giovedì 7 giugno 2012

Le "Très riches heures du Duc de Berry": Giugno






Il tempo, che passa troppo velocemente e i tanti difficili momenti di questo periodo, mi avevano fatto dimenticare di staccare, come faccio ogni mese quest'anno, il consueto foglio del calendario delle "Très riches heures du duc de Berry". Ma, ora, mi è venuta voglia di scoprire l'immagine del mese di giugno.
Ed eccola qui:




C'è un sottile legame, che unisce i mesi primaverili delle miniature dei fratelli di Limbourg e dei loro collaboratori. E non è un filo rosso, ma verde: il verde nuovo, che comincia timidamente ad apparire nei campi di marzo, quello caldo e brillante, che fa da sfondo alla coppia amorosa del mese di aprile e quello elegante delle vesti delle dame, che celebrano il mese di maggio.
Anche a giugno il verde è il colore dominante.

Come al solito, la scena è sormontata da una lunetta, dove sono raffigurati il carro dei sole e i segni del mese, Gemelli e Cancro, mentre, nei cerchi concentrici, sono indicate le fasi lunari e la durata dei giorni.

I nobili cavalieri e le belle principesse delle raffigurazioni precedenti cedono il passo ai contadini, intenti ai lavori stagionali.
Niente fidanzamenti aristocratici o cortei eleganti, stavolta il tema è quello della fienagione, con cinque contadini, donne e uomini, occupati nel lavoro dei campi. La minuzia della raffigurazione e l'attenzione al colore, al verde, è tale che si può distinguere l'erba tagliata e già quasi secca da quella, ancora da falciare, di una tinta più viva e più intensa.

È quasi estate, il sole batte forte e a poco valgono a proteggersi i cappelli o i copricapi improvvisati.
Gli uomini, con corte tuniche dai lembi rialzati e con i piedi nudi, falciano il fieno, formando dei solchi.
Delle due donne, una rastrella il fieno e l'altra lo dispone in covoni con un forcone. Sono i gesti tradizionali di un'attività tipicamente femminile, ripetuti fino all'avvento delle macchine, in tempi recenti. L'erba veniva sparpagliata con le mani o con i rastrelli sul campo, per essiccarla nelle ore centrali della giornata. La sera veniva radunata in mucchi regolari e paralleli, per evitare l'umidità della notte.
Gesti di dura fatica che sembrano diventare, qui, le movenze aggraziate di un balletto.


Siamo sulla riva sinistra della Senna ed è come se guardassimo dalla finestra dell' Hotel de Nesle, una delle proprietà del duca di Berry.
Dall'altra parte del fiume si stende la Parigi gotica, una vista inabituale per chi, come noi, ha negli occhi il profilo inconfondibile della città moderna. Domina su tutto la grande mole del Palais de la Cité, con- da destra a sinistra- il giardino, le torri, la "Grande salle" e, infine, la sagoma elegante della Sainte Chapelle.
Il Palais de la Cité, distrutto da un incendio nel 1871, era sede dell'amministrazione finanziaria e giudiziaria del re, e, dunque, il simbolo più evidente del potere dello stato sovrano.

Il committente del manoscritto, il duca di Berry, guardando dalle sue finestre, aveva di fronte, in qualche modo, l'emblema stesso dell'organizzazione della società dell'epoca, tutta basata sulla grande proprietà terriera. In basso, il popolo, rappresentato solo dai contadini, in alto, gli aristocratici e il re.

Il duca, fratello di Carlo V, aveva ammassato un'immensa fortuna ed era diventato uno degli uomini più ricchi di Francia, grazie all'opulenza delle sue terre, ma, soprattutto, alle gravosissime tasse che imponeva ai suoi sudditi. Grande collezionista e raccoglitore d'arte e di curiosità, aveva radunato, nelle sue dimore, un'infinita quantità di oggetti. Cammei, arazzi, gioielli, orologi, ma anche reliquie, come un'improbabile goccia del latte della Madonna, o presunti ricordi storici, come uno dei denti di Carlo Magno.

Manteneva un serraglio di animali esotici, mute di cani da caccia e falchi ben addestrati. Possedeva un guardaroba lussuoso con vesti intessute d'oro e di gemme; offriva banchetti e feste leggendarie, come quella raffigurata nel mese di gennaio. Pensava di passare alla posterità, grazie alla magnificenza della sua corte e delle sue fastose residenze, due a Parigi e ben diciassette nei suoi ducati di Auvergne e di Berry.
Non poteva immaginare che la grande epidemia di peste del 1416, insieme alla sua vita e a quella degli artisti al suo servizio, avrebbe spazzato via  i suoi progetti e le sue ambizioni. Anche i suoi castelli sarebbero stati distrutti o riedificati da altri.
Il suo nome, più che ai grandi edifici e alla fama della sua ricchezza, sarebbe rimasto legato a un piccolo libro di preghiere e al suo calendario miniato. Qui non ci sarebbe stata alcuna interruzione ma, dopo la morte dei fratelli de Limbourg, sarebbe stato ripreso da miniatori che ne avrebbero continuato lo stile.
E che ci avrebbero consegnato le immagini cristallizzate e senza tempo di un sogno, come questa scena, sospesa tra architetture fiabesche di castelli e lavori quotidiani dei campi, in un'assolata giornata di giugno.





Le parole in rosso sono link.
Ne aggiungo QUI uno al libro di Johan Huzinga L'autunno del Medioevo, di cui ho già parlatoche rimane per me fondamentale per capire la storia di quella parte d'Europa, tra Fiandre e Francia, che fa da sfondo alle "Très riches heures".

19 commenti:

  1. Che bello, Grazia! Bellissime le immagini e malinconica la conclusione della storia del Duca di Berry, ma non è sorprendente restare nella storia per un libretto delle meraviglie?

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    1. Forse è la cosa migliore che possa capitare, anche al Duca di Berry !

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  2. Siamo già al 7 giugno e mi chiedevo cosa ci avrebbe riservato il manoscritto per questo mese . Ormai sfogliare il calendario del duca è un appuntamento fisso
    Ciao
    Marco

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    1. Anche per me sta diventando un appuntamento fisso scrivere, ogni mese, una storia basata sulle immagini di un anno lontano, sei secoli fa...

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  3. Grazie per questa lettura, Grazia, e per questa serie delle "Très riches heures"... mi ha spinto a ritirare fuori dalla libreria il volume con le riproduzioni che avevo acquistato tanti (tantissimi!) anni fa a Parigi, e a ri-meravigliarmi della bellezza di queste miniature. L'arte che ci ricollega alla vita di uomini come noi nel passato, con le loro ricchezze e le loro perdite... forse solo lei può farlo? Grazie ancora, e ciao!

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    1. Grazie a te, Cristina, per leggermi e per condividere il fascino di immagini cosi' lontane eppure cosi' capaci ancora di emozionarci.

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  4. Le figure nella miniatura hanno un ritmo percepibile anche nella loro immobilità, merito dell'artista!
    Mi domandavo anche se il fatto che le donne stanno accumulando il dodicesimo mucchio avesse un senso.
    Grazie per questi splendidi post
    :)

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    1. Grazie a te! Non so davvero se il "dodicesimo" mucchio abbia un significato. Dodici sono i mesi dell'anno: forse è un richiamo al tempo che passa, alla precarietà della vita. O forse mi lascio suggestionare dall'idea della falce, attributo costante della morte. Non saprei. Certo che anche in questa scena, apparentemente tranquilla, può comparire un filo di malinconia

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  5. Affascinante, come non mai, la vista di quella Parigi gotica!

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    1. Affascinate e inconsueta, vero? Per me è stata una sorpresa!

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  6. Bellissima immagine! La cosa che mi piace di più è che le contadine sembrano aristocratiche !
    Ciao
    Sara

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    1. E' vero quello che dici: le contadine hanno l'eleganza e la grazia delle principesse. Temo pero' che ogni idea di solidarietà sociale fosse lontanissima dalla mentalità del Duca di Berry e degli artisti che lavorano per lui.

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  7. Mi piace sfogliare insieme a te questo calendario di sei secoli fa e scoprire come siamo lontani e allo stesso tempo vicini nei sentimenti basilari della vita
    Un saluto
    Anna

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    1. Per questo le opere d'arte, come queste miniature, sono immortali e senza tempo. Valide ora come allora.

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  8. ciao grazia, che meraviglia il tuo blog.. *.*
    questa miniatura in particolare, mi commuove per la semplicità con cui esprime tracce del ricordo pagano anche in piena cristianità..personaggi nobilissimi anche se contadini, tutti sempre legati al ciclo delle stagioni ed alla Ruota dell'Anno..e come tu descrivi il dipinto e racconti la storia, è assolutamente un punto di merito in più!
    sono contenta di aver trovato questo blog, ciao ciao :)

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    1. Sono contentissima anch'io che tu mi abbia trovata e ti ringrazio delle tue parole ! E' vero quello che dici del ciclo delle stagioni e della ruota dell'anno ed è quello che dà a queste miniature qualcosa in più: l'emozione di cogliervi la precarietà della vita.

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  9. C'è una strana consonanza tra le riflessioni che hai fatto a proposito degli oggetti che avrebbero reso memorabile il Duca di Berry e il passo di Bradbury tratto da "Faherenheit 451"...

    Un abbraccio

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  10. E' vero ed è il passo che sono andata ora a rileggermi nel tuo bellissimo post su Bradbury: "Ognuno deve lasciare qualcosa dietro quando muore: un bimbo, o un libro, o un quadro o una casa..". Il Duca di Berry ha lasciato i suo manoscritto e non è poco...Mi piacciono queste consonanze tra quello che scriviamo e che può sembrare apparentemente lontanissimo; Ti ringrazio per avermele comunicate
    Un abbraccio

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  11. A parte notare in apertura la mancanza di tempo che ci accomuna, spero che i momenti difficili stiano passando. Non potremmo restare senza questo magnifico calendario.
    Nela San ringrazia e sono sicura lo faccia anche il Duca. (chissà se ti legge via Ipad?)
    Bye&besos di inizio settimana

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