Un gruppo di donne, curve sotto il peso dei pesanti sacchi che portano sulle spalle, avanzano faticosamente nella neve: sono le "sclôneuses", le operaie che trasportano i residui ancora utilizzabili del carbone estratto dalle miniere.
Vincent Van Gogh le ha viste nel freddo inverno che ha trascorso nel Borinage e le raffigura così, qualche anno dopo, in questo disegno rifinito ad acquerello, ora al Kröller-Muller Museum di Otterlo.
Quando, nel dicembre del 1878, è arrivato nel Borinage, la regione belga delle miniere di carbone, quella che tutti chiamano il"paese nero", Van Gogh ha venticinque anni.
Inquieto e introverso ha già cercato di intraprendere vari mestieri, senza mai sentirsi soddisfatto. Suo nonno e suo padre sono tutt'e due pastori protestanti: la religione occupa un posto importante nella sua famiglia e nella sua vita, tanto che, a un certo punto, ha pensato di diventare anche lui pastore o di fare il missionario.
Dopo un tentativo fallito di frequentare la Facoltà di teologia di Amsterdam, si è iscritto a una scuola di evangelizzazione a Bruxelles ma, troppo indisciplinato e distratto per finire il corso, ha scelto di trasferirsi, da subito, nel Borinage, dove stanno cercando un predicatore-catechista per una piccola comunità protestante.
Il Borinage non è un paese facile. Quasi tutti lavorano nelle miniere per un salario miserabile, con un orario lungo e pesante: i più non sanno né leggere né scrivere.
Van Gogh sa che avrà a che fare con la miseria, ma solo quando visita una miniera (la Fosse de Marcasse) e scende fino in fondo, dopo cinque piani di gallerie, si rende conto davvero della fatica dei minatori che, ricoperti della polvere scura del carbone, scavano, con i loro picconi, sdraiati o accucciati in quel pozzo nero, dove- come scrive al fratello Theo- il cielo appare lontano come una minuscola stella.
Quello che prova è una grande compassione che abbraccia tutti: sia gli uomini, costretti a faticare in quelle condizioni penose, che i cavalli da tiro, obbligati a trascinare carrelli di carbone e a vivere nelle tenebre a 700 metri di profondità.
Proprio di questi cavalli, sfiancati dalla fatica, si ricorderà, più tardi, in un disegno ora al museo Van Gogh di Amsterdam:
Dopo un tentativo fallito di frequentare la Facoltà di teologia di Amsterdam, si è iscritto a una scuola di evangelizzazione a Bruxelles ma, troppo indisciplinato e distratto per finire il corso, ha scelto di trasferirsi, da subito, nel Borinage, dove stanno cercando un predicatore-catechista per una piccola comunità protestante.
Il Borinage non è un paese facile. Quasi tutti lavorano nelle miniere per un salario miserabile, con un orario lungo e pesante: i più non sanno né leggere né scrivere.
Van Gogh sa che avrà a che fare con la miseria, ma solo quando visita una miniera (la Fosse de Marcasse) e scende fino in fondo, dopo cinque piani di gallerie, si rende conto davvero della fatica dei minatori che, ricoperti della polvere scura del carbone, scavano, con i loro picconi, sdraiati o accucciati in quel pozzo nero, dove- come scrive al fratello Theo- il cielo appare lontano come una minuscola stella.
Quello che prova è una grande compassione che abbraccia tutti: sia gli uomini, costretti a faticare in quelle condizioni penose, che i cavalli da tiro, obbligati a trascinare carrelli di carbone e a vivere nelle tenebre a 700 metri di profondità.
Proprio di questi cavalli, sfiancati dalla fatica, si ricorderà, più tardi, in un disegno ora al museo Van Gogh di Amsterdam:
Al Borinage Van Gogh si sente isolato.
La gente non si trova a suo agio con quel predicatore rosso di capelli, venuto dall'Olanda, che parla un francese gutturale e non capisce il loro dialetto.
I più lo giudicano un esaltato perché vuole vivere come loro e, pur avendo i soldi per permettersi qualche comodità, è andato a stare in una specie di stamberga a Wasmes regalando ai poveri ogni suo avere.
Quando un'esplosione di grisou nella miniera di Framieres provoca più di cento morti, Van Gogh è tra i primi a soccorrere i feriti e a solidarizzare con le richieste di migliori condizioni di lavoro.
Però, malgrado tutta la sua buona volontà, non riesce a comunicare con quella gente, di cui apprezza tanto la dignitá e alle sue prediche, in una piccola sala di paese, non ci va quasi nessuno.
Van Gogh continua ma ha sempre meno fiducia in se stesso.
Intanto, riprendendo una passione che ha manifestato fin da piccolo, riempie di schizzi l'album da disegno che ha portato con sé, cercando di fissare tutto quello che vede: dal paesaggio segnato dalle macchie nere dei mucchi di carbone, ai pozzi delle miniere, alle ciminiere.
Tutte immagini che gli affollano la mente e che riprenderà, qualche anno dopo, nei suoi disegni e negli acquerelli, come questo, ora al museo Van Gogh di Amsterdam, dove raffigura i minatori spossati che tornano dal lavoro e si concedono una pausa nei campi:
Nel giugno del 1879 il suo contratto di catechista scade e non è più rinnovato.
Van Gogh è alla disperazione: non sa più cosa fare della sua vita ed è sempre più inquieto.
Neanche in famiglia si sente compreso: il padre si offre di trovargli un'occupazione qualsiasi e, poi, esasperato dai suoi rifiuti, minaccia addirittura di rinchiuderlo.
Allora ritorna al Borinage e lì, nella solitudine, comincia a intravedere un'altra possibilità.
Si é accorto che le emozioni e i sentimenti che non riesce a esprimere a parole, come la sua solidarietà per quella gente povera e sfruttata, li può tradurre in linee, colori e disegni, insomma, in pittura.
Si confida, in una lunga lettera, col fratello Theo: è cosciente di non avere un talento innato per il disegno, ma chiede di mandargli manuali e riproduzioni delle opere di Millet per farne delle copie
E, poi, si butta a corpo morto a copiare, a correggere i suoi schizzi, facendo e rifacendo esercizi. Compra carta, matite, inchiostro e copia i quadri di Millet, ma anche le incisioni che trova pubblicate nelle riviste e i modelli di anatomia e di prospettiva nei manuali. Non si stanca mai di riempire dei suoi disegni quello che chiama il suo atelier, un angolo della camera in affitto che divide con i figli di un minatore.
Il fratello Theo lo incoraggia, gli manda tutto il materiale e anche un piccolo sussidio finanziario.
Nel marzo del 1880, in un inverno ancora glaciale, van Gogh intraprende un viaggio verso il Pas-de-Calais, prima in treno e poi a piedi, per tre giorni e tre notti, sfidando la pioggia e il vento, per conoscere un pittore che ammira, Jules Breton.
Arrivato al suo studio è talmente impressionato che non osa nemmeno bussare alla porta e torna indietro.
Poco importa che l'incontro non ci sia stato: quel viaggio ha rappresentato per lui una sorta d'iniziazione e, alla fine, la decisione è presa.
Le incertezze e le esitazioni del suo carattere appassionato e inquieto sono finite: d'ora in avanti si dedicherà solo alla pittura.
Nell'ottobre del 1880 van Gogh lascia definitivamente il Borinage, con la sua valigia piena di schizzi e di disegni ancora goffi e maldestri e le mente piena delle emozioni che ha vissuto.
È passato poco più di un anno e mezzo, un periodo breve, eppure fondamentale per la sua vita.
In quel paese freddo e senza colori, van Gogh ha trovato finalmente la sua strada.
L'inizio della carriera di Van Gogh e la sua nascita artistica è raccontato in una bella mostra, "Van Gogh au Borinage. La naissance d'un artiste", che si tiene al BAM di Mons, centro del Borinage e capitale europea della cultura 2015, dal 25.01 al 17.05.2015 (qui e qui)