domenica 8 luglio 2012

Da Raffaello a Stalin: il "San Giorgio" e il lungo viaggio del drago





A San Pietroburgo, ribattezzata all'epoca Leningrado, nella fredda primavera del 1930, al Museo dell’Ermitage accadono strane cose. Di notte, in gran segreto, una misteriosa squadra di facchini entra nelle sale, impacchetta e porta via alcuni dei quadri più belli.
Al mattino, i vuoti lasciati sulle pareti vengono riempiti con i dipinti del magazzino.
Nessuno osa indagare: i funzionari del museo che protestano, spariscono.
Sono stati trasferiti”: è la spiegazione ufficiale.
Dopodiché, il silenzio. È chiaro che tutta l’operazione è stata organizzata in alto, molto in alto.
Tra i quadri scomparsi c'è uno dei gioielli del Museo, il San Giorgio e il drago di Raffaello.



Non è la prima volta che il dipinto viaggia: è abituato a cambiare proprietari e paesi.

Se il tragitto che ha percorso fosse un film, si aprirebbe su un paesaggio di colline, con un grande palazzo sullo sfondo.
Siamo a Urbino, nell’aprile del 1506: Guidobaldo da Montefeltro, signore del piccolo ducato, è un uomo indeciso, malaticcio, notoriamente impotente, che non ha ereditato nemmeno una briciola dell’energia del padre, il grande Federico. Gli si attribuisce una grande passione per il lusso e l'etichetta. I suoi più grandi successi sono stati il matrimonio con la brillante Eleonora Gonzaga e la sua ammissione all’Ordine cavalleresco più esclusivo e ambito d’Europa: quello della Giarrettiera.
Per ottenerlo ha utilizzato la parentela della moglie con il potente papa Giulio II.
In cambio della prestigiosa decorazione, ha promesso al sovrano inglese, Enrico VII, di aiutarlo a districarsi nei meandri della Curia Pontificia e di usare, a suo favore, tutta la sua influenza.
Così, nel corso di una grande cerimonia a Roma, un incaricato del re gli ha allacciato alla gamba sinistra, appena sotto il ginocchio, la preziosa giarrettiera blu ricamata col famoso motto “Honni soit qui mal y pense”.

Come dono di ringraziamento Guidobaldo ha commissionato a un giovane, ma già famoso pittore di Urbino, Raffaello Sanzio, un piccolo dipinto con San Giorgio e il drago. Il soggetto è stato scelto accuratamente: San Giorgio non è solo il protettore dei cavalieri della Giarrettiera, ma è anche il patrono d'Inghilterra.
Raffaello lavora per settimane e, alla fine, consegna un capolavoro, in cui il cavaliere, la principessa, il drago e il paesaggio dello sfondo si legano in un equilibrio perfetto. In più, è riuscito a rendere ben visibile l'onorificenza sulla gamba del Santo cavaliere.


Un omaggio raffinato, una piccola scheggia di Rinascimento italiano offerta al re d’Inghilterra.

Secondo atto: l'inquadratura cambia e si apre sul verde paesaggio della campagna inglese. Il dipinto è stato consegnato al sovrano con gran pompa ma, poco dopo, è passato nell'aristocratica dimora dei duchi di Pembroke.
Lì è rimasto fino al 1627, quando il raffinato e colto re Carlo I, colpito dalla grazia e dalla bellezza del quadro, lo ha richiesto in dono e lo ha portato a corte. Carlo è un collezionista accanito e, per la sua passione, ha dilapidato una fortuna (ne ho parlato QUI). È lui che ha messo a segno un colpo da maestro, acquistando in blocco una delle raccolte europee più prestigiose, la Galleria dei Gonzaga di Mantova.
Il piccolo Raffaello, nel palazzo reale è in buona compagnia, tra capolavori italiani e stranieri.
Potrebbe restare lì e, invece, il viaggio termina nel sangue.
Le spese dissennate di Carlo gli hanno alienato la popolazione, l'opposizione politica prende vigore e la situazione degenera fino alla guerra civile. Il re finirà per essere decapitato e le sue collezioni disperse e vendute.

Al San Giorgio con il suo drago non resta che ricominciare a viaggiare.

Il terzo atto si svolge all'interno della sontuosa casa parigina di Pierre Crozat, dove il san Giorgio approda, grazie a un acquisto, nel 1712. Crozat non è un nobile, ma un borghese, la cui famiglia ha accumulato ricchezza, grazie a malversazioni e corruzioni. Ora vuole cancellare il  passato, sfruttando la sua passione per l’arte. Il san Giorgio, appartenuto a re e a principi, sembra fatto apposta per conferirgli un'aura aristocratica: lo ha appeso, al posto d’onore, nel suo Cabinet, dove si incontrano gli artisti e gli intenditori d’arte di tutta Europa.
Grazie a lui, il piccolo dipinto diventa un quadro alla moda.

Duchi, papi, re, ricchi collezionisti: in questa storia c'è di tutto. Manca solo un grande intellettuale, ma  eccolo apparire a un altro cambio di scena.

Alla morte di Crozart, salta fuori niente di meno che il fondatore dell’"Enciclopedie", Denis Diderot, nel ruolo di consigliere per gli acquisti d’arte della zarina di tutte le Russie, Caterina.
Grazie al prestigio e all’impegno di Diderot Caterina riesce a acquistare tutta la quadreria di Crozat, compreso il san Giorgio, e a farla arrivare, dopo un estenuante tragitto in nave, a San Pietroburgo.
Le diciassette casse, piene di dipinti provenienti da Parigi, arrivano sulle rive della Neva poco prima dell'alba.
Sotto lo sguardo ammirato di Caterina, che nutre una vera e propria venerazione per Raffaello, il San Giorgio viene trasportato all’Ermitage, in quella che doveva essere la sua ultima destinazione.

Invece, nella misteriosa notte del 1930, cambierà tutto.

L'ordine di quel trasferimento è venuto davvero dall'alto.
È l'indiscusso capo della Russia sovietica, Stalin in persona, che ha deciso di vendere di nascosto i capolavori dell'Ermitage: i gioielli di famiglia, o meglio del popolo, in cambio di valuta pregiata.
Ha varato da poco il piano economico quinquennale, la riorganizzazione industriale e agricola del paese. Per questo ha bisogno di soldi, molti soldi e il San Giorgio e il drago di Raffaello vale una fortuna.

Resta solo da scoprire chi sia il misterioso acquirente, arrivato fino a Stalin, attraverso una rete di mercanti d'arte e collezionisti capaci di mantenere il segreto.
Potrebbe essere una banca, oppure un museo. Invece, no.
È il più spregiudicato e astuto dei capitalisti: un americano, addirittura il Segretario del Tesoro, un uomo che si è fatto da solo e che si è arricchito con tutti i mezzi. Si chiama Andrew W.Mellon ed è un collezionista dei più arroganti e determinati.
Stalin vuole soldi e lui vuole il Raffaello: in fondo non sono che affari. L'accordo si trova in fretta: sei milioni e cinquecentomila dollari americani si riversano nelle casse esauste della Repubblica sovietica.


Il dipinto cambia, così, definitivamente di scena.
Diventerà, insieme ai quadri della collezione Mellon, il nucleo fondamentale della National Gallery di Washington.
Stalin, col denaro ricevuto, farà aprire una fabbrica di carrarmati.

Il piccolo quadro, capolavoro di uno dei più grandi artisti del Rinascimento, legato all'aristocratico Ordine della Giarrettiera, orgoglio di re e di zarine, valore riconosciuto da comunisti e capitalisti, ha finalmente terminato il suo viaggio.
Forse.



Tutte le vicende del dipinto sono ripercorse nel libro di J.Pitman, Sulle tracce del drago, Longanesi 2006.

24 commenti:

  1. Mi sembra una storia davvero emblematica di molti capolavori dell'arte che prima che essere considerati opere d'ingegno sono visti solo come merce, anche se di prestigio e spesso oggetto di ostinata, quasi folle ossessione da parte dei collezionisti.
    Una storia a mio parere con un lieto fine, però: almeno adesso questo Raffaello è in un museo pubblico e non nella cassaforte di qualche potentissimo e ricchissimo collezionista.
    Saluti!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sì il mercato dell'arte e il collezionismo ci restituiscono un aspetto diverso della storia dei capolavori, considerati, come merce- è vero- comunque protagonisti di storie e di vicende a volte appassionanti.In questo caso, come ti dici, la fine è lieta, ma spesso non è così:

      Elimina
    2. Mmm... vero Duck, fortunatamente non sta nella cassaforte di qualche collezionista (che magari in casa agli amici fa vedere un poster eheh), però è anche vero che molte opere d'arte che oggi ammiriamo nei musei sono nate proprio perché qualcuno le ha commissionate per il proprio godimento personale... e fino all'invenzione dei musei non a tutti era dato vederle...

      Elimina
  2. A proposito di URSS, guarda cosa ho trovato :

    http://www.marxists.org/archive/trotsky/photo/t1918a.jpg

    p.s.
    Grazie per questo racconto!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie, grazie! Quella che hai trovato è un'immagine che vale un romanzo o, almeno, un post : l recupero dell'iconografia tradizionale dei santi in chiave rivoluzionaria. Pensiamoci...

      Elimina
  3. Che storia! Una cavalcata a rotta di collo attraverso paesi e secoli, con la possibilità di far germinare altre storie e altri racconti. Complimenti!
    Marco

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Tantissimi racconti perchè io mi sono limitata all'essenziele delle tappe percorse dal dipinto. Ma ogni sosta del viaggio, comprese quelle intermedie, richiederebbe un post a parte.

      Elimina
  4. Un quadro che è servito come ringraziamento per l'ordine della giarrettiera, poi per elevare la posizione sociale di un borghese, quindi per impreziosire la collezione di una zarina ed infine per costruire carrarmati. Questo quadro, come si suol dire, ne ha fatte più di Berta in Francia...
    :)

    Bellissimo racconto. grazie davvero!
    Un abbraccione

    RispondiElimina
    Risposte
    1. È vero: a volte ci sono dei dipinti in cui si addensa la storia. Questo è uno. Di altri parlerò mano a mano: sono le storie che mi piacciono di più!

      Elimina
  5. Dai committenti agli speculatori i tempi cambiano.
    Fortunatamente, loro, i quadri e le opere in genere, superano, con la loro eternità, le miserie di ogni tempo.
    Bye&besos di buona domenica

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ahimè, Nela, con gli speculatori e col mercato dell'arte abbiamo ancora molto a che fare. È vero che i capolavori superano tutto. E per fortuna!

      Elimina
  6. Mi sembra di ricordare la storia della vendita da parte dei sovietici a Mellon. Di sicuro non conoscevo la lunga storia pregressa del pregevole dipinto. Nè, tantomeno, avrei saputo esprimermi in merito con tanta competenza di ordine estetico.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. La vendita Stalin- Mellon l'ho scoperta da poco e ci sarebbe davvero tanto da raccontare. Questo di Raffello non è che la "punta dell'iceberg". Tutta la storia è appassionantissima: la sto ancora studiando!

      Elimina
  7. Bel articolo interessante e ben scritto come sempre.
    Chi s'interessa delle collezioni di Carlo I, può leggere la loro storia ricordata da Francis Haskell nel suo libro l'Amateur d'art - mi dispiace non conosco il titolo inglese.
    Grazie per il suo blog.
    Geneviève Lambert

    RispondiElimina
    Risposte
    1. La figura di Carlo I come collezionista e come committente (basta pensare ai rapporti con Rubens e van Dyck) è veramente straordinaria. Hai ragione: per chiunque si interessi alla storia del collezionismo e del mecenatismo i libri di Haskell sono fondamentali. A me il suo "Mecenati e pittori" ha aperto un mondo.
      Grazie a te per leggermi e a presto

      Elimina
  8. Altro imperdibile tassello di un puzzle che mi auguro non si completerà mai! Grazie

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Dici bene: è proprio come un puzzle e, come dicevo, sono queste le storie che mi piacciono. Chissà se è davvero finita.

      Elimina
  9. È sempre un piacere leggerti. Riesci a scovare storie a me sconosciute e le rendi così appassionanti...
    Grazie.
    Rosa

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie tante, Rosa. Scrivo le storie che divertono anche me, che trovo leggendo qua e là e che mi colpiscono. Aspetto, ora, di leggere le tue. A presto

      Elimina
  10. Saluti cari Grazia!! I tuoi post sono sempre così interessanti e trovo bello conoscsere la storia che c'è in un quadro, al di là di ciò che rappresenta. È come se fossero ... vivi....
    Un abbraccio
    Cinzia

    RispondiElimina
    Risposte
    1. È proprio come dici, Cinzia: le storie di questi dipinti li rendono vivi, appassionanti e sono un modo per farceli amare di più.

      Elimina
  11. mi sa che quando voglio leggere un giallo passo qui:)

    RispondiElimina
  12. E se lo dici tu, che di gialli sei uno specialista...!

    RispondiElimina
  13. chissà che Monti o il prossimo presidente del Consiglo o capo dello stato non tamponi la crisi economica facendo sparire dagli Uffici qualche piccola opera. ... il problema oggi è a chi venderla. Magari alla Cina per il nuovo museo della cultura del mondo che potrebbero costruire accanto alla città proibita. Suggeriamo per risanare le nostre finanze?

    RispondiElimina