A Bruxelles, nel 1444, nel favoloso palazzo di Coudenberg, allora in corso di rinnovamento, tra gli ospiti della corte di Borgogna, c'è un giovane italiano, appena adolescente.
È stato accolto molto bene e il Duca Filippo il Buono, generosamente, ha deciso di farlo educare insieme a suo figlio, Carlo il Temerario.
Con lui potrà impratichirsi nel mestiere delle armi e nelle sottili arti della diplomazia.
Per un ragazzo arrivare a Bruxelles, in uno dei palazzi di Filippo il Buono, è come entrare in uno di quei racconti di cavalieri che accendono la fantasia: la corte di Borgogna è famosa per il lusso, l'eleganza, l'amore per i tornei e per i banchetti, insomma, per la magnificenza che esibisce in ogni manifestazione.
Molte signorie italiane la considerano un modello inarrivabile.
Il ragazzo si chiama Francesco e, al momento del suo arrivo, ha, più o meno, quindici anni. Delle meraviglie della corte di Borgogna ha sicuramente sentito parlare a casa sua, alla corte degli Este.
È il figlio illegittimo del signore di Ferrara, Leonello (ne parlo qui) che lo ha inviato all'estero per sottrarlo ai maneggi e alle malevolenze della corte.
Anche Leonello è un figlio illegittimo ed è riuscito a succedere, nella signoria, al padre Niccolò.
Essere illegittimi nella Ferrara del Quattrocento è piuttosto frequente.
Niccolò III ha avuto numerosi figli naturali, sparsi per tutto il territorio ferrarese.
“Di qua e di là dal Po sono tutti figli di Niccolò“: afferma un detto popolare.
La leggenda gliene attribuisce ottocento, ma, più ragionevolmente– si fa per dire- gli storici hanno corretto il numero in trentanove.
La successione alla signoria, in questo modo è assicurata e per anni passa da un fratello all'altro.
La leggenda gliene attribuisce ottocento, ma, più ragionevolmente– si fa per dire- gli storici hanno corretto il numero in trentanove.
La successione alla signoria, in questo modo è assicurata e per anni passa da un fratello all'altro.
Più morigerato del padre Leonello ha avuto un solo figlio naturale, nato intorno al 1430, da una relazione con una dama di corte, nel periodo di vedovanza tra il primo e il secondo matrimonio: Francesco, appunto.
Il giovane Este si ambienta bene alla corte di Borgogna, tanto che lo si trova citato nei documenti, incaricato, ogni tanto, di qualche missione diplomatica.
Verso il 1460 viene ritratto da Rogier Van Der Weyden, artista già celebre e ben noto in Italia, dove gli Este sono stati tra i suoi primi collezionisti.
Il dipinto è a New York, Metropolitan Museum |
Francesco è effigiato di tre quarti su uno sfondo bianco avorio: l'abbigliamento non è sfarzoso o colorato come si usa abitualmente in Italia, dove Leonello d’Este, cambia la tinta dell'abito ogni giorno, secondo i consigli dell'astronomo di corte.
La veste indossata da Francesco è nera.
Il nero, adottato da Filippo il Buono, in lutto per la morte del padre, è diventato il colore di moda alla corte di Borgogna e il segno distintivo dell'eleganza "minimalista" e sobria della vera aristocrazia.
Il nero, adottato da Filippo il Buono, in lutto per la morte del padre, è diventato il colore di moda alla corte di Borgogna e il segno distintivo dell'eleganza "minimalista" e sobria della vera aristocrazia.
Dal collo e dalle maniche si intravede il bianco della camicia e- a mala pena visibile- una preziosa collana d'oro; al dito mignolo porta un anello.
Niente da eccepire: Francesco, raffinato e misurato, si è saputo trasformare in un vero gentiluomo borgognone.
Tra le dita stringe un altro anello. Questa volta non si tratta di un ornamento, ma di un simbolo: il gioiello può alludere alla vittoria in un torneo oppure a un pegno d'amore.
Fin qui tutto torna: un giovane gentiluomo elegante, un anello e, chissà, una promessa amorosa.
Ma c'è un elemento incongruo che attira l'attenzione: è il martello a coda di rondine che tiene tra le mani.
Ma c'è un elemento incongruo che attira l'attenzione: è il martello a coda di rondine che tiene tra le mani.
Per chiarirne il significato non resta che osservare meglio il quadro.
Nel verso- ben evidente su fondo nero- c’è lo stemma degli Este, sorretto da due linci.
Il cimiero che lo sovrasta è sormontato da un’altra lince, ma questa volta bendata.
La lince, simbolo di lungimiranza, è stata l'emblema di Niccolò d'Este.
Leonello, alla morte del padre, ha scelto di bendarla in segno di lutto e di adottarla come sua insegna personale.
La lince, simbolo di lungimiranza, è stata l'emblema di Niccolò d'Este.
Leonello, alla morte del padre, ha scelto di bendarla in segno di lutto e di adottarla come sua insegna personale.
C'è una scritta: v re tout (interpretata come v(ost)re tout: interamente vostro).
È una dedica: indica che il ritratto è un dono, un regalo d'amicizia o, più facilmente, d'amore da parte di Francesco.
Poi ci sono, ripetute due volte, le lettere m, e, (cioè m(archio) e(stensis), marchese d'Este) e, infine, il nome francisque (Francesco).
Poi ci sono, ripetute due volte, le lettere m, e, (cioè m(archio) e(stensis), marchese d'Este) e, infine, il nome francisque (Francesco).
Francesco, malgrado sia illegittimo, è pur sempre figlio del marchese Leonello d'Este.
Il riferimento al padre è evidente nel simbolo della lince bendata; mentre le lettere m(archio) e(stensis), ripetute due volte, alludono al rango paterno e al titolo, a cui Francesco sente di avere diritto.
Il riferimento al padre è evidente nel simbolo della lince bendata; mentre le lettere m(archio) e(stensis), ripetute due volte, alludono al rango paterno e al titolo, a cui Francesco sente di avere diritto.
Ed ecco, allora, che si spiega anche il martello.
Il martello, in italiano antico, è detto "marchio", la stessa parola usata per marchese.
Francesco lo tiene tra le mani in maniera ostentata e sembra, così, ribadire la legittimità della sua rivendicazione nobiliare, particolarmente importante in una corte attenta all'etichetta, come quella di Borgogna.
Il martello, in italiano antico, è detto "marchio", la stessa parola usata per marchese.
Francesco lo tiene tra le mani in maniera ostentata e sembra, così, ribadire la legittimità della sua rivendicazione nobiliare, particolarmente importante in una corte attenta all'etichetta, come quella di Borgogna.
In più, il martello è un antico simbolo di potere e di forza e, forse, allude a una sua carica civile o militare.
Tutto il dipinto rappresenta, dunque, la riaffermazione orgogliosa di uno status sociale.
È il ritratto di una persona che, donandolo a qualcuno a cui tiene, vuol confermare la nobiltà delle sue origini e del suo casato, malgrado la sua nascita illegittima.
È il ritratto di una persona che, donandolo a qualcuno a cui tiene, vuol confermare la nobiltà delle sue origini e del suo casato, malgrado la sua nascita illegittima.
Non sappiamo se il dono fosse accettato, né se il messaggio fosse compreso.
Le notizie d'archivio ci dicono solo che Francesco svolse ancora qualche missione diplomatica tra la Borgogna e l'Italia.
Rientrato definitivamente in patria, finì per diventare prete e vivere appartato, godendo dei benefici ecclesiastici che la sua carica gli consentiva, fino alla morte, nel 1482.
Le notizie d'archivio ci dicono solo che Francesco svolse ancora qualche missione diplomatica tra la Borgogna e l'Italia.
Rientrato definitivamente in patria, finì per diventare prete e vivere appartato, godendo dei benefici ecclesiastici che la sua carica gli consentiva, fino alla morte, nel 1482.
A Ferrara, intanto, era diventato signore l'ultimo dei fratelli, un erede legittimo stavolta: Ercole I, figlio dell'ultima moglie di Niccolò III.
Gli Este erano riusciti a conquistare il traguardo nobiliare più ambito: il titolo di Duca.
La corte estense, ormai, era pronta a rivaleggiare, per splendore, con quella di Borgogna.
La ricostruzione tornerebbe, ma c'è un dettaglio, per cui non riesco a trovare una spiegazione.
È come se mi fosse rimasto da collocare il pezzo di un puzzle o non riuscissi a terminare uno di quei giochi della Settimana Enigmistica che amo tanto.
Perché il martello che Francesco tiene tra le mani è a coda di rondine? Perché proprio questo tipo di martello?
È uno strumento troppo specifico per essere solo un simbolo. Che cosa può significare?
È un dubbio che lascio aperto. Qualcuno, forse, la soluzione la sa.
È un dubbio che lascio aperto. Qualcuno, forse, la soluzione la sa.
Le notizie su Francesco d'Este, sull'araldica estense e sul simbolo del martello sono in M.Torboli, Un Rinascimento singolare, cat.della mostra, 2004 pp.95-97.