mercoledì 22 settembre 2010

Vestivamo alla "montanara"




Quando era piccola le vacanze estive le trascorrevo al mare, in Versilia, ma, non appena possibile, mio padre mi trascinava, insieme alle mie riluttanti sorelle, in montagna. Era convinto che le aspre cime alpine fossero un ambiente più idoneo a temprarci il carattere, abituarci a modelli di vita più rudi e a sottrarci alle insidie dello shopping e degli amori precoci.

Era il tempo in cui l'abbigliamento da montagna, era immutabile di generazione in generazione. La dotazione standard, uguale per uomini e donne, adulti e bambini, codificata da decenni d'uso e da norme inderogabili, comprendeva :

- pantaloni in velluto a coste « alla zuava »,tagliati sotto il ginocchio, accompagnati da calzettoni di lana che si arrestavano a mezza rotula, provocando arrossamenti e lacerazioni stoicamente sopportate
- cintura e /o bretelle elastiche
- camicia unisex di flanella scozzese
- maglione di lana grossa lavorato ai ferri con disegni adeguati: stelle alpine o genziane (per le donne), abeti, teste di cervi e, talvolta, – assai più raro- un isolato stambecco (per gli uomini). 
Se lavato a temperatura troppo alta il maglione, infeltrito e ridotto a proporzioni mignon, passava al figlio neonato di qualche parente, non ancora dotato di corredo da montagna
- giacca in lana cotta tirolese talmente compatta da impedire il passaggio di ogni, benché minimo (ancorché benefico e ritemprante) soffio d'aria
-giacca a vento, da usare nelle giornate meterologicamente incerte, con cerniera destinata, inevitabilmente, a incepparsi, oppure a impigliarsi nei fili di lana colorati del maglione
- scarponi pesantissimi di pelle scamosciata e suola di gomma rinforzata che gravavano ai piedi come due zavorre cementizie, ancoravano a terra e stringevano la caviglia in una morsa d'acciaio
- sciarpa di lana lavorata a maglia da mamme o zie premurose
berretto di lana spesso decorato da un imbarazzante pon-pon oppure, per i più avvezzi, cappello di feltro tirolese, decorato da fascia colorata con stella alpina di stoffa.

complementi indispensabili :

- enorme zaino, talvolta prezioso cimelio militare, con infinite tasche e taschini, tutti dotati di fibbie e laccioli in cuoio, indistricabili
- borraccia con tracolla di pelle, riempita d'acqua e -meno frequentemenre -di superalcolici, nel caso in cui la temperatura calasse in maniera avvertibile
- stecca di cioccolato - di preferenza Toblerone- da mangiare alla prima salita impegnativa o anche, precauzionalmente, alla partenza
- panini ( o meglio fette di pane), laccati da uno spesso strato di burrro e imbottiti con speck e formaggio, da consumare nel sobrio, ma ipercalorico, pranzo al sacco, accompagnati da bottiglie di vino rosso e rallegrato dalle canzoni alpine, intonate all'inizio a pieni polmoni e poi sempre più flebilmente dai più ispirati della compagnia

opzionali :

- il bastone con punta di ferro, tipo alpenstock, acquistato come souvenir in qualche rifugio che, generalmente, finiva per piantarsi nella parte fangosa del sentiero, obbligando a una penosa estrazione oppure all'abbandono
- coltellino svizzero (o finto tale) multiuso in grado di sopperire a ogni necessità
- carta dei sentieri acquistata – secondo tradizione - all'Istituto Geografico Militare di Firenze, in cui erano ancora  tracciate le fortificazioni della Grande Guerra, ma in cui i sentieri risultavano praticamente indecifrabili, destinata a provocare lunghe e penose discussioni ad ogni biforcazione del cammino


Oggi goretex, tessuti tecnici, telefonini con GPS incorportato, vezzosi zainetti e racchette per nordic walking hanno quasi soppiantato l'abbigliamento tradizionale. 
Il cioccolato lo si preferisce dietetico, per bere si usano bottigliette di plastica, il pranzo lo si consuma in qualche malga ben attrezzata e perfino le canzoni da montagna sono sostituite dagli MP player o dagli I-pod.

Ogni tanto, però, mi piace indossare il vecchio abbigliamento e, vagando sui sentieri o sulle alte vie, mi capita di riconoscere, sudati e ansanti, altri nostalgici in pantaloni alla zuava e maglione. Un senso di commossa solidarietà mi invade allora il cuore.

Non c'è bisogno di parole, basta uno sguardo, un cenno d'intesa e poi ognuno se ne riparte più contento per il proprio sentiero, magari accennando, a mezza voce, « Lassù sulle montagne tra boschi e valli d'or... »




oppure:

4 commenti:

  1. Avevo un maglione con lo stambecco pantaloni marroni di velluto e pedule nere
    M.

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  2. Troppo bello questo post, mi sto tenendo ancora la pancia dal ridere.

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  3. Nell'armadio ho anch'io i pantaloni a coste alla zuava; non riesco a liberarmene. I moderni pantaloncini supertecnici non hanno lo stesso fascino. E i calzettoni sono sempre rigorosamente rossi!

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    1. Ovviamente rossi, senza "se" e senza"ma". Un paio infeltriti e durissimi li conservo ancora!

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