sabato 1 ottobre 2011

J.R. Boronali, "Tramonto sull'Adriatico" ovvero colpi di coda





Al Salon des Indépendants del 1910, nella sala 22, alla fine del percorso, è esposto un dipinto: "Coucher de soleil sur l'Adriatique, Tramonto sull'Adriatico". 
Il  titolo fa il verso alle "Impressioni al levar del sole" di Monet che, ventotto anni prima, hanno dato il nome all'impressionismo.



Un tramonto fiammeggiante con nubi rosse e arancione su un mare azzurro, realizzato con rapidi tocchi. Colori vivaci, in cui sembra dissolversi la linea dell'orizzonte.

Le reazioni sono state contrastanti.
C'è chi ha apprezzato e vi ha visto l'influenza di van Gogh o di certi paesaggi di Emil Nolde. E c'è chi è rimasto sconcertato e perplesso per una tela così astratta. Ma tutti si sono chiesti chi sia lo sconosciuto pittore che si è firmato J.R.Boronali e che è capace di simili sicuri colpi di pennello.
Il dipinto ha destato, comunque, una gran curiosità.

Eppure gli appassionati d'arte contemporanea di sorprese, negli ultimi cinque anni, ne hanno avute parecchie: dall'esposizione dei dipinti del gruppo dei fauves (le belve) capitanati da Henri Matisse a quella delle Demoiselles d'Avignon di Picasso, che hanno definitivamente scardinato il modo tradizionale di far pittura.

Ma, nella foga dei colori di Boronali, c'è qualcosa che colpisce e i commenti sono stati molti.
Si dice che il poeta Guillaume Apollinaire, uno che gli artisti li frequenta spesso, di fronte al quadro, abbia esclamato: "C'est un aimable plaisanterie, è un piacevole scherzo".
Traccia preziosa, come si vedrà.

A ogni buon conto, per saperne di più, conviene seguirlo a Montmartre, in un locale, dove va spesso a recitare i suoi poemi e dove gli artisti si ritrovano tutti, perché lì fanno credito.
"Le lapin agile"si chiama.

È uno strano quartiere Montmartre. In basso c'è vita, negozi, cabarets e locali notturni di dubbia fama. Sulla collina, invece, sembra un villaggio di campagna: case basse con giardinetti, nessun palazzo, poca gente.
"Le lapin agile", da quelle parti, lo conoscono bene.

Il proprietario, Fréderic Gerard detto père Frédé, è un'istituzione.
Gira vendendo frutta e verdura di stagione con il suo asinello, Lolo, a cui è legatissimo. Gli piace scherzare e cantare canzoni sentimentali ed è noto per offrire pasti gratis, in cambio di una poesia o di un dipinto.

Basta questo per attirare i molti artisti che vivono nel quartiere.






Anche il nome bizzarro del locale fa la sua parte. È un gioco di parole che nasce dall'insegna di un coniglio (un lapin) dipinta da un caricaturista all'epoca molto famoso, André Gill. Si è fatto presto, allora, a creare il nome di "Lapin à Gill" (il coniglio di Gill) e a trasformarlo, poi, in "Lapin agile".
Ormai quel nome è conosciuto da tutti.

Il locale si anima, soprattutto sul tardi, quando arrivano gli attori usciti dai teatri, i giornalisti del turno di notte o i pittori che hano finito di lavorare nei loro ateliers.

L'interno è scuro, fumoso, i tavoli affollati.






Lì si ritrova un gruppo di giornalisti e scrittori con a capo un giovane elegante e, di certo, più ricco  degli altri frequentatori.
Roland Dorgelès si chiama, ha ventiquattro anni e ha appena finito l'accademia di Belle Arti; fa il giornalista, ma ha l'ambizione di diventare scrittore.

Nel suo gruppo sono tutti "tradizionalisti". Non amano le avanguardie, né Matisse, né, soprattutto, Picasso e i suoi amici; "la bande à Picasso", li definiscono.
Il loro è un chiodo fisso. Dicono che sono arroganti e incapaci di dipingere, che fanno quadri dove non si capisce nulla e che chiunque potrebbe fare. E qualcuno si spinge ad affermare  che sono la rovina dell'arte.

E lì Boronali lo conoscono.
In effetti, sul giornale satirico "Il fantasio" è uscito, il primo d'aprile, un articolo a firma Joachim Raphael Borolani di Genova, col manifesto di un movimento artistico, di cui  si dichiara fondatore, l'Eccessivismo.
"Devastiamo i musei assurdi, prendiamo a calci le abitudini infami. Viva lo scarlatto, la porpora e le gemme corrusche ...":così comincia.
Una parodia evidente del "Manifesto del futurismo" di Tommaso Marinetti, apparso l'anno prima sul "Figaro".

A questo punto gli elementi per capire li abbiamo  davvero tutti.
E scopriamo che tutto è uno scherzo  e che la chiave è nella firma.

Il nome del pittore, Borolani, è un anagramma.
Sta per Aliboron, un termine, comunemente usato, in francese, per indicare l'asino, dal nome del protagonista di una celebre favola di La Fontaine.

La cosa incredibile (ma vera) è  che anche la tela è un gioco.
È stato Roland Dorgelès che, insieme ai suoi amici tradizionalisti, l'ha preparata e l'ha fatta completare niente di meno che  da Lolo, l'asinello di Père Frédré.
Sì, l'asino in persona (si fa per dire) l'ha dipinta, con un pennello attaccato alla coda, dopo una dieta di carote e foglie di tabacco per aiutare l'ispirazione.
La firma, dunque, è ineccepibile: si riferisce, davvero, all'autore.


È lo stesso Dorgelès che ha scritto l'articolo sul "Fantasio" e che svelerà la burla al giornale "Le Matin", con tanto di fotografia di Lolo che dipinge.

Farà sensazione, ovviamente, ed è quello che vuole.

L'argomento verrà usato per anni e dappertutto.



"La coda dell'asino" si intitolerà la prima mostra, a Mosca, nel 1912, di due pittori, Mickhail Larinov e Natasha Goncharova, che  oppongono alle avanguardie francesi il loro primitivismo" sano", derivato dall'arte popolare russa.
Lo scherzo verrà rievocato, strumentalmente, dai detrattori nazisti dell'"arte degenerata" o dai fautori sovietici del realismo socialista.

Roland Dorgelès diventerà un eroe nella prima guerra mondiale e uno scrittore premiato ed eletto nell'Accademia Goncourt.
Lolo continuerà a fare, pazientemente, il suo mestiere di asino: non dipingerà più.

E il dipinto? Finirà per essere acquistato e nemmeno male: 400 franchi dell'epoca, circa 1.200 euro. 
Ora, debitamente incorniciato, è conservato in un museo di provincia, l'"Espace Culturel Paul Bédu" a Milly-la- Forêt.
Piccolo, ma pur sempre un museo.

Morale: mai dire" quello è il dipinto di un asino".
Potrebbe essere proprio così e tutt'altro che da disprezzare.









16 commenti:

  1. Ciao Grazia! Anche se non sei più con me, io rimango e leggo sempre con immenso piacere i tuoi avvincenti post, un bacione.
    Lecoq

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  2. Ma che bella questa storia! Dissacrante, ironica, leggera, mi ha messo di buon umore. Evviva Lolo!

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  3. Tutt'altro da disprezzare!!!
    Mentre scorrevo le prime righe pensavo che io, nata sull'Adriatico, non avevo mai visto il mare assomigliare a quel dipinto: è troppo caldo. Forse dalla parte croata sarà così-ho pensato- con poca convinzione. Perché l'autore [:))] abbia pensato a quei colori così caldi e profondi, bisogna trovarsi sul ramo più meridionale del delta del Po, in un tramonto di fine Agosto quando il rosso e il blù di mescolano nel corso d'acqua dolce nuetralizzando tutti gli altri cromatismi, per vedere tanto splendore. Che bella storia, sembra una favola!

    Un abbraccio
    Nou

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  4. che bella storia! anche io ho un po' di appunti da riordinare su Montmartre, ma prima ci sono le cose importanti e il resto deve per forza aspettare. chissà fino a quando.

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  5. Inediti, non solo parigini, scritti da te con la consueta maestria.

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  6. Assolutamente fantastico! Altrochè "eleganza del riccio", qui siamo di fronte a "la bellezza dell'asino"! Chissà se Castellitto quando ha scelto il titolo del suo dissacrante film conosceva questa storia deliziosa!

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  7. Bel racconto e quel che più conta ben raccontato con garbo e ironia.Potrebbe essere un'idea raccontare anche altre burle celebri magari antecedenti o posteriori perchè secondo me ci sarebbe da divertirsi.Ciao
    Marco

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  8. Come vorrei entrare in quella fotografia in bianco e nero da autunno perenne e trascorrere qualche momento al Lapin agile!
    CST

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  9. Scherzi, risentimenti , incomprensioni. invidie, perfino i nazisti e una Parigi lontanissima nel tempo ...

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  10. È vero: è una bella storia quella dell'asino- pittore in una Parigi lontana, come dice Vitamina, ma allo stesso tempo vicinissima.Come sempre dove si mescolano ironia, dissacrazione ma anche rivalità artistiche e storia.Quanto a quello che dice Marco: per le burle antecedenti posso cercare, per quelle successive,invece, soprattutto nell'ambiente straordinario del movimento Dada, bisognerebbe chiedere alla mia amica di blog Paola Delfina che ha scritto un bellissimo libro su Duchamp.Comunque per me quella di Boronali è stata una scoperta che mi sono divertita a leggere e a raccontare.

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  11. Sai che lo trovo di mio gusto? In ogni caso mi ero chiesta, prima di leggere il tuo simpaticissimo post, come mai il sole cadesse così lontano dall'orizzonte...
    Bacioni e buon weekend

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  12. Beh, come dice qui Giacynta anch'io trovo che l'asino non era male come pittore anche se resto col dubbio di come ha fatto a scegliere i colori !
    Il post è spassosissimo e rende l'idea della Parigi anni' 10.
    Carlo

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  13. Divertentissimo ed istruttivo. Mi ha fatto tornare in mente un aneddoto che mi raccontò il mio maestro di composizione.
    Nell'elegante salotto a casa di ****** , alcuni musicisti discutevano sulla musica seriale integrale e sui nuovi orizzonti che essa stava aprendo nel panorama della creatività musicale. Ad un certo punto uno di loro propose l'ascolto di una nuova composizione e chiese il permesso di andare nell'altra stanza, dove si trovava un bel pianoforte, per poterla eseguire, ma chiese anche di rimanere di là da solo affinchè gli altri non potessero vedere lo spartito e provassero ad indovinare chi era il compositore. Quando tornò ci fu un applauso ed iniziò una accesa discussione su chi fosse l'autore dell'opera. Dopo un po' di tempo il musicista che aveva proposto l'indovinello disse: Aspettate, non accapigliatevi, vi presenterò il compositore in persona.
    Uscì e rientrò insieme al gatto della padrona di casa.
    Un abbraccione!

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  14. Anche a me l' asino pittore sembra molto ispirato, anche se certamente, come tu dici, ha solo completato il dipinto che nella sua base doveva essere già stato preparato. Ad ogni modo gli ha dato vita e brio: complimenti a Lolo !!!!!!
    Bella anche la storia del gatto-musicista, vuol dire che quando ci si mettono gli animali sono artisti meglio di altri
    Anna

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