Quando i miei amici vengono a trovarmi a Bologna, per prima cosa, li porto in via Clavature, dietro piazza Maggiore, nella chiesa di santa Maria della Vita. La cappella è quella a destra dell’abside.
Andiamo a scoprire un’opera che conosco bene, perché ho partecipato al restauro che fu eseguito anni fa e alla mostra che ne illustrò i risultati.
Non so se le foto riusciranno a suscitare la meraviglia e la commozione che, spesso, ho osservato sui volti di chi la vede per la prima volta.
È la scena del Compianto.
Il Cristo è stato deposto dalla croce e giace a terra su un cataletto.
Gli astanti, quelli che erano presenti e che lo hanno visto morire crocifisso, possono lasciare libero sfogo alla loro sofferenza: possono piangerlo insieme.
Gli astanti, quelli che erano presenti e che lo hanno visto morire crocifisso, possono lasciare libero sfogo alla loro sofferenza: possono piangerlo insieme.
È il dolore che è al centro della rappresentazione.E ciascun personaggio lo vive in modo diverso.
Quello del San Giovanni è un dolore virile, composto, senza lacrime.
La Madonna, raccolta in se stessa, si stringe le mani all’altezza del petto.
Le tre Marie si abbandonano al sentimento: Maria di Salome stringe le mani sulle ginocchia, conficcando quasi le unghie nella carne, Maria di Cleofa, fa un gesto come per respingere la vista del corpo, Maria Maddalena è quella che concentra su di sé tutta l’espressione e la forza di un’emozione aspra e violenta.
La Madonna, raccolta in se stessa, si stringe le mani all’altezza del petto.
Le tre Marie si abbandonano al sentimento: Maria di Salome stringe le mani sulle ginocchia, conficcando quasi le unghie nella carne, Maria di Cleofa, fa un gesto come per respingere la vista del corpo, Maria Maddalena è quella che concentra su di sé tutta l’espressione e la forza di un’emozione aspra e violenta.
È come se toccasse, nella sinfonia dolorosa, la nota più alta, il suono più acuto: accorre, con il mantello agitato dal vento.
E urla che par di sentirla.
E urla che par di sentirla.
Tutte le bocche sono aperte in un grido che sembra differente in ognuna: dal muto e soffocato al lancinante.
Come le prefiche a un funerale pagàno o nella tradizione ancora viva del Sud Italia - e sappiamo che lo scultore arrivò a Bologna dalla Puglia- le donne manifestano, senza freni, la loro sofferenza.
Le “Marie sterminatamente piangenti”: le definisce, nel 1686, nella sua guida di Bologna, Carlo Cesare Malvasia.
Il materiale, la terracotta, è tipico della regione, dove erano assenti la cave di pietra e di marmo: i gruppi dei Compianti vi trovarono diffusione per tutto il ‘500.
La Chiesa, dopo la Controriforma, giudicherà troppo esplicite ed eccessive queste manifestazioni dolorose e le sculture, spesso, saranno allontanate dalle chiese.
Il Compianto della Vita, prima di essere ricollocato, in una cappella, alla fine dell'800, finirà addirittura all’esterno, in una nicchia che affacciava sul mercato. Qui sarà visto da Gabriele D’Annunzio, che ne darà una delle sue descrizioni più potenti, cercando di evocare a parole il “dolore furiale” delle Marie.
Lo scultore è noto con il nome di Niccolò dell’Arca dalla sua opera più importante: l’Arca dove si conserva il corpo di San Domenico. Non è certo un incolto: lo dimostra la ricercatezza della firma “Opus Nicolai de Apulia”, incisa, in lettere capitali umanistiche, sul cuscino dove poggia la testa del Cristo.
E poi doveva sicuramente conoscere la scultura classica, soprattutto quella che nei sarcofagi raccontava del dolore sfrenato delle Menadi. Prende a modello questo motivo pagàno per raffigurare il dolore, sacro e umano allo stesso tempo, del pianto sul corpo del Cristo.
La sua tecnica è stupefacente, se si pensa che dal restauro è risultato che le sculture –cave all’interno e non lavorate sul retro – furono per lo più cotte in due soli pezzi.
Il manto della Maddalena è una prodezza, difficile da riprodurre anche attualmente, per il rischio che corre di spezzarsi al momento della cottura.
I colori - in origine le sculture erano policrome - ne accentuavano la violenza espressiva: la tecnica pittorica utilizzata è affine a quella dei dipinti e prevedeva un’esecuzione con strati sovrapposti e velature che dovevano conferire un tono traslucido e vivissimo.
Un artista straordinario, dunque, uno dei più importanti del Quattrocento.
Sulla datazione del gruppo molto si è discusso.
Gli studiosi tendono a collocarlo a una data intorno al 1480, ma a me sembra che si debba prestare maggior fede a un documento seicentesco, spesso contestato, che testimonierebbe la consegna delle sculture alla chiesa, il 5 aprile del 1463.
Gli studiosi tendono a collocarlo a una data intorno al 1480, ma a me sembra che si debba prestare maggior fede a un documento seicentesco, spesso contestato, che testimonierebbe la consegna delle sculture alla chiesa, il 5 aprile del 1463.
Sono sculture legate al ricordo della Passione di Cristo, al momento più doloroso, al pianto, di chi ancora non sa, a una sofferenza che cesserà solo alla notizia della Resurrezione e, nel 1463, il 5 aprile era un venerdì santo.
Che bella sorpresa trovare nel tuo blog, oggi 5 aprile ,un ricordo del Compianto finito, come tu scrivi, il 5 aprile di tanti anni fa. L'opera la conosco perchè sono bolognese e sono contento di vedere sempre più gente che visita questo capolavoro.Mi ricordo della mostra in Pinacoteca e di una che fu fatta proprio nella chiesa della Vita con altri compianti in terracotta.
RispondiEliminaLe tue parole, al solito, esprimono al meglio l'emozione che si prova di fronte a questo capolavoro. Grazie
M.
E di Bologna, tra tante meraviglie, questa le sopravanza tutte.
RispondiElimina(non lo dimenticherò, mestolo mestolo)
Maritè
L'avevo detto io...critica d'arte! Ti si addice, eccome! Chapeau!
RispondiEliminaCara Grazia queste sette sculture sono a dir poco meravigliose. Cariche di emozione. Grazie per avermele fatte conoscere, non mancherò di andare a vederle quando, prima o poi, visiterò Bologna.
RispondiEliminaGrazie cara e come sempre complimenti per la tua deliziosa descrizione,
un abbraccio forte
Sono stata varie volte a Bologna ma non avevo mai visto queste sculture.Non appena ho l'occasione andro' a visitarle, sono magnifiche e le urla di dolore , come dici, sembra quasi di sentirle.Erano colorate dappertutto anche sulle mani e sui volti? Non oso immaginare l'impressione che dovevano fare nel buio della chiesa.
RispondiEliminaGrazie per avermi fatto fare questa scoperta
Anna
Ma vuoi scherzare? Io ho abitato a Bologna dal 68 al 73..appassionato come sono di tutto, ho cercato di conoscere tutto quello che tanti bolognesi neanche conoscono.Ricordo che appena potevo, entravo in una chiesa vicino alle due Torri per godermi "Madonne e Santi" del Francia. Per esempio. Neanche il museo dei "Bottoni" si è salvato , tra tutti gli altri dalla mia curiositá. Sei una amante dell'arte e del bello. In questo mondo di TRASH.
RispondiEliminaQuanto alle sculture del post,se non le so a memoria,poco ci manca. E che dire del Cristo del Reni riprodotto dappertutto? Anche sulle magliette? Forse racconterò tutte queste emozioni. Carracci, Dalla quercia, e la statua di Giulio II che venne fusa per diventare una colubrina di nome Giuliana. AH...Saudade...Ecco cosa mi manca dell'Italia...Sigh.
Grazie davvero per questo bel post. Mi riconcilia con la storia dell'arte che pur ho studiato ( era l'indirizzo del mio corso di studi alla facoltà di Lettere ) ma che ho finito, man mano, per trovare stucchevole. Ricordo certe analisi, autentiche costruzioni di/sul niente, di autentica aria ( fritta ), condotte con un gergo sterilmente verboso e onanistico. Con te è un'altra cosa...
RispondiEliminaUn abbraccio
@giacy.nta: l'arte è una cosa seria, un linguaggio forte e profondo. Bisogna accostarla come si accostano le poesie: occhi e cuore e mente aperti, spalancati, attenti all'ascolto. Grazia sa farlo, ecco perché i suoi commenti sono semplici da capire e allo stesso tempo ci danno un grande senso di pienezza di significato.
RispondiEliminaBellissime queste sculture che esprimono con tanta espressività e tanta violenza un dolore enorme, inconsolabile, tanto che le urla si sentono veramente.Conosco Bologna molto poco, ci passo sovente per i collegamenti ferroviari e la prossima volta tenterò di programmare una visita alla chiesa dove c'è il Compianto; sono sicura che ne varrà la pena.
RispondiEliminaSara
belle queste sculture!voglio andare a vederle! grazie per il post! davvero esaudiente.buona serata
RispondiEliminaHo visto il Compianto quando sono stato a Bologna per un convegno e ci hanno accompagnato in questa chiesa del centro. E' stato uno choc, ho letto la didasclaia che c'era ma non ne ho compreso molto.Ora il tuo post mi dà modo di apprezzarlo di più. Quando ritornerò a Bologna sarà la prima visita che farò
RispondiEliminaLuca
grazia che meraviglia leggerti mentre racconti questi capolavori.
RispondiElimina(avevo i brividi)
grazie e un carissimo abbraccio!
Quanti tesori di cultura in Bologna! E quelle figure sono invero "sterminatamente piangenti"!
RispondiEliminaE' bello leggere d'arte qui da te. Tornerò a Bologna perché quest'opera non l'ho visitata.
RispondiEliminaGrazie e complimenti.
Ciao, notte :)
Nou
Sono tra quelli che hanno avuto il privilegio di essere guidati dalla carissima (in senso affettivo, s'intende) padrona di casa a vivere l'emozione da brividi veri che dà "Il compianto".
RispondiEliminaE pensare che a Bologna ho vissuto per anni, passandoci davanti a quella chiesa quasi tutti i giorni.
Vivere in Italia è davvero un privilegio: basta avere una preziosa amica che ogni tanto ci ricordi il perchè.
Infinite Grazie/a
Gil
Gil
Certo è un capolavoro, l'opera che descrivi, cara Grazia. Ma dopo averti letto, mi sembra ancora più preziosa.
RispondiEliminaHa ragione Gil: avere un'amica come te è riscoprire con occhi diversi ed emozionati, quello che a volte si è già visto.
Un grande abbraccio e un grande grazie.
Lara
Che modernità, mi vien da pensare subito.
RispondiEliminaSoprattutto in quella figura della Maddalena, con quel mantello fluttuante, dinamico, in movimento. Mi ha ricordato Boccioni. Una figura anche molto sensuale, con quelle pieghe che ne sottolineano le forme sinuose, com'è giusto che sia.
Ma anche la manifestazione delle emozioni mi sembra moderna, così immediata, vera, reale, senza filtri.
Grazie mille, come al solito.
La foto mediana è un capolavoro nel capolavoro, direi. Il fotografo ha fermato le due espressioni ponendole su due piani diversi, dando loro due differenti tipi di luce. In questo modo il dolore dell'una e quello dell'altra non si annullano, non si confondono, ma si sommano. Io non ho mai visto il gruppo dal vero, ma ho qualche dubbio che dal vero possa restituire la stessa emozione di questa foto, chiusa, cupa, disperata.
RispondiElimina(Se posso permettermi)
CSTLDA
@Duck e Grazia: mi viene da pensare cosa sia la "modernità". L'arte contemporanea non ha molto a che fare con questo tipo di forme plastiche ed espressive. Quello che si può intendere come "modernità" è forse una specie di "atemporalità", o meglio "temporalità continua", perché i sentimenti espressi e le forme del corpo umano sono sempre gli stessi, anche dopo secoli.
RispondiEliminaContinuo la riflessione sulla "modernità": questo tipo di dinamismo realistico e di viva espressività nel mondo attuale appartengono se mai al cinema. Ecco, queste sculture che Grazia ci propone ci appaiono "moderne" perché ci ricordano le immagini mobili del cinema. Potrebbero essere un fermo immagine in una sequenza di figure animate.
RispondiElimina@ Marco: la mostra di cui tu parli e che si tenne in Santa Maria della Vita radunava una serie di Compianti: oltre a Niccolò erano rappresentati Guidi Mazzoni e Vincenzo Onofri. Il catalogo e la serie di fotografie sono bellissimi.
RispondiElimina@ MT : non so se il Compianto sopravanzi tutte le meraviglie di Bologna. Nel mio cuore di sicuro sì.
@ Nela San : Merci !
@ Iulia: quando verrai a Bologna una visita al Compianto si impone : forse insieme, se ci mettiamo d'accordo.
@ Anna: sì, le sculture erano completamente colorate anche sulle mani e sui volti e perfino nelle le bocche aperte, da cui si intravedevano i denti. Abbiamo fatto una prova di colore a computer e dovevano essere veramente impressionanti, soprattutto alla luce delle candele, visto che all'origine erano collocate in una nicchia stretta e oscura
@ Taurus: ho letto il post nel tuo blog e capiusco , da questo punto di vista, la nostalgia dell'Italia.
RispondiElimina@gacy.nta : ti ringrazio tanto, ma a quel che vedo dai post nel tuo blog i corsi di storia dell'arte ti sono serviti, eccome !
@ Paola: per ora grazie!
@ Sara: è vero l'"urlo di pietra", com'è stato definito, delle figure pare davvero di sentirlo
@ Pucci@M : se studi o ti interessi di storia dell'arte vale davvero la pena programmare una visita al Compianto. La chiesa è aperta tutto il giorno e anche la domenica pomeriggio.
@ Luca : vale quanto dicevo prima. Anche se l'hai già visto ogni volta è un'emozione diversa.
@ Tiziana: grazie, e il brivido di commozione quando si vede, non importa per quante volte, il Compianto davvero prende tutti.
RispondiElimina@ Adriano : la definizione di Malvasia è straordinaria. "Sterminatamente piangenti" :è così e meglio non si potrebbe dire.
@Nonours(e) : bisognerebbe organizzare una gita a Bologna per tutti quelli che non hanno visto il Compianto.
@Gil: Grazie. E'un'emozione anche per me spartire con gli amici le mie sensazioni e il privilegio di visitare luoghi e opere come quelli che abbiamo visto insieme.
@Lara: ti ringrazio e immagino che , anche per te, da bolognese, questo capolavoro sia uno di quelli da vedere e rivedere, senza stancarsi e con sempre nuove sensazioni.
@ Duck: bello e suggestivo il paragone con Boccioni per la figura della Maddalena.La prossima volta ne pariamo insieme di fronte alla scultura.
@ CSTLDA :la foto di mezzo è un capolavoro. In chiesa le sculture sono troppo distanziate perchè è stata scelta una collocazione "museale" che consentisse di vederle meglio una a una. E' vero pero' che cosi' si toglie la concitazione e il senso di un urlo o di un dolore che si prolunga dall'una all'altra.Comunque ti assicuro che vederle "dal vivo" vale la pena.
@ Paola: condivido appieno il concetto di "atemporalità" e credo che esistano temi e sentimenti la cui espressione travalica il tempo. E' vero anche che a noi le sculture possano ricordare il cinema. E' come una sequenza che parte da un'espressione di dolore più ferma e bloccata della Maria di Salome e arriva a culminare nella violenza lancinante della Maddalena.Da questo punto di vista funziona, come introduzione alla scena, anche la figura del Nicodemo e probabilmente l'altra -non più esistente ma prevista all'origine - del Giuseppe di Arimatea che faceva da pendant. Tutt'e due servivano per preparare lo spettatore alla vista della scena sacra, come se fosse un tableau vivant o uno di quei "misteri sacri" che si recitavano in tempo di Pasqua.
Secondo me bisognerebbe approfondire di più l'influenza delle sacre rappresentazioni sugli sviluppi dell'arte rinascimentale. Per esempio, la Trinità di Masaccio mi pare debba le sue più grandi novità (Dio padre in piedi su una mensola, i committenti proporzionati alle figure divine) al fatto di essere stato concepito come un grande trompe l'oeil, una finta sacra rappresentazione nella finta architettura di stile brunelleschiano.
RispondiEliminaArrivo tardi , ma arrivo. Belle!! Devi sapere che qualche anno fa , quando ancora lavoravo fissa, mi sono permessa un corso di ceramica , dove ho imparato qualcosa di utile e di piacevole . Come fanno a star su col vento gli abiti della Maddalena ? E' un meraviglioso prodigio , come molta arte che abbiamo , che consideriamo quasi minore e invece è grandissima .
RispondiEliminaMon Dieu que c'est beau !!!!!!! ouf!!!!!!!!!!!!!!!! l'opera è tanto odierna ! ci saro la settimana prossima , sarà un momento fortissimo del mio soggiorno in questa stupenda città come d'altronde tutta l'Italia ! merci , merci et encore merci !
RispondiElimina