sabato 25 aprile 2015

Lo sguardo di Fillide: la "Santa Caterina" di Caravaggio




Una delle prime cose che impressionano, quando si vede la "Santa Caterina" di Caravaggio, ora alla Fondazione Thyssen di Madrid, è lo sguardo della Santa.


Una grande tela (ben 173x133 cm): la Santa Caterina è inginocchiata su un cuscino rosso damascato e vestita con un abito di velluto nero e un  mantello di broccato blu, ravvivati da disegni d'oro e d'argento. 
Accanto, domina la grande ruota uncinata, strumento del suo martirio.

All'epoca del dipinto, Caravaggio (1571-1610) ha lasciato da poco quell'ambiente di malaffare, di piccoli commerci, di ragazzotti arroganti e pronti a usare la spada, in cui si è ritrovato, o, forse, ha scelto di vivere fin dal suo arrivo a Roma, poco più che ventenne.
Per mantenersi, ha cercato finora di adattarsi, accettando l'ospitalità di mecenati poco generosi, o lavorando per botteghe, di cui non condivide fino in fondo le scelte, ma ha sempre più voglia di seguire le sue idee e mettere alla prova il suo modo di fare pittura.
Ora, forse, ha trovato la sua occasione. 
Il potente cardinale Francesco Maria Del Monte gli ha comprato un dipinto con "I bari" (ora nel Museo di Fort Worth): gli piace il suo modo di dipingere e, probabilmente, gli piace anche quel giovane pittore insolente e povero in canna.
Da subito, gli offre ospitalità nel palazzo dove abita, di proprietà della famiglia Medici (palazzo Madama, ora sede del Senato) e lo "iscrive a rolo", cioè lo prende al suo servizio con vitto, alloggio e un salario mensile.
Il cardinale è un personaggi di spicco della Curia, rappresentante a Roma del Granduca di Toscana, accorto diplomatico, appassionato di musica, di teatro e d'arte e, tramite il fratello matematico e astronomo, in contatto anche con uno scienziato del calibro di Galileo Galilei.
Accettando la sua protezione, Caravaggio è convinto di potersi lasciare alle spalle le difficoltà del primo periodo romano e dei giorni, in cui "a mal termine si era ridotto, senza denari e pessimamente vestito", anche se non smette- da attaccabrighe qual è- di lasciarsi coinvolgere in liti e risse.
Quelli che passa al servizio di Francesco Maria Del Monte, dal 1597 al 1600, sono anni produttivi, in cui dipinge, senza risparmiarsi, tele, sacre e profane, che rimarranno nelle collezioni del cardinale e che  figureranno negli inventari redatti dopo la sua morte. 
La "Santa Caterina" è una di queste: un dipinto  eseguito finalmente per un committente che concorda con le sue idee e dove può sperimentare liberamente il suo nuovo modo di fare pittura.

Il soggetto, forse suggerito dallo stesso cardinale, all'epoca è assai diffuso, grazie alla notorietà della storia avventurosa e truculenta di santa Caterina d'Alessandria.
Bellissima figlia di un re egiziano, rifiuta, per la sua fede cristiana, di sposare l'imperatore Massenzio ed è costretta a difendersi, disputando con cinquanta dotti filosofi e uomini di scienza, ma riesce a convertili tutti. 
Imprigionata e lasciata morire di fame, viene nutrita miracolosamente da una colomba. Poi, condannata al martirio della, ruota si salva per intervento divino e, alla fine muore decapitata.
Da questo racconto, intricato e fantasioso, Caravaggio, in accordo con gli intenti del cardinale e della sua cerchia, cerca di recuperare l'essenzialità e la verità.
Nel suo dipinto, nessun elemento superfluo, nessun orpello, ma una pittura "al naturale", fatta di contrasti di luce e d'ombra e, come afferma uno dei suoi biografi, Giovanni Antonio Bellori, completamente rinnovata, tanto da essere "non, come prima, dolce e con poche tinte, ma tutta risentita di oscuri gagliardi".
Dal fondo nero emerge, in primo piano, la figura della Santa. 
La luce, insieme simbolica e reale, irrompe dalla destra, modella le forme e fa risaltare il candore della camicia ricamata, il broccato dell'abito o il sontuoso cuscino che alludono alle sue origini regali. 
Ancora la luce rivela, nella loro crudezza, gli strumenti del martirio, che diventano non più simboli ma oggetti reali, come la ruota dalle punte acuminate, dove appaiono tutte le venature del legno grezzo; si riflette, poi, sulla sottile aureola che cinge la testa della Santa e si sofferma sul bagliore della spada, o sulla palma del martirio, che, ormai secca, giace, a terra.

Qui non ci sono occhi levati al cielo o espressioni estatiche, solo uno sguardo acuto e concentrato che si posa su di noi: lo sguardo di una donna vera.
È così, perché il volto dall'ovale perfetto e i capelli arricciati sono quelli di Fillide Melandroni, una giovane prostituta che, di tanto in tanto, lavora come modella. 
Arrivata a Roma da Siena negli stessi anni di Caravaggio e più giovane di lui di una decina d'anni, all'epoca della tela, ha, più o meno, sedici anni (qui). 
Costretta dalla misera, esercita "il mestiere" da quando era  poco più di una bambina e solo recentemente è riuscita a trasferirsi dalla sordida locanda in cui viveva a un appartamento, dove tiene a servizio una domestica, grazie alla protezione di Ranuccio Tomassoni, uomo d'arme rissoso e violento. 
È lui, forse, che ha fatto da tramite tra Fillide e Caravaggio:  Roma è grande, ma nel rione di Campo Marzio, dove vivono tra vicoli umidi, osterie malfamate e palazzi signorili, finiscono per conoscersi tutti.
Caravaggio ha frequentato quel mondo e continuerà a frequentarlo, fino a quando, in una rissa, ucciderà proprio Tomassoni e sarà costretto a fuggire da Roma.

Per la sua "Santa Caterina" ha voluto dunque lo sguardo, a metà tra consapevolezza e paura, di una ragazzina abituata a subire oltraggi e prepotenze e che, come lui, conosce bene la difficoltà del vivere.
Grazie a Fillide, la Santa diventa, sotto il suo pennello, una giovane pallida e sbigottita, rivestita di lussuosi abiti troppo grandi per lei, che stringe, con dolcezza, tra le mani, la lama della spada arrossata del suo sangue. 
E le parole dell'antica leggenda riacquistano, così, intensità e umana verità.







La vita di Fillide Melandroni e l'ambiente in cui vive Caravaggio è stato ricostruito, su base documentaria, nel bel libro di Riccardo Bassani e Fiora Bellini, Caravaggio assassino. La vita di un Valenthuono fazioso nella Roma della Controriforma, ed. Donzelli 1994.


13 commenti:

  1. Grazie per questa bellissima e a attenta lettura del dipinto e della storia di Santa Caterina. Tenero il dettaglio delle colombe che la nutrono e interessante il concetto di santità espresso da Caravaggio. Mi sembra di capire che essenzialmente risieda nella capacità di sostenere ( un po' come lo sguardo ) fino in fondo le proprie positive convinzioni, non lasciandosi vincere dal male, dall'ignoranza e dalla violenza.

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    1. Infatti Giacinta é proprio in questa capacitá di subire il male, senza esserne vinti, che forse sta alla base dell'umano concetto di santitá di Caravaggio.
      Grazie anche di tutto quello che ci offri nel blog: é bello viaggiare con te tra libri, musica e vita.

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  2. Caravaggio era pittore fuori-dal-coro, se mi passi l'espressione e in questa particolare lettura che ne fai, dell'aver dipinto una donna vera, senza lasciarsi a debolezze e sguardi estatici, sta la sua forza che lo rende unico.

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    1. Bella definizione, Nela! É proprio in questo suo essere fuori del coro che risiede parte del fascino di Caravaggio

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  3. Toccante. Commovente. Davvero bella questa tua "lettura" di Santa Caterina, dallo sguardo intenso di Fillide Melandroni. Adoro Caravaggio. Grazie.

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  4. Carissima Grazia,
    sono senza parole, davvero!!!! Leggo e non mi capacito del suo sapere e della musica delle tue parole.
    Anch'io "curo" (si fa per dire) un sito: www.sulparnaso.wordpress.com (siamo anche su facebook: Sul Parnaso),ma lungi dal tuo zelo e dalle tue competenze. Mi hai letteralmente spiazzato!!! Ne leggo di articoli sui vari blog,ma il tuo mi ha lasciato senza fiato. Grazie di cuore!!! Meriti tutta la stima e l'affetto possibili.
    Magari, a tempo, debito, e solo se lo riterrai opportuno, potresti darmi preziosi consigli su come scrivere post così profondi e curati.Te ne sarei infinitamente grato!!!
    Un forte abbraccio, Filippo Musumeci (su facebook: Filippo Mus)

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  5. Come sempre Caravaggio si distingue... e tu pure! Un post "romanzo" che intreccia le storie di Caravaggio, Santa Caterina e la prostituta-modella Fillide. Ciao Grazia e buona settimana.

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    1. É proprio questo intreccio tra vita e arte, che mi emoziona nei dipinti di Caravaggio!

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  6. Lettura intensa, come intenso è il Caravaggio, anzi vivo. Un dietro il dipinto che non conoscevo e che hai sapientemente ricostruito come sempre. Grazie e un caro saluto :*

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  7. Anch'io adoro Caravaggio. E che personaggio straordinario, questa Fillide!

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