sabato 4 febbraio 2012

Le "Très riches heures du Duc de Berry": Febbraio




“Il primo paesaggio innevato della storia della pittura(Erwin Panofsky)


Secondo mese dell’anno, seconda miniatura del calendario delle "Très riches heures du duc de Berry”.
Basta lasciarsi andare alla suggestione dell'immagine, creata dai fratelli de Limbourg, per entrare  in una sorta di macchina del tempo e ritrovarsi, sei secoli fa, nell'inverrno del 1414. 


Il mese di gennaio si era aperto con una scena di vita di corte, all’interno del palazzo del Duca di Berry, al caldo del fuoco del camino e con una tavola imbandita per un banchetto.
Febbraio inizia all’esterno, con una scena di vita contadina.

Nella lunetta con il carro del sole Febbraio è individuato dai segni astrologici dell’Aquario e dei Pesci, mentre, nei semicerchi concentrici, sono indicate le fasi lunari e la diversa lunghezza dei giorni.

Guardare la miniatura è come aprire la finestra su un gelido paesaggio invernale.
Siamo nel nord della Francia, nel pieno di un inverno rigido, con un cielo cupo e una luce pallida e glaciale.
I colori sono spenti e quasi annegati nel biancore della neve, una neve candida e soffice che ricopre tutto.


Nonostante il freddo, l'attività non ha soste: c'è chi, al limitare di un bosco spoglio, taglia i rami degli alberi.

E c'è chi, lasciando pesanti impronte sulla neve, trasporta, su un asino, le merci destinate al villaggio sullo sfondo.




Nel podere recintato in primo piano c’è tutto quello che serve per lottare contro i rigori dell’inverno, perfino qualche chicco di grano, sparso per terra per nutrire gli uccelli affamati.

I quattro alveari servono per il miele, il dolcificante più diffuso, e per la cera delle candele
La torre cilindrica è una colombaia ed è un segno di ricchezza: i colombi, allora, erano preziosi non solo per la carne, ma, soprattutto, per il concime. Il loro numero era rigidamente regolamentato e proporzionato all'estensione del terreno.

Nell'ovile sono racchiuse le pecore, gli animali più facili da allevare: pascolano nei terreni più poveri e, oltre alla carne e il latte, forniscono anche la lana.
Le ruote di un carro, alcune fascine di legna e qualche botte riempiono lo spazio dell'aia.

A destra, in primo piano, un contadino infreddolito, coperto da un mantello di lana, soffia sulle mani intirizzite dal gelo e si affretta a trovare un rifugio.


Nella casa di legno c'è un camino acceso con un bel fuoco, e c'è già chi si sta riscaldando, sollevandosi impudicamente gli indumenti.

Più decorosa  è la donna, con un elegante abito azzurro; sosta sulla soglia, con un cagnolino ai suoi piedi e distoglie lo sguardo imbarazzata. Il copricapo e  la morbida veste indicano che appartiene a una classe agiata.

La casa non è che un'unica stanza con un soffitto ribassato e un pavimento in terra battuta. Le pareti sono di legno, senza alcuna decorazione e con due finestre, piccole e strette, per non disperdere il calore.
Il letto sullo sfondo e gli abiti appesi fanno pensare a una famiglia benestante; i più poveri dormivano su giacigli arrangiati e non avevano, certo, abiti di ricambio.


Tutto fa supporre che sia la casa di un contadino agiato, che possiede animali e strumenti di lavoro e che, forse, vive su un terreno concesso in cambio dell'affitto e di una parte della produzione.

I dettagli precisi e accurati (le orme sulla neve, il fiato addensato del contadino, il tetto dell'ovile) danno l’impressione di un’adesione perfetta alla realtà.
È vero, ma non del tutto, perché questa è solo una faccia della medaglia. Quella che è raffigurata è sì la vita di un contadino, ma  come piaceva immaginarla al committente del manoscritto, il duca di Berry.
Nel mondo  della miniatura, l'inverno non fa paura: non c'è fame, né miseria o malattia. Eppure siamo nel pieno della guerra dei Cento anni e, fuori della protezione delle mura dei castelli o delle fortezze, carestie, violenze e saccheggi, fanno pare del quotidiano.
Ma il duca, come i signori del tempo, non ama soffermarsi sulle brutture della vita.

Gli artisti sono al suo servizio per offrirgli la raffigurazione di  una realtà edulcorata, una specie di favola.
L'ambiente rustico e la spudoratezza dei contadini servono ad esaltare, per contrasto, la raffinatezza della vita di corte.
Il calendario, del resto, era fatto per essere mostrato agli ospiti e per esibire la magnificenza del duca e la  ricchezza dei suoi possedimenti.
La vita vera è un'altra cosa: quella doveva restarne fuori.
L'evasione, anche allora, era un lusso.
Tutto doveva essere pulito, sereno e armonioso nel mondo perfetto della miniatura.






17 commenti:

  1. Nelle tue ultime tre righe c'è l'arte della conoscenza, quella che sa discernere fra rappresentazione e realtà.
    Grazie per queste "chicche", un abbraccio.

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  2. Non è cambiata di molto la percezione della realtà che hanno i ricchi. Forse l'unica differenza è che quelli di oggi sono meno ARistocratici e più ARroganti

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    1. Gli aristocratici di un tempo erano di una arroganza che noi oggi, per nostra fortuna, non ci possiamo nemmeno immaginare. A me viene sempre in mente un esempio per tutti: i cani dei Visconti che, qui a Milano, erano lasciati liberi di andare dovunque volessero e guai a chiunque, trovandoseli in casa ad arraffare cibo dal proprio piatto, avesse osato anche solo scacciarli a male parole. Non rimpiangiamo i "bei tempi andati": la sola immagine che ne abbiamo è quella predisposta dai potenti.

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  3. Guardo la neve di Bologna e mi immergo con l'immaginazione nella neve di tanti secoli fa.Sempre belle le "tue"pagine di calendario !
    Ciao
    Marco

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  4. Se posso rivolgermi a dede senza essere redarguito :), potrei aggiungere che di ricchi, oggi, non ne conosciamo più. Abbiamo una messe di arricchiti e questo spiega, almeno in parte, perché essi siano, nella grande maggioranza, ARroganti e niente affatto ARistocratici.
    Bello il calendario, Grazia, le figure poste sopra i giorni del mese, nei calendari della mia infanzia, mi hanno sempre fatto sognare. Come questa. Erano calendari, quelli che ricordo io, con paesaggi fotografici di mari, pianure e montagne. Foto e giorni. nemmeno la marca di una ditta, niente. Era un'epoca, quella degli anni 60 e 70, in cui il tempo non aveva ancora bisogno di uno sponsor.
    Baci
    CST

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  5. Hai reso un'altra magistrale lezione di storia e di arte, anche se mi verrebbe da dire che qualcosa forse é sfuggito all'occhiuta censura del Duca. In ogni caso hai portato l'occhio del lettore a vedere aspetti di civiltà materiale che, anche quando riportati, di solito sfuggono.

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  6. e su tutto la volta azzurra, come oggi...

    Aspettavo la seconda pagina del calendario. Grazie per questa interessante lettura, carissima.

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  7. Grazie a tutti per i commenti.
    E' vero che i miniatori, i fratelli de Limbourg, con il loro calendario hanno saputo creare quello che il committente chiedeva loro: un mondo perfetto. Il Duca du Berry, figlio minore del re, voleva fare della sua corte un esempio di "magnificenza"e sostituire l'assenza di un potere reale col potere immaginativo dell'arte. La civiltà dell'immagine ha radici antiche e mi piace sempre trovarne le tracce, in un secolo che per me è fondamentale per lo sviluppo della civiltà europea: il Quattrocento. Niente a vedere, comunque, - avete ragione- con l'arroganza odierna dei nuovi ricchi.

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  8. Sono sempre affascinata da questo azzurro meraviglioso!! Lo avevo già notato nella tua presentazione di gennaio. Come facevano a produrlo???

    Bellissimo leggere questo post. Quante cose sai??!!

    A presto
    Cinzia

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    1. Il colore azzurro "oltremare" era ricavato dal lapislazzuli, una pietra semi preziosa importata dall'oriente: era carissimo ed era considerato il più prezioso. Dava come risultato un un azzurro straordinario e resistente. E' questo che viene usato in gran parte del manoscritto, soprattutto nelle vesti e nelle lunette con i segni astrologici: il committente, il duca di Berry, non badava a spese.Probabilmente, in questa miniatura, per il cielo innevato del paesaggio è stata usata, invece l'azzurrite, un colore meno caro, ottenuto dalla macerazione di una pianta, che mescolato col bianco, dà questo effetto di cielo invernale.

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    2. Conosco bene il lapislazuli, una pietra bellissima. E se ricordo bene, la usava spesso anche Vermeer che è uno dei miei pittori preferiti.
      Ma in queste miniature l'azzurro mi sembra ancora più bello che nei quadri di Vermeer...

      Grazie mille per le spiegazioni. Ora vado a farmi una ricerchina sull'azzurrite che, visto che è ricavata da una pianta, mi incuriosisce ancora di più

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  9. Mi piace l'idea di usare un calendario del Quattrocento come una macchina del tempo per riportarci all'indietro e vedere da una finestra la vita quotidiana di tanti anni fa. Anche allora bisognava nascere dalla parte giusta e questo anche ora non è molto cambiato.
    Un saluto
    Anna

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  10. Quante cose interessanti può racchiudere anche una miniatura! Tu, nostra meravigliosa Virgilio, ci conduci per mano a scoprirle tutte, segnalando come situazioni ed atteggiamenti del passato siano ancora oggi fortemente attuali.
    Bye&besos domenicali.

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  11. Ciao Grazia! E' una meraviglia passare qui da te. Non finirò mai di ringraziarti e di ammirare i tuoi post.

    Un abbraccio

    Nou

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  12. Le ultime tue riflessioni sono verissime e danno malinconia. Difficile, per noi, immaginare quanto dura e terribile potesse essere la vita di un contadino a quei tempi, nel bel mezzo di un gelido inverno.
    Ma è così bello sognare un po' osservando nei particolari questa miniatura e perdersi in quel cielo livido e nel nitore della neve.
    Saluti affettuosi

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