Ci sono paesi che sono luoghi dell'anima, capaci di evocare fantasie, immagini, musica.
Alle isole Marchesi non ci sono mai stata, ma, in qualche modo, mi sembra di conoscerle, non solo per averle viste in qualche documentario geografico, ma perché sono legate a due artisti che amo: Paul Gauguin e Jacques Brel.
Le Marchesi, le isole più lontane della Polinesia francese, a millequattrocento chilometri da Tahiti, sono terre poco abitate, piovose, aspre e difficili da raggiungere. Scogliere ripide, erose, montagne scoscese, una vegetazione di un verde scuro, cupo che ricopre tutto.
Rispetto a quello luminoso e solare dei mari del Sud, un altro mondo.Paul Gauguin sceglie di trasferirsi là nel 1901.
Si sente vecchio; non ha più l’entusiasmo di dieci anni prima, quando ha deciso di lasciare la Francia per "luoghi nuovi e selvaggi" che rigenerassero la sua pittura ed è andato a vivere a Tahiti, scoprendo paesaggi esotici e lussureggianti, abitudini di vita differenti, donne bellissime e libere.
Ora, stanco e malato, cerca la solitudine.
Non ha perso la sua voglia di combattere. Questo no. Anche alle Marchesi si batte a favore dei diritti dei più deboli: gli indigeni. E contro ogni tabù.
In sfida alle convenzioni religiose ha chiamato la sua casa a Hiva Oa “La maison du jouir, la casa del piacere” e ha riempito gli stipiti di legno delle porte e delle finestre di sculture e di scritte provocatorie nei confronti della morale cattolica.
La gendarmeria gli sta addosso, lo accusa di fomentare l’anarchia degli indigeni; lui scrive, scolpisce e, soprattutto, come sempre, dipinge.
Una pittura depurata, essenziale, come questa:
Una pittura depurata, essenziale, come questa:
Cavalieri sulla spiaggia, Essen, Folkwang Museum |
Su una spiaggia rosa, del colore del corallo, tre cavalieri visti di spalle si dirigono verso il mare. Potrebbe essere una scena quotidiana, visto che i cavalli erano assai diffusi alle Marchesi.
Ma c’è qualcosa di più.
Ma c’è qualcosa di più.
C’è il senso di un momento sospeso, di un’apparizione.
I tre cavalieri non sono soli. Due figure incappucciate su cavalli grigi gli si affiancano o, forse, li precedono, misteriose e inquietanti: sono i “tupapau”, un termine comune in Polinesia per designare i demoni, gli spettri che ritornano, gli spiriti dei morti.
Gauguin ne era affascinato e li aveva inseriti in altri suoi dipinti.
Ma qui la suggestione è più forte.
Si ha l’impressione che, in un tempo e in uno spazio sospeso, i due demoni stiano accompagnando i cavalieri verso una destinazione misteriosa e che li aiutino a compiere il passaggio tra due dimensioni, tra due mondi.
Ma non c’è paura. Neanche dolore. Solo serenità e calma.
Nei testi di storia dell’arte si dice che il dipinto sia un omaggio di Gauguin a uno dei suoi maestri, a Degas, e alla sua passione per i cavalli (una citazione da Cavalli da corsa a Longchamp, Boston Museum of Fine Arts) e che i due misteriosi cavalieri abbiano l’andamento di quelli del fregio del Partenone.
Si è anche parlato di un’influenza di questa tela sul Picasso del “periodo rosa”.
Tutto vero: Gauguin è un artista, un grande artista.
Ha dentro di sé un patrimonio di immagini da rievocare e da trasmettere.
Ma il saperlo non esaurisce la suggestione e l’incanto del dipinto.
Lo stile è quello consueto: la rinuncia a ogni definizione prospettica, l’eliminazione del chiaroscuro, l’uso di superfici piatte, di un colore puro e una ricerca continua sulla luce.
E c’è anche il recupero di tutto quello che gli è sempre interessato: dal fascino per le tradizioni locali, alla passione per la storia e le leggende, alle meditazioni costanti sulla spiritualità e sul trascendente.
Il modo di fare pittura, però, è diventato ancora più sintetico con l'eliminazione di ogni elemento superfluo.
Nell'ambiente sobrio e severo delle Marchesi Gauguin è arrivato a una ricapitolazione di tutto il percorso compiuto, con la voglia di dipingere -ancora e sempre - e di dipingere "prosciugando", fino all'essenziale.
Non solo.
Qui pare che abbia raggiunto l'accettazione finale.
Perché sembra che quello che davvero conta, quello che rimane sia solo la dolcezza e la quiete dell'uscire di scena, dell' allontanarsi su una spiaggia rosa verso il mare aperto all’orizzonte.
”Qui la poesia si effonde da sola – scrive Gauguin delle isole Marchesi - basta lasciarsi andare al sogno, dipingendo per suggerirla”
Gauguin questo fa: si abbandona al sogno e alla fiducia nel mistero dell'ineluttabile.
E alle isole Marchesi morirà nel maggio del 1903, a cinquantacinque anni
* Un'amica che ama giocare con le parole interpreta qui con poesia, ironia e allegria un altro dipinto di Gauguin.
La poesia deve essere, davvero, nell'aria alle Marchesi, se un altro artista vi si stabilirà, trovando là il suo punto d’approdo.
Jacques Brel, dopo aver lasciato le scene con un concerto memorabile all’Olympia di Parigi, nel 1973, vi scoprirà il luogo dove placare le sue inquietudini e dove soddisfare il suo desiderio di solitudine e la sua passione per navigare e per volare.
E a quelle isole, “dove l’estate non è mai estate e l’inverno non è mai inverno” e dove “vecchi cavalli bianchi canticchiano di Gauguin” dedicherà, nel 1977, le sue ultime canzoni.
Mi inchino davanti a te cara Grazia. Quante cose non conoscevo, prima di scoprire il tuo blog!
RispondiEliminaTi abbraccio e ti auguro un buon inizio settimana.
Lara
Mi asssocio a Lara, perché non conoscevo questo dipinto di Gauguin e senza di te non avrei mai notato i due cavalieri- demoni che danno tanto significato al quadro. E' veramente bellissimo pensare che l'accettazione finale passi attraverso la spiaggia rosa e il mare. Ti ho "rubato" l'immagine perchè mi dà un grande senso di quiete. Un abbraccio
RispondiEliminaMarco
Mi è piaciuto molto questo post che mi ha fatto scoprire un dipinto che non conoscevo e anche le idee di Gauguin.Grazie
RispondiEliminaSara
Anch'io non conoscevo il quadro. Mi resta, oltre al post dall'intrigante descrizione (come sempre), il privilegio di averlo potuto udire nel tuo racconto in viva voce. Un pomeriggio memorabile che mi ha reso molto felice. Bye&besos
RispondiEliminaEcco.
RispondiEliminaComa accade qualche volta, il testo con cui accompagni l'opera artistica è più interessante dell'opera stessa. Questo quadro non dice assolutamente niente se non è spiegato. (Ho omesso coscientemente il "mi" soggettivo, perché il quadro è proprio insipido di suo. Poi arrivano i tuoi fantastici aneddoti e anche un quadro come questo assume un suo perché. Ma è giusto? Un'opera d'arte non dovrebbe vivere di luce propria e risplendere anche senza la luce che accendi tu? Non ho la risposta naturalmente, ma gli esempi contrari, di opere capaci di togliere il fiato anche senza commento, sono piene le pagine del tuo blog.
Un caro saluto
CST
Mi sono ritrovata a pensare ciò che ha scritto, e molto bene, CST: il quadro in sé non mi avrebbe colpita né emozionata; ma il tuo racconto e l'analisi che ne fai - al tempo stesso appassionata e puntuale - lo han fatto vivere e vibrare. Anche per me. E allora mi dico che ci sono alcune opere d'arte che si impongono più o meno a tutti con la forza della loro bellezza e potenza espressiva e ritrovarseli sulla strada è spesso un'esperienza di quelle che cambiano la vita. E altre che invece hanno bisogno della mediazione di qualche "sciamano" che da muti e opachi li trasformi in esseri parlanti e sfolgoranti.
RispondiEliminaUn abbraccio
Al di là di Gauguin,che è un grande,mi piace molto il tuo modo di commentare la storia dell'arte.
RispondiEliminaDimostra passione per la pittura,grande cultura,
grande capacità di esprimersi.
Ho letto con interesse i commenti di CST e Duck che mi precedono, ma penso che dovresti continuare a presentarci opere che hanno bisogno di mediazione. A me dà piacere anche la scoperta e il poter vedere un dipinto a cui non avrei prestato attenzione con le tue parole. Le opere capaci di togliere il fiato forse hanno meno bisogno di parole, anche se il tuo commento a Goya o a Piero della Francesca mi ha fatto apprendere cose nuove.Ad ogni modo continuo a leggerti con piacere.
RispondiEliminaAnna
Cara Grazia, vorrei anch'io poter posare piede in quelle terre che tu definisci luoghi dell'anima, concordo completamente con i tuoi pensieri e tu sei unica,come sempre, nell'esporli!
RispondiEliminaTi abbraccio, Lecoq
Grazie per questo post. Non conoscevo il dipinto e trovo che sia uno dei più interessanti di Gaguin. La presenza dei tupapau lo rende particolarmente vibrante, nel senso pieno della parola...
RispondiEliminaIn effetti, viene in mente Picasso.
Un abbraccio e a presto! ( riparto )
Non so se questo dipinto sia insipido come dice CST,oppure bellissimo, come penso io. L'importante è quelllo che trasmette, i pensieri e le sensazioni che ci provoca.A me ha fatto riflettere su un artista, sulle sue e sulle mie paure delle vita e della morte e quei cavalieri che serenamente escono di scena, passando dalla spiaggia rosa al mare aperto, mi hanno consolato: mi piacerebbe immaginare che fosse davvero cosi.
RispondiEliminaA tutti grazie per i commenti: è sempre bello poter condividere.
ringrazio il povero cristo che ha scritto questo articolo, mi hai salvato la vita con un compito di arte
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