domenica 1 marzo 2015

I Mesi degli Arazzi Trivulzio: marzo




Siamo già al primo del mese ed è l'ora di vedere cosa ci riserva Marzo nel ciclo di arazzi, commissionati agli inizi del Cinquecento a Milano dall'allora governatore della città, Gian Giacomo Trivulzio e oggi conservati al Castello Sforzesco. 
Marzo è il Mese che apre la serie. 
Come in altre altre parti d’Italia anche a Milano l'anno comincia il 25 del mese, vale a dire il giorno dell’Annunciazione, nove mesi esatti prima di Natale. 


Nel grande arazzo (cm 466x490), tessuto con fili di lana e di seta tra il 1504 e il 1509 nell'arazzeria di Vigevano, sotto la guida di Benedetto da Milano e sulla base di un cartone di Bartolomeo Suardi detto il Bramantino (1465 ca-1530), la scena è inquadrata da una cornice in cui si ripetono gli stemmi dei Trivulzio e delle nobili famiglie ad essi imparentate. 
In alto, al centro, tra il Sole e il segno zodiacale dell’Ariete, domina il grande stemma dei Trivulzio, inquadrato dai rami di un albero e sorretto da due soldati con armature all'antica che alludono sia al mestiere delle armi, esercitato con abilità e spregiudicatezza dal committente degli arazzi, sia al dio Marte protettore del mese. 
In basso, davanti al piedistallo, un’iscrizione in latino  descrive le caratteristiche del mese  “Annum  inchoat resolvitur/terra omnia unde germinavit/homines, pecora, pisces, aves /agitque amore martius:  Marzo inizia l’anno, la terra è risarcita di tutto quello che ha germogliato e accende di desiderio gli uomini, gli animali, i pesci e gli  uccelli ”.

Marzo è rappresentato come un giovane vestito con una tunica rossa, con i piedi nudi e la testa adornata da una ghirlanda di foglie.
In una mano tiene una lunga stecca con cui indica il sole e nell'altra, invece, un picchio verde, l’uccello tradizionalmente legato alla rappresentazione di Marte, il dio della guerra, da cui trae il nome. 
Se si guarda da vicino si può vedere che dalle pieghe della tunica, all'altezza del busto, spuntano- sorprendentemente- delle piccole facce, che ai più colti possono ricordare le mammelle dell’arcaica Diana Efesia, e che, forse rappresentano anch'esse un simbolo del rinnovamento e della fecondità della natura. 
Sullo sfondo di imponenti edifici e di una campagna ancora invernale che degrada verso le montagne, sono raffigurati i lavori agricoli del mese, incentrati sulla coltivazione degli alberi da frutta.
A sinistra è raffigurata la potatura, mentre, a destra, è rappresentata la pratica dell’innesto su un ciliegio. 
In basso, ancora a sinistra, alcuni contadini, con asce e badili, lavorano intorno a un ceppo; a destra, invece, vangano la terra. 

Bramantino sfoggia qui tutto il suo gusto per gli arditi scorci prospettici, per i giochi intellettuali e per gli enigmi, con cui sfida l’intelligenza degli spettatori. 
Non bastassero le faccine che spuntano dalla tunica di Marzo, inserisce, al suolo, accanto a una borraccia e a una zucca, un erpice capovolto, i cui denti metallici formano una strana decorazione. 
Proprio  fronte al piedistallo raffigura, poi, quattro volti con le gote gonfie che spuntano dal terreno come bizzarri fiori. 
Una strana apparizione, non c'è che dire. 
Basta, però, un po' di pazienza (e una buona bibliografia) per riconoscere  in quelle quattro facce nient'altro che il simbolo della rosa dei venti e per metterle in relazione con il mese di Marzo, legato- secondo la tradizione- a Eolo e alla mutevolezza dell'aria (ne ho parlato qui).

Robusti contadini al lavoro nei campi, guerrieri, stemmi nobiliari, apparizioni misteriose e riferimenti all'antichità classica: il repertorio è completo. 
Il committente può dirsi soddisfatto all'idea che, nell'affollata e enigmatica scena che dà inizio alla serie, non compaia nessuna eco della turbolenta realtà esterna e che, nei colori vivi dell'arazzo, la difficoltà della vita quotidiana si stemperi nei contorni astratti di un'immagine senza tempo.







Un approfondimento delle vicende e dell'iconografia degli arazzi è in G.Agosti e J. Stoppa, I mesi del Bramantino, ed.Officina Libraria 2012


17 commenti:

  1. Se posso permettermi, è di gran lunga più bello il tuo commento dell'arazzo...

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  2. Un arazzo complicato e confuso come il mese che inizia. Buon marzo e buona primavera!!!!!
    Ciao
    Marco

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  3. Meno male che ci sei tu a spiegarci i simboli!
    Anna

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    1. Anch'io ho durato fatica. Ma ho trovato la guida del buon libro che ho consigliato alla fine del post.

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  4. I quattro volti inseriti nel suolo in basso sono un po' inquietanti, ma posso sorvolare. Quando vedo queste cose, per un'appassionata ricamatrice come ero un tempo, penso sempre all'enorme difficoltà affrontata per fare questo tipo di raffigurazioni su arazzi.

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    1. Tessere arazzi era un lavoro lungo e faticoso che durava anche anni. Gli uomini lavoravano in piedi al telaio e credo si dovessero finire gli occhi per riportare tutti i dettagli previsti da Bramantino.

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  5. Però dai, anche allora erano in pochissimi a capire tutta quella erudita simbologia!

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    1. Sicuramente tra quei pochi non c'erano i poveri arazzieri che dovevano tessere senza nemmeno sapere cosa stavano facendo!

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  6. Senza la tua guida mi sarei persa :)

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    1. Anch'io ho durato fatica a uscire dal labirinto dell'arazzo.Per fortuna c'é una buona bibliografia!

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  7. E' sempre un piacere leggerti! Grazie a te e al Bramantino ... E buon mese di Marzo.

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  8. Credo che ormai ci hai abituati alla straordinarietà
    attenta che sarà difficile farci tornare a storielle normali.
    Ciao.

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  9. Grazie per averci aiutati a "tradurre" anche questo arazzo!
    Devo dirti che da quando ti leggo, anche se riesco a farlo molto saltuaraiamente, mi viene da fare più attenzione ai dettagli dei quadri che mi capita di osservare. Poi capirne la simbologia è un altro paio di maniche ma intanto sono un po' meno distratta ed è già qualcosa. Anzi, è molto!

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  10. Grazie per averci aiutati a "tradurre" anche questo arazzo!
    Devo dirti che da quando ti leggo, anche se riesco a farlo molto saltuaraiamente, mi viene da fare più attenzione ai dettagli dei quadri che mi capita di osservare. Poi capirne la simbologia è un altro paio di maniche ma intanto sono un po' meno distratta ed è già qualcosa. Anzi, è molto!

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