"Cosa chiedo a un dipinto? Gli chiedo di stupire, disturbare, sedurre, convincere"
(Lucian Freud)
Il 21 luglio è morto Lucian Freud, un grande pittore, uno dei più grandi.
E quando muore un grande artista, tutti noi perdiamo qualcosa, tutti ne siamo diminuiti.
I giornali in questi giorni ne hanno parlato molto.
Hanno raccontato che era nipote di Sigmund Freud, nato a Berlino nel 1922 ed emigrato, con la famiglia, a Londra negli anni '30, al primo rivelarsi del volto ferocemente antisemita del nazismo.
Hanno scritto della sua vita eccessiva, da grande seduttore, delle due mogli, della quindicina (o più) di figli, legittimi e illegittimi, che gli si attribuiscono, del suo pessimo carattere (soprattutto in gioventù), della passione per le corse dei cavalli e dei cani, delle sue quotazioni astronomiche (un suo dipinto fu venduto in asta, nel 2008, a 33 milioni di euro).
Hanno parlato anche della sua arte: il più “grande pittore realista” è stato definito per la sua scelta di rimanere- e sempre- nell'ambito della pittura figurativa, senza nessuna inclinazione per l'astrazione.
“Non posso mettere nel quadro niente che non sia effettivamente davanti a me”: usava dire.
“Non posso mettere nel quadro niente che non sia effettivamente davanti a me”: usava dire.
Si rifaceva ai grandi maestri, come l'olandese Franz Hals, ma anche a Cézanne, a Giacometti o ai pittori tedeschi della Nuova oggettività, a Otto Dix e a Oskar Kokoshka
Francis Bacon, che gli fu collega e amico e con cui divise comuni ideali artistici, lo spinse a dipingere in una maniera più autonoma, più franca, con una totale libertà di tocco.
Fu sempre un pittore eccessivo, uno che voleva che la pittura “fosse carne”, che voleva disturbare, stravolgere.
Nudi, autoritratti, ritratti i suoi soggetti preferiti.
Le poche nature morte che ha dipinto manifestano una sorta di malinconica dignità.
Come in questo “Lavello con due lottatori di sumo” (il titolo ironico allude a due schizzi di lottatori dimenticati sopra uno dei tubi) dove è raffigurato un oggetto del suo atelier, un vecchio lavabo, sporco, con il rubinetto che perde, con le macchie di colore e di ruggine rimaste sul bianco della porcellana, come se, alla fine, di tutto il lavoro del pittore, la traccia che rimane fosse solo questa.
Nei suoi ritratti i personaggi nudi sono osservati con la stesa impassibile precisione.
Dipingeva a olio, con una lentezza esasperante e con sedute lunghissime, che sottoponevano i modelli a dura prova, fino a spossarli, fino a farli arrivare al momento di non posare più e di abbandonarsi completamente, senza sovrastrutture, al suo sguardo duro e impietoso che ne coglieva ogni piega del corpo, ogni imperfezione.
E li ritraeva, apposta, in atteggiamenti scomposti, innaturali, in modo che perdessero ogni sensualità, ogni pudore, fino a rivelarsi quasi ammassi di carne, come nella serie dei ritratti del corpo gigantesco dell’eccentrico artista australiano Leigh Bowery.
Ma anche nei ritratti ufficiali c'è sempre una verità, una durezza di osservazione che non viene mai meno, qualunque sia il modello.
Tutti i ritratti, in effetti, sono per Freud “ritratti nudi” o, meglio, “ritratti nudi con vestiti”, come li definisce e sempre senza fronzoli, senza mediazioni.
E allora gli è possibile, raffigurando la Regina Elisabetta, andare ben al di là dell’immagine abituale della vecchia sovrana con i suoi tailleurs dagli improbabili colori pastello e rivelare, brutalmente, sotto la corona, le rughe dell’età, la fatica e la pesantezza del ruolo, le sue ansie e le sue incertezze.
O mostrare in quello dell'amico Andrew Parker- Bowles (l'ex marito di Camilla, direbbero le cronache mondane), abbigliato con una divisa che evoca le immagini degli ufficiali e degli eroi imperiali dell’Ottocento, solo stanchezza, spossatezza e malinconia.
Lo stesso sguardo impassibile, lo rivolgeva a se stesso, fino a registrare, nei suoi autoritratti, le ferite provocate da una rissa o i segni dell'invecchiamento, le macchie della pelle e,sempre, negli occhi, la fatica del vivere.
Ritratti di personaggi che nella loro fisicità eccessiva, debordante, nella loro sgradevolezza, così lontana dal culto dell'immagine della società contemporanea, rivelano i loro segreti intimi, la loro anima.
E quanto, nella loro vulnerabile umanità, siano simili a ognuno di noi.
Un grande artista: ci mancherà.
Qui metto un link a una bella rassegna di immagini dei suoi dipinti e a un documentario (in inglese) sulla sua attività che si può trovare su You tube (diviso in tre parti).
Ho sentito la notizia oggi. Confesso che non lo conoscevo. Certe volte l'ignoranza è una colpa. Questa è una di quelle volte.
RispondiEliminaCST
Avevo imparato a conoscerlo da poco ...
RispondiEliminaLo conoscevo solo di nome e per la sua illustre parentela, finché tempo fa non ho trovato su una rivista - non ricordo più quale - un articolo su di lui, che parlava sì della sua arta ma soprattutto della sua vita tormentata e mi aveva affascinata e insieme inquietata.
RispondiEliminaHai perfettamente ragione, comunque: si perde tutti qualcosa quando muore un artista, anche quando egli abbia lasciato dietro di sé la sua preziosa eredità.
Saluti affettuosi
Non conoscevo Lucian Freud, ma notizie come questa mi rattristano sempre. :(
RispondiEliminaun abbraccio
Un grande veramente, che ha regalato tanto a tuti noi che amiamo l'arte e non solo.ciaooo
RispondiEliminaRicordo di aver visto il ritratto della Regina e averlo paragonato a quelli fatti alla Famiglia Reale di Spagna da Philippe Artias. La differenza che colsi era che Artias aveva dissacrato i reali del tempo di Goya mentre Freud raffigurava nel suo quadro tutta la pesantezza di un potere che sembra non essere più al passo coi tempi. Bye&besos
RispondiEliminaEra un grande artista, ho visto la sua mostra a Parigi e sono stato turbato dalla potenza della sua pittura. Anche a me, come a Nela San, piacciono di più i ritratti che tu chiami "ufficiali" perché vi si avverte di più la dissacrazione, la messa a nudo del personaggio. in quello di Parker Bowles, per esempio,è impressionante il contrasto tra lo sfarzo della divisa e l'indifferenza del volto.
RispondiEliminaMarco
Non conoscevo questo pittore e non ne avevo mai sentito parlare prima degli articoli nei giornali dei giorni scorsi. Ora dopo che ho letto il tuo post e ho guardato i link che hai proposto mi è venuta voglia di approfondire e di capire.
RispondiEliminaUn saluto
Sara
"Stupire, disturbare, sedurre, convincere" cosa si potrebbe chiedere di meglio a un dipinto ?
RispondiEliminaGrazie per il post e per avere ricordato un grande artista.
Anna
Ti sono davvero grata per avermi scritto del tuo post, chissà tra quanto l'avrei letto, altrimenti!
RispondiEliminaHo sempre trovato bellissimi (e "disturbanti") i quadri di Lucian Freud, ma ignoravo fosse morto qualche giorno fa. Mi fa piacere averlo saputo da da te e con un post così bello. Grazie.
Paola
Ne ho sentito parlare alla tele e alla radio in questi giorni. E forse una volta qualche anno fa.. Ma non lo conoscevo, mi è più "familiare" Sigmund (era suo nonno?). Lucian mi piace come pittore. Lo definirei un "Bukowski" della pittura. O un'Alda Merini. Nella mia percezione sono accomunati da una schietezza imbarazzante e da un animo selvaggio e spregiudicato. Ma è davvero solo una percezione personale che forse non corrisponde nemmeno un po' alla loro personalità. In ogni caso degli artisti e dei geni.
RispondiEliminaGrazie, qui da te imparo ogni volta cose bellissime
Cinzia
lacollinadibetulle
Grazie per i commenti
RispondiEliminaPiù guardo le immagini dei dipinti di Lucian Freud, più mi sembra che, meglio di altri, abbia saputo interpretare il" male di vivere" , proprio con le sue immagini disturbanti ( come dice Paola) con i suoi ritratti così poco accomodati e imperfetti. Con la schiettezza imbarazzante, di cui parla Cinzia, ha rivelato l'anima dei personaggi che ha ritratto la disperazione che sta dietro l'apparenza.Un grande interprete della nostra società, un grande pittore.
Ho fatto delle riflessioni sulla morte parallela (le morti parallele?) di amy e lucien freud, ma ci vorresti tu per scriverle. Scrivi post su commissione? (goethe diceva che solo la poesia d'occasione è grande poesia...)
RispondiEliminaUna ventina di anni fa alla biennale di Venezia l'esposizione nel padiglione inglese era dedicata tutta a lui.Ho avuto la fortuna di vederla. Artista supremo.
RispondiElimina