giovedì 27 settembre 2012

T.A. Steinlen, "Le Chat noir": nel segno del gatto





"Dio fece il gatto perché l'uomo potesse avere il piacere di coccolare la tigre" (Robertson Davies)



Theophile-Alexandre Steinlen, nel 1881, ha ventidue anni, quando arriva dalla Svizzera per stabilirsi a Montmartre: è un sognatore, anticonformista e anarchico, sensibile ai problemi sociali e pacifista convinto.

Disegnatore e incisore abilissimo, gira, in cerca di ispirazione, per le vie del quartiere e rappresenta, nel suo taccuino, tutto quello che vede. 
Vuol fare l'artista e gli piace quel mondo un po' bohémien, dove si possono incontrare poeti o pittori e parlare, dovunque, d'arte, di filosofia o di politica.
Tutta quella animazione, quella gente che passa, gli dà l'idea della libertà.
E lui vuole sentirsi libero.

Sarà per questo che nutre una passione sfegatata per i gatti.
Scatenati e vitali, glorificati, come sono, dalle poesie di Baudelaire, gli sembra che incarnino la sua stessa voglia di indipendenza e di autonomia.
Sulla collina di Montmarte, una zona ancora campagnola, con giardini e spazi incolti, i gatti dovevano essere davvero parecchi ad attraversare le strade scoscese, sfiorare i passanti, sonnecchiare sulle sedie, oppure sfrecciare indifferenti tra la gente.
Steinlen non si stanca mai di osservarli e di dipingerli.
Domestici o randagi, addormentati o pronti all'agguato, eleganti o spelacchiati, teneri o prepotenti, poco importa: li ama tutti.
La sua casa diventa un rifugio per i più malandati: nel quartiere la chiamano "le coin des chats, l'angolo dei gatti". 
E lui lo hanno soprannominato il re,"le roi des chats".

Sul tetto, sempre di vedetta, staziona il preferito, Nègre, un gattone nero, sempre attento a non perdere i suoi privilegi e a rimettere a posto chi sgarra.
In casa- si lamenta la moglie- è lui il vero padrone.


I gatti invadono anche le sue opere.

Spuntano dappertutto: nei disegni, nelle illustrazioni dei giornali e dei libri.

Diventano protagonisti dei manifesti pubblicitari che gli danno da vivere e dove fanno compagnia alla figlia Colette, la sua modella preferita.





Sono i soggetti delle sue sculture, oppure, si scatenano, come gioiose silhouettes, nelle sue litografie.

L’incontro con Rodolphe Salis, “cabarettista e gentiluomo”, come si definisce, anche lui svizzero e gattofilo convinto, ha l’inevitabilità del destino.
Salis, proprio nel 1881, ha avuto l’idea di arredare due stanze, con lunghe panche, oggetti bric-à-brac e tende nere e di vendervi vino aromatizzato ai chiodi di garofano e assenzio.

Ci ha messo un pianoforte e ha invitato i membri di un’associazione di poeti. Vuole attirare gli artisti e lasciare fuori- dice lui- "les infames curés et les militaires"
L'atmosfera che vi si respira è un po' folle, tra umor nero, contestazione e satira.

Sarà un successo: riuscirà a fare del suo locale,  insieme, un'osteria, un cabaret e un caffé letterario e arriverà a pubblicare perfino una rivista.
I clienti aumentano a vista d’occhio, tanto che deve traslocare in un edificio a tre piani, ai piedi della collina: diventerà il luogo di ritrovo più famoso della Parigi di fine secolo.
Canzoni, poesie, dipinti, tutto quello che si crea a Montmartre, nasce ai tavolini affollati del suo caffè.
Lì passano davvero tutti, per trascorrere notti intere, tra bicchieri d'assenzio e  fumo di sigari: pittori come Tolouse Loutrec o Degas, un attore e chansonnier come Aristide Bruant, poeti e scrittori da Verlaine a Jules Laforgue, un caricaturista come Caran d'Hache, ma anche musicisti come Satie o Debussy... 
Tutti si sentono a loro agio, pronti allo scherzo e alle battute piu caustiche.


"Chat noir” è il nome del caffè.
L’insegna è un gigantesco gatto nero. 
Nero come Nègre, nero come la pece: una sfida al malocchio, ai luoghi comuni e alla superstizione.
Steinlen- c'era da giurarlo- è sempre lì.
È lui che esegue gli affreschi con "L'Apoteosi dei felini", che ornano le pareti del caffè.
Ma, soprattutto, è lui a idearne il manifesto pubblicitario.
Riprendendo lo stile semplificato e a grandi macchie di colori di Toulouse Lautrec,  crea un'immagine straordinaria, che riassume tutto lo spirito del locale. Questa:


Su uno fondo dorato, domina la sagoma scura di un gatto, dal pelo ispido e dai grandi occhi gialli. Dietro la testa un'aureola lo trasforma in un'animale sacro, a metà strada tra l'idolo egizio e l'icona bizantina.

La scritta "Montjoye, Montmartre" ricorda che il quartiere è soprattutto un luogo di piacere.

Enigmatico e beffardo, affonda gli artigli nel rosso del basamento, su cui spicca la coda elegantemente arricciata.

Nero, rosso giallo: la gamma delle tinte è ridotta, per limitare i costi di stampa, ma è anche  possibile che il rosso e il nero alludano ai colori dell' anarchia.







È un'immagine, destinata a diventare famosa e a essere riprodotta migliaia di volte. 
Un capolavoro nato "sotto il segno del gatto". 
Salis lo ha scelto  come patrono del suo caffé.
Steinlen  ha saputo restituirne l'aspetto, familiare ed estraneo, giocoso e indipendente, tenero e feroce.

Ci voleva lui, "le roi de chats", per arrivare a cogliere, come meglio non si potrebbe, l’essenza, misteriosa e irridente, della felinità.




 
 
 
La mostra " Autour du Chat noir à Montmartre" è al Musée de Montmartre, 12-13, Rue Cortot dal 13 settembre 2012 al 13 gennaio 2013.

38 commenti:

  1. Attendevo questo post da quando ti ho sentita parlarne sul sito della Rai.
    Chi meglio di me può goderselo? Gattara convinta da sempre, per sempre vittima consenziente e felice del fascino omicida di queste piccole tigri.
    Leggendo il tuo post mi sono ricordata del meraviglioso e un po' folle museo del gatto ad Amsterdam, la casa privata di un gattofilo sfrenato che, alla sua morte, ha lasciato l'edificio al comune a patto che se ne facesse un museo dedicato ai gatti - il signore era un collezionista raffinato di locandine, cartoline, poster, quadri, oggetti tutti a soggetto "gatto" - e che nel giardino e in casa si ospitassero e si nutrissero tutti i gatti randagi che fossero capitati di lì.
    Per le stanze ricordo decine di gatti, sui divani, sulle poltrone, sulle sedie, mollemente sdraiati sul pavimento (ne ricordo uno, bellissimo, sul pianoforte, illuminato da un raggio di sole). Un'atmosfera incantata e surreale: io e la Spia - se possibile, più gattaro di me - ci abbiam passato delle ore!
    Saluti!

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    1. Ma che meraviglia che deve essere il museo del gatto! Per due felici conviventi, come voi, con due incantevoli e vanitose feline deve essere stato un incanto.
      Saluti!

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  2. Aspettavo un tuo post sui gatti dopo avere visto la tua intervista. Ed ora è arrivato delizioso come sempre. Non sapevo che quel manifesto tanto conosciuto non fosse di Tolouse Lautrec ma di un artista gattofilo come quello di cui parli. Grazie anche a nome del mio gatto
    Un saluto
    Anna

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    1. Neanch'io conoscevo Steinlen, prima di aver visto il catalogo della mostra attualmente a Montmartre. E ti assicuro che, non solo per i gatti, è un artista che vale la pena di conoscere.

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  3. fino al 13 gennaio 2013? mio nipote in questi mesi lavora a Parigi e sento già una irrefrenabile nostalgia.....

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    1. Se vai a Parigi, fai un fischio! Ricordati che Bruxelles è a un'ora appena di treno.

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  4. Splendido post Grazia!! E la citazione di Davies mi piace tantissimo.

    Non credo che avrò modo di andare a Parigi prossimamente, purtroppo. Ma tu compensi alla grande. Grazie mille!

    Serena giornata
    Cinzia

    p.s. ora vado a cercare l'intervista... ;))

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    1. Anche per me la citazione di Davies è straordinaria e definisce al meglio il fascino di questi nostri piccoli compagni di strada.

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  5. Come sarebbe bello se esistessero ancora locali come quello!!!
    Splendido post!
    Un abbraccio

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    1. Forse locali in cui ci si puo' sentire liberi esistono ancora. Basta cercarli tra quelli che non siano alla moda e non compaiano sui giornali. Certo che il fascino e la libertà della Montmartre di fine ottocento è irrecuperabile: oramai le serate si passano al cinema o alla televisione, non certo a fare conversazione, tanto meno sui gatti :-)
      Un abbraccio

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  6. Ah, quindi parli anche alla Rai?! Non sono affatto una gattara ma questo post è splendido ed educativo. Conoscevo l’immagine ma non conoscevo la storia.
    Grazie!

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    1. Non parlo proprio alla Rai: è il portale Arte di Rai Educational e, nella sezione di Arte nel Web, hanno inserito anche il mio blog.
      Quanto all'illustraione del gatto nero, in molti la si conosceva senza saperne l'autore. Per questo mi ha incuriosito il personaggio di Steinlen, come tutti gli artisti capaci, di un unico grande capolavoro.
      Grazie a te!

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  7. All'insegna del gatto nero l'arte, la musica, la letteratura del '900. A mettere in giro certe voci sui parenti di Negre evidentemente sono i soliti oscurantisti... :)
    bacioni e GRAZIE per questo post

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    1. Gli oscurantisti che non apprezzano i gatti neri... Peccato per loro!

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    2. Grace, ti ho visto in TV! Magica!

      p.s.
      che occhiali trendy! :)))

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    3. Grazie da parte mia e degli occhiali :-)

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  8. Mia cara,ancora una volta mi hai consolata e conquistata. Una strofinatina a mo' di ringraziamento felino anche dalla mia coinquilina A-gata che da 7 anni condivide il mio trono di regina della casa (altrimenti tutta maschile) con ripetuti tentativi di spodestarmi.
    Per me il gatto è rimedio e cura, è maestro e padrone: continua a ricordare, senza fare rumore, con la sua elegante signorilità che c'è un tempo per ogni cosa e che si riesce a mantenere la propria dignità ed indipenedenza, in tutte le situazioni.
    a presto!

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    1. Ringrazio Agata e la sua coinquilina per aver apprezzato il mio post.Fin da piccola, invece, io sono cresciuta tra i cani e con i gatti nutro un rapporto di fascinazione, accresciuta dalla distanza.
      Se ne avessi uno, mi piacerebbe comunque nero, come quello di Steinlen :-)
      A presto

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  9. Sarò anche ripetitiva, però adoro le tue storie. Bisognerebbe raccoglierle in un libro. O forse lo stai già facendo?

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    1. Grazie Silvia! Per ora nessun libro in vista: temo che sarebbe per me troppo impegnativo e toglierebbe qualcosa alla spontaneità del blog. E, poi, per dire la verità nessuno me l'ha proposto :-)

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    2. Be', intanto parli alla Rai! Io me lo vado a cercare, però se mi dai il link della tua intervista faccio prima! :-)

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    3. Ah Silvia, ma con questa richiesta- come direbbe Benigni- mi inviti a nozze.
      Non è, comunque, la Rai (televisione) ma il portale Arte di Rai educational. Ad ogni modo ecco il link:

      http://www.arte.rai.it/articoli/i-quadri-che-raccontano-le-storie-senza-dedica/16790/default.aspx


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    4. Vista! Potrei rimanere ad ascoltarti per ore. Ecco, sì, in effetti ci sarebbe un'idea migliore del libro: un programma televisivo! L'ho già detto e lo ripeto: ah, se la storia dell'arte venisse insegnata così!

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    5. Silvia, vuoi fami da manager ? :-)

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    6. Ah, non so neanche fare la manager di me stessa! :-)

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  10. Conoscevo solo il caffè "Chat Noir". Di nome. Post travolgente! Parigi é sempre interessante, ma in quel periodo di sicuro lo era ancora di più.

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    1. Davvero, Adriano, la Parigi di fine secolo doveva essere un mondo in continua ebollizione di idee. E lo "Chat noir" era un catalizzatore. Possiamo ormai solo immaginarla...

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  11. Onore al gatto, certo che avrei voluto vivere in quel periodo e frequentare quel luogo, doveva essere molto interessante.

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  12. Anche a me piacciono le tue storie e ora posso dire che mi piace anche come le racconti di persona. Ti ho visto sui Rai Educational e ho visto che sei spontanea di fronte alla telecamera come di persona. Complimenti vivissimi!!
    Di Steinlen, il pittore dei gatti, conoscevo solo le litografie ma senza conoscere nulla della sua attività di grafico e di gattofilo e mi sembra un personaggio di grande interesse.
    Ciao
    Marco

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    1. Grazie Marco, anche se nell'intervista non ero proprio di fronte alle telecamere: è avvenuta via Skype ed ero seduta nella cucina di casa mia; Forse per questo sono apparsa tanto spontanea :-)
      Sull'opera di Steilen hai perfettamente ragione : ci sono tutti i suoi disegni e le stampe contro la guerra che varrebbe la pena di approfondire. Forse lo faro' in un prossimo post.

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  13. Gran bella storia ... i gatti sono sempre dove c'è la vera arte. Anzi, sono già arte loro stessi.

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    1. Si' i gatti sono arte in se" stessi. ma anche i cani:pensa solo a Lump ilo bassotto di Picasso di cui ho parlato anche qua. E' che gli animali a volte sono più intelligenti e creativi degli umani: basterebbe "ascoltarli".

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  14. a casa mangiano 15 gatti, come non essere contento della storia da parte loro?

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  15. Come posso fare per trovare il tuo indirizzo e-mail?

    Grazie!
    Cinzia

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    1. Cinzia, scrivimi all'indirizzo del blog: graago@hotmail.be
      A presto!

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  16. Pochi sono a conoscenza che la collezione Minici Zotti di Padova, possiede il Teatro per le ombre e una grande collezione di ombre in zinco, per il teatro itinerante de lo Chat Noir.
    E poi amo molto la mia gattina Semetta.....

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