assolutamente meraviglioso- scriverà all'amico poeta René Char- ....tra cielo e terra, sull'erba rossa e blu, un mucchio di muscoli volteggia in pieno oblio di sé... Che gioia, René, che gioia..."
Esce dallo stadio quasi stordito. Durante la notte lavora nel suo studio, come un forsennato e comincia a dipingere, con i pennelli o con la spatola, su tele o cartoni di dimensioni differenti, una straordinaria serie di dipinti, più di una ventina, ora divisi tra musei e collezioni private.
Sono tutti dedicati ai calciatori, ai "Footballeurs".
Saranno opere che faranno scandalo presso i difensori accaniti della pittura astratta: "la gang de l'abstraction", come lui stesso la definisce, ma che lo convinceranno di aver trovato la via giusta.
Finalmente, dopo anni di ricerche, ha raggiunto quello che voleva.
È un equilibrio, talmente fragile da essere sempre sul punto di infrangersi. Ma è la realizzazione della sua volontà "di essere nè troppo vicino, nè troppo lontano dal soggetto".
Nei suoi schizzi si abbandona completamente alla sua passione e esplora ogni possibilità della rappresentazione del movimento.
Blu, bianco, nero delineano i corpi che spiccano su un fondo rosso e nero, accentuati dai contrasti dei colori.
Come un fotogramma bloccato di una pellicola, ogni schizzo restituisce la forza delle emozioni e riproduce un momento effimero, un gesto bloccato.
Una settimana dopo, la frenesia si è placata.
A mente più fredda, termina un grande quadro di tre metri e cinquanta per due (il primo per lui di queste dimensioni) il "Parc de Princes", ora alla Fondazione Gianadda a Montigny:
Vi rappresenta ancora la scena della partita. Adesso, però, il movimento e la confusione dei corpi sono tradotti in colori e in figure geometriche semplici: quadrati, rettangoli, masse colorate. Sono bloccati e fissati in una sintesi talmente perfetta che ha fatto pensare alla "Battaglia di san Romano" di Paolo Ucello.
Sarà l'ultimo quadro della serie: ormai ha riversato nei suoi dipinti tutte le sensazioni di quella serata.
È stanco, come un calciatore dopo un incontro spossante, ma assapora, finalmente, il gusto della vittoria.
Sa che ce l'ha fatta, sa che ha vinto la sua partita.
Sa che ce l'ha fatta, sa che ha vinto la sua partita.