martedì 18 ottobre 2011

Ferrara, Casa Romei: il giardino delle Sibille







Casa Romei a Ferrara. Una grande sala con un camino. Lungo le pareti, dodici figure femminili, le Sibille, in piedi contro una spalliera di rose.
Potremmo dire,  parafrasando un  titolo famoso, che siamo davanti a una "scena per un matrimonio".
                           
                                        


Quando, a metà Quattrocento, Giovanni Romei decide di far affrescare la sala al pianterreno della sua bella casa ferrarese, è nel pieno della sua ascesa sociale.
Ha una cinquantina d’anni, è un ricco mercante e sta per realizzare il sogno della sua vita: entrare nella cerchia dell’aristocrazia.
Sta per sposare la giovane Polissena, figlia naturale di Meliaduse, il primo dei numerosi figli illegittimi di Nicolò III d’Este.
Essere illegittimi, all'epoca, non è un disonore (ne ho parlato qui) e, poi, per Giovanni imparentarsi con la famiglia dei Signori di Ferrara è essenziale.
Il matrimonio con Polissena è un punto d'arrivo: la futura sposa è nipote del duca Borso e suo padre- costretto, suo malgrado, alla carriera ecclesiastica- è un personaggio di spicco della corte.

Polissena, come molte giovani di casa Este, rappresenta una pedina importante nella "politica nuziale" della famiglia.
Poco spazio per gli struggimenti d'amore: i matrimoni, accortamente preparati, assicurano, fuori Ferrara, alleanze indispensabili, mentre, in città, garantiscono la fedeltà e il sostegno finanziario degli esponenti più ricchi dell'alta borghesia.
E il denaro di Giovanni Romei, considerato un vero e proprio mago della finanza, fa comodo, eccome.
Giovanni, vedovo da tempo, ha già stipulato il contratto di nozze e, anche se il matrimonio verrà celebrato più tardi, vuole predisporre la casa per accogliere la futura sposa. 
Ci tiene che la giovane si trovi bene in un ambiente raffinato e vivace. E che non abbia a soffrire di nostalgia.

Non sappiamo quale fosse la destinazione della sala, ma non è da escludere che servisse per quei ricevimenti di rappresentanza, necessari alle sue pubbliche relazioni.
Ha commissionato gli affreschi a uno dei numerosi artisti che gravitano in città, capace, sicuramente, di assicurare il compimento del lavoro, ma non famoso al punto da lasciare traccia di sé nei documenti dell’epoca.
Come soggetto ha scelto le Sibille.

È un tema ritornato in auge, da quando è stato usato, a Roma, per il Palazzo del cardinale Giordano Orsini e ripreso, a Ferrara, in palazzo Belriguardo, nell'anticamera dell’appartamento di Leonello.
Le Sibille rappresentano la trasposizione cristiana delle profetesse pagane.
Un soggetto non allegrissimo, in verità e apparentemente poco adatto a un matrimonio.
Qui, però, non sono raffigurate come delle vecchie austere e scostanti, ma come delle giovani damigelle che indossano  le vesti alla moda per l’aristocrazia del tempo.


La Sibilla Persica, per esempio, è abbigliata con la tipica veste quattrocentesca, la gamurra, ricoperta da una ricca sopraveste.
Porta un mantello bordato di pietre preziose e un velo che ne lascia intravedere i capelli biondi e arricciati.
I colori, purtroppo, sono scomparsi, ma da alcune tracce è possibile dedurre che prevalessero i toni del verde, del grigio e del giallo dorato.

In tutta la stanza si respira un'atmosfera di cortese e sofisticata agiatezza. 
La giovane sposa si sarebbe sentita attorniata da aggraziate fanciulle, simili a quelle che frequentava a corte.
E, soprattutto, si sarebbe rallegrata di ritrovare, nel chiuso della stanza, un vero e proprio giardino dipinto.
I giardini, i "verzieri", dove alberi da frutto e fiori ornamentali venivano coltivati insieme, erano l'orgoglio degli Este e adornavano le loro dimore in città e in campagna.
Probabilmente anche la casa di Giovanni Romei aveva un giardino simile a quelli estensi.
E chissà che non derivi proprio da lì, in una sorta di continuità tra esterno e interno, il motivo della spalliera di rose bianche, che corre lungo tutte le pareti e che fa da sfondo alle Sibille



Anche nei riquadri, al di sotto del soffitto, il tema del giardino continua con un motivo di rami carichi di frutta e di fiori, talmente precisi da far pensare che il pittore si sia basato sull'osservazione di dettagli reali o su uno di quegli erbari, o "Libri dei Semplici",  all'epoca assai diffusi.

Ecco raffigurato, con assoluta esattezza, un ramo di lazzeruolo, una specie di biancospino originario dell'Africa.




Le Sibille, fissate in eleganti movimenti, quasi di danza, portano dei cartigli svolazzanti con i loro vaticini che annunciano la nascita del Salvatore e che esaltano il ruolo della Madonna.
Sempre alla Madonna si riferisce la Natività nella parete sud.
Il giardino potrebbe allora, avere una valenza simbolica, e alludere all' hortus conclusus, l'orto recintato, simbolo della verginità di Maria.
All’illibatezza verginale rimandano, del resto, anche le candide rose della spalliera.

Nel soffitto le rappresentazioni di un Cupido bendato e della Vergine con l’unicorno si alternano allo stemma della famiglia e a un fiore stilizzato


Il Cupido allude all’amore coniugale, mentre l'unicorno era un simbolo riconosciuto di purezza, perché, secondo la leggenda, poteva essere addomesticato solo da una vergine.
Il motivo ricorrente della sala, religioso e profano insieme, è, dunque, quello dell’esaltazione della pudicizia.
Ma vi si può riconoscere anche un "messaggio matrimoniale"- e nemmeno tanto velato- sulle qualità che il maturo e ricco mercante si aspetta dalla sua sposa.
La moglie dovrà, con un comportamento immacolato, dare lustro alla famiglia.

Per questo lo stemma dei Romei, con un cane rampante e un cimiero, sembra dominare, come un monito, sulla cappa del camino.

Le Sibille, profetesse dell'incarnazione di Cristo, in un giardino reale e simbolico, celebrano le virtù femminili cristiane, e, allo stesso tempo, l'orgoglio mondano di Giovanni Romei.
La sua ascesa sociale, in effetti, fu accellerata dal matrimonio.
Dopo le nozze fu nominato ambasciatore presso il papa, fattore generale del duca Borso e conte di Bergantino.
Aveva ottenuto quel che voleva. 

Invece di Polissena e della vita che condusse nel chiuso delle sue stanze, sullo sfondo delle scene preparate dal marito, non sappiamo niente.
Nessun cenno rimane nei documenti.
Possiamo solo immaginare che abbia compreso il messaggio delle Sibille.
E sperare che, nella sua appartata vita quotidiana, i suoi giorni e i suoi pensieri siano stati allietati dai fiori del giardino dipinto e dalle sue silenziose e leggiadre abitatrici.



Le vicende della sala, l’iconografia delle Sibille e la storia del restauro sono descritte  in Le Sibille di Casa Romei, Longo Editore Ravenna 1998.
Casa Romei è attualmente un museo statale. Per informazioni e orari di visita il link è questo







11 commenti:

  1. Che delicato il modo in cui ti/ci congedi da Polissena. E' evidente la tua preoccupazione per la sua sorte. Ennesimo post gentile e interessante, ricco di spunti ed immagini evocative. Grazie, cara. Buona giornata.:-)

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  2. Ti ho detto varie volte che trovo sorprendente che tu possa praticamente improvvisare un racconto su qualsiasi tema.Detto questo trovo che in questo post sia particolarmente delicata la maniera che hai di tratteggiare il personaggio di Polissena. Mi piacerebbe seguirla ancora, per questo penso di fare una visita a Casa Romei sperando che sia rimasta qualche sua flebile traccia.
    Un saluto
    Marco

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  3. Quali amare, pressoché obbligate data l'epoca, riflessioni sulla condizione femminile derivano da un contesto storico di grande cultura e di viva arte, che tu hai raffigurato con la tua consueta grazia!

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  4. Sei bravissima a raccontare con eleganza e dovizia di particolari l'ennesima e triste storia dell'immagine femminile. La docilità di Polissena, nelle mani sbagliate, l'ha condotta all'oblio. A meno che non si sia voluto far passare per docilità un'assenza di volontà e d'intelligenza.
    Un saluto

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  5. Vorrei dire che anch'io ammiro la tua capacità di raccontare ma , specialmente, la tua capacità di portarci a ammirare delle opere che altrimenti non avremmo mai considerato. Grazie a Polissena credo che sia venuta a tutti noi la voglia di vedere la casa Romei e la sua sala .
    Sara

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  6. della vera Polissena non sapremo mai nulla ma forse è meglio così, è più bello immaginarla docile e delicata come ce l'hai tratteggiata tu

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  7. Verrebbe da commentare che, rispetto a certe realtà di rapporti uomo-donna contemporanei non è cambiato molto. Ma meglio soffermarsi sulla bellezza dell'arte che non sull'imbarbarimento di certe situazioni.
    Bye&besos

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  8. A parte la consueta gradevolezza dell'occhiatina che ci fai dare in un altro tempo e nei suoi usi, contratti matrimoniali compresi , tanto moderni, penso che mi terrò a mente questi nomi (Polissena, Meliaduse , Borso!) nel caso mi venissero dei nipoti . :))

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  9. Avrei voluto anch'io fare un commento sui nomi ma sono stato preceduto da Vitamina.I nomi sono evocativi del periodo e della società raffinata e cortese degli Este.Una visita a casa Romei adesso si impone. Ciao
    Carlo

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  10. Chissà davvero quali pensieri e quali sentimenti ha accolto quella stanza. Mi piace immaginare Polissena come una donna, più che docile e delicata, soddisfatta e appagata della sua vita quieta e senza scosse.
    Saluti affettuosi
    (i nomi, ha ragione Vitamina, sono eccezionali, per me soprattutto Meliaduse)

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