lunedì 13 giugno 2011

I capelli di Leonello d'Este.




Nel 1441 nel palazzo dei marchesi di Ferrara si svolse una competizione che fu celebrata a lungo, in prosa e in poesia.
Per sei mesi due pittori famosi, Jacopo Bellini e Pisanello, si impegnarono, a gara, per ritrarre un giovane trentaquattrenne, destinato a diventare di lì a poco, il signore della città: Leonello d'Este.
Vinse il ritratto di Jacopo Bellini, ma finì per andar perduto. 
Sopravvisse, invece, quello di Pisanello.
Eccolo:


Leonello indossa una elegantissima veste color granata, decorata da palmette, da cui si intravede la camicia bianca e una sopravveste con grandi bottoni d'argento.
Alle sue spalle c'è un nastro intrecciato: forse un'allusione ai lacci o ai nodi d'amore. All'amore alludono anche le rose selvatiche sullo sfondo.
La pettinatura è molto curata, del tipo detto "a scutella", con i capelli tagliati a ciocche che seguono l'andamento della testa e della nuca.
Secondo la moda, arrivata da poco dalla Francia, la fronte è rasata e il biondo è aiutato con qualche schiarente.

Ci si può chiedere perché si desse tanta importanza a questo ritratto, occupando, per sei mesi, i due ritrattisti più noti d'Italia.

È che allora non era in gioco soltanto la vanità di Leonello: la gara rappresentava un passaggio decisivo nella messa a punto di una strategia pubblicitaria.
Gli Este si vantavano di essere una delle più nobili famiglie italiane, ma non erano né una potenza militare né finanziaria.
Il piccolo marchesato, schiacciato tra lo Stato della Chiesa e la Repubblica di Venezia, era strategicamente importante, ma non ricco. 
Il suo territorio era paludoso e inadatto all'agricoltura; i maggiori introiti venivano dai dazi delle merci in transito. Insomma non poteva contare su molte risorse e aveva bisogno di visibilità.
Perchè anche la visibilità è una risorsa economica.
Oggi lo sappiamo bene, ma era vero anche allora: trovare un posto nel firmamento delle dinastie europee significava concludere proficui accordi commerciali, acquisire alleanze politiche e militari e riuscire, perfino, a realizzare buoni matrimoni, utilissimi per aumentare la propria influenza.

Per non essere confusi tra signorotti qualsiasi di provincia occorreva distinguersi con una gestione del potere, basata sulla "magnificenza".
Era necessario competere con il fasto delle corti europee, arrivare a imporre la moda e raggiungere una fama di preziosa raffinatezza.
Oggi siamo nella civiltà dell’immagine, ma nemmeno allora era un’epoca di understatment: il culto delle apparenze dominava la società delle corti.
Leonello lo sapeva bene. 
Colto, educato nelle armi e nelle lettere, incarnava un nuovo modello di principe. Parlava benissimo il latino ed era  un intenditore d'arte, tra i primi a collezionare la pittura fiamminga e capace di richiamare a Ferrara artisti del calibro di Leon Battista Alberti e Piero della Francesca.
Nel suo palazzo di Belfiore si era fatto costruire uno studiolo (ne ho parlato qui), dove conservare la sua biblioteca ed esibire la sua cultura: un luogo  diventato un modello per tutti i signori italiani.
La fama della sua cortesia e della sua eleganza veniva diffusa, ad arte, dai letterati di corte.
La ricchezza e i colori degli abiti, suggeriti dall'astrologo personale, la  maestria e la grazia nei complicati passi di danza, la capacità di affrontare con garbo sottili disquisizioni letterarie: tutto era propagandato con metodi da campagna pubblicitaria.

Leonello aveva compreso benissimo l'importanza della sua immagine.
E vi aveva investito risorse e inventiva. 
Era stato uno dei primi ad approfittare di un nuovo prodotto artistico creato, proprio a Ferrara, da Pisanello, un gadget diremmo oggi, diventato subito di gran successo in tutte le corti italiane: la medaglia celebrativa con il ritratto in profilo del signore  nel diritto e un emblema araldico nel rovescio.
Un oggetto piccolo, raffinato, simile nell'aspetto alle monete classiche. 
La tecnica di esecuzione, non era, però, il conio, ma la fusione, come per le sculture. E questo comportava la realizzazione di un numero tanto più limitato quanto più ambito, di esemplari.
Le medaglie divennero, da subito, un dono raffinato, da far circolare e da regalare alle persone giuste, alle più influenti.
Un modo discreto per farsi conoscere, gratificante anche per chi lo riceveva.
Per usare al meglio questo strumento era necessario trovare un elemento che caratterizzasse le fattezze di Leonello e lo rendesse immediatamente identificabile.


Il suo ritratto - per funzionare- doveva essere riconoscibile, tanto da diventare un "marchio" per propagandare gli Este e Ferrara.
La competizione del 1441 era stata il  primo test di prova.
Nel ritratto di Pisanello si nota, immediatamente, un dettaglio che colpisce: è l'acconciatura accurata con le ciocche, trattate una a una; i capelli, insomma.
Ed è su questo che si decise di puntare.
Saranno proprio capelli a spiccare in tutt'e sei le medaglie eseguite da Pisanello e -accentuati e messi in evidenza- ad assicurare la riconoscibilità di Leonello.
In questa, per esempio:

La folta capigliatura "leonina" alludeva alla simbologia positiva che il leone, il più nobile degli animali, incarnava fin dal medioevo: il cuor di leone era l'attributo tipico dei cavalieri più coraggiosi. 
E, soprattutto, rimandava al nome di Leonello, che non era quello di un santo, ma di un eroe cortese, un protagonista dei racconti di cavalleria, "les chansons de geste", diffusi e noti in tutta Europa.
Il "marchio" era pronto.
Vi si potevano condensare allusioni, suggestioni, simboli: Leonello, leone, cavalleria, coraggio, eleganza, munificenza.



La civiltà dell'immagine avanzava irresistibilmente







13 commenti:

  1. Affascinante questa storia.
    La civiltà dell'immagine avanzava; la gestione della propria immagine diventava strategia politica, proprio come oggi. Ma con quanta maggiore eleganza e garbo e raffinatezza, rispetto ad oggi, queste operazioni disinvolte e anche un po' spregiudicate venivano fatte. E con quali risultati di alto valore artistico, ora patrimonio di inestimabile valore, e di tutti.

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  2. La differenza tra i vecchi ed i nuovi cultori dell'immagine è nella raffinatezza, nell'eleganza, nel mistero. I pensieri e i sentimenti generati dalle odierne "rappresentazioni" sono assai prosaici. Certo, la bellissima definizione di Longhi che hai riportato nel post su Cosmè Tura ( "un'umanità di smalto e di avorio e con giunture di cristalli".) difficilmente potrebbe essere applicata alle attuali icone del mondo della politica, della cultura, dello spettacolo.
    Un bacio e buona giornata.

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  3. Grazie ancora una volta di queste tue perle d'arte e di sapienza storica e iconologica. Sei insuperabile, e mi fornisci sempre spunti eccezionali. Copio e incollo:-)

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  4. Grazie per queste perle, a me ha sempre affascinato la ricerca sull'immagine, ma ancora di più la distinzione (o più spesso la scissione) fra apparenza e sostanza, poichè esiste un'immagine non percepibile con i cinque sensi che sottende a quella più manifesta. Questo è il motivo per cui tante "immagini" pubbliche sono coltivate attraverso i media, ma troppo spesso servono a nascondere un gran vuoto, per cui alla fin fine ne resta solo la figura, come una facciata di cartongesso in un set cinematografico, dietro la quale ci sono solo pali rinsecchiti.
    Un forte abbraccio!

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  5. Sì, quella era vera grazia, anzi, grande arte, e gli Este vi hanno proseguito a lungo su quella strada. Non conoscevo questo possente esordio della casata.

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  6. Affascinante e tutto sommato non mi stupisce che tutto questo sia avvenuto a Ferrara presso gli Este. La loro presenza ha lasciato luoghi e palazzi di un'eleganza distinta e sobria. Vogliamo definirlo l'Understatement della Bassa Padana? In senso buono, intendo.
    Ora però sarebbe bello indagare chi era anche il Vidal Sassoon dell'epoca.
    O forse chiedo troppo? Bye&besos

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  7. Interessantissimo post, con le radici antiche della società dell'immagine. Vorrei sapere poi com'è finita con gli Este e con la loro storia.Se non sbaglio dopo Leonello c'è Borso e con lui le cose procedono. Grazie, come sempre
    M.

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  8. Affascinante storia di Leonello e dei suoi capelli. Dice bene Nela San : chi sarà stato il Vidal Sassoon dell'epoca e chi era l'astrologo che consigliava i vestiti a Leonello? Indaga, indaga.
    Anna

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  9. ''lezione'' interessantissima!
    un saluto

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  10. Imparo e mi diverto,Cosa voglio di più ? Ti ringrazio e anch'io mi stampo i tuoi post,che mi sembrano più chiari di molti testi di storia dell'arte.
    Sara

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  11. Il confronto con il passato ci rivela insospettabili affinità! Penso alla ritrattistica giulio claudia del museo dove lavoro, volti bellissimi, senza una ruga!

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  12. Grazie a tutti per i commenti; E' vero che la civiltà di adesso, dell'immagine, del look (tanto,per usare una parola abusata e inutile) ha dei precedenti in quel mondo straordinario di lusso e di fasto che furono le corti del Rinascimento.Ma non dimentichiamo che quelle produssero geni come Botticelli, Leonardo ( che pure era al servizio degli Sforza a Milano). E ora ?

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