A volte si crede di essersi assuefatti alla bellezza di certi capolavori, citati e riprodotti migliaia di volte. Ma non è vero.
Si possono vedere foto ad altissima definizione, leggere saggi che ne spiegano ogni aspetto. Si può pensare di essere ormai indifferenti.
Non è così: niente equivale all'emozione che si prova, se si vedono dal vivo.
Non è così: niente equivale all'emozione che si prova, se si vedono dal vivo.
È una commozione autentica, quella che ci coglie, quando si visita l'affresco di Piero della Francesca (1416/17-1492) con la Madonna del parto a Monterchi.
Quando ci si trova davanti, ci si accorge che, anche se l’immagine è notissima, non ha perso la sua capacità di stupire: guardarla direttamente è come scoprirla per la prima volta.
Monterchi è un paese nella Val Tiberina, vicino ad Arezzo.
Ci si arriva da una strada, dove il paesaggio è rimasto lo stesso di certi dipinti di Piero.
Poco prima di raggiungere il centro, si entra in una piccola scuola dismessa. È il museo di quest'unico dipinto, trasferito dalla sua collocazione originaria per una serie di sfortunate vicende conservative.
Ci si arriva da una strada, dove il paesaggio è rimasto lo stesso di certi dipinti di Piero.
Poco prima di raggiungere il centro, si entra in una piccola scuola dismessa. È il museo di quest'unico dipinto, trasferito dalla sua collocazione originaria per una serie di sfortunate vicende conservative.
Ed ecco l’incanto, la meraviglia.
L'affresco è di dimensioni relativamente modeste (260x203): sotto un baldacchino tre soli personaggi.
Ai lati due angeli, completamente speculari, sia nella posa (l'artista li ha ricavati da uno stesso cartone), che nei colori, uguali e contrapposti, sollevano la tenda e ci guardano.
Il gesto, simmetrico e solenne, attribuisce alla scena la dignità di una cerimonia sacra.
Il gesto, simmetrico e solenne, attribuisce alla scena la dignità di una cerimonia sacra.
La Madonna è esattamente al centro.
Gli occhi sono abbassati. L'espressione è assorta, assente, indifferente all’esterno. I capelli, raccolti in trecce alla sommità della testa e la fronte rasata, alla moda del tempo, conferiscono al volto, perfettamente ovale, un’austera nobiltà.
La mano sinistra è appoggiata su un fianco e la schiena è leggermente inarcata in avanti, quasi a sostenere meglio il peso del ventre, in una posa caratteristica delle gestanti.
La sobria veste azzurra, sotto cui si intravede una sottoveste bianca, è slacciata, come è tipico in una donna, "in- cinta", senza cintura, riprendendo alla lettera il significato della parola.
La mano destra apre la veste, per mostrare lo stato di avanzata gravidanza, ma anche – si direbbe - per cogliere meglio i movimenti del bambino.
Non sono gesti molto diversi da quelli che compie ogni donna che sta per diventare mamma, ma, qui, non si tratta di una donna qualsiasi.
È la Madonna, che è colta nell'atto di indicare il frutto del concepimento divino, è la madre di Dio, lo strumento della salvezza.
Per questo è posta al centro di un padiglione di tessuto pregiato, un broccato a disegni di melagrane, un baldacchino che – stando alla raffinatezza del rivestimento interno in vaio- è come un tempio.
La veste della Madonna è dischiusa, come è dischiusa la tenda del baldacchino.
Anche Maria rappresenta un tempio, un tabernacolo che ricorda quello allestito per custodire l’arca della alleanza e allude a una nuova alleanza, il cui pegno è Gesù. Ma la Madonna simboleggia anche la Chiesa e il suo ventre è il tabernacolo eucaristico che contiene il corpo di Cristo.
Il soggetto, all’epoca di Piero, era abbastanza diffuso. La Chiesa ne favoriva la divulgazione per contrastare l’eresia monofisista, che vedeva in Cristo la sola natura divina e non quella di un uomo, nato dal corpo di una donna.
Il significato, dal punto di vista teologico, era assai complesso.
Piero sceglie di renderlo attraverso i gesti quotidiani, di una donna incinta, che assumono - nella rappresentazione ieratica e solenne- un profondo senso simbolico.
La gravidanza è ostentata, resa sacra dalla presenza del baldacchino, dai due angeli e dall’aureola che cinge la testa della Madonna.
Gesti realistici di tutti i giorni e valore di simbolo si intrecciano perfettamente.
Per arrivare a rappresentare contenuti estremamente complessi in un modo semplice, chiaro e sintetico, Piero dispiega tutte le raffinatezze del suo stile: dalla prospettiva con un unico punto di fuga, appresa a Firenze, all'uso della luce, alla monumentalità delle figure, al ricordo- nell'attenzione ai dettagli - della pittura fiamminga.
Per arrivare a rappresentare contenuti estremamente complessi in un modo semplice, chiaro e sintetico, Piero dispiega tutte le raffinatezze del suo stile: dalla prospettiva con un unico punto di fuga, appresa a Firenze, all'uso della luce, alla monumentalità delle figure, al ricordo- nell'attenzione ai dettagli - della pittura fiamminga.
L’artista, secondo la tradizione, dipinse l'affresco velocemente, in sole sette "giornate" di lavoro.
La data è ancora imprecisata, ma collocabile tra il 1455 e il 1460, in contemporanea con una commissione importante: la cappella con le Storie della Vera Croce per la chiesa di san Francesco ad Arezzo.
Il dipinto all'origine era destinato a un altare di Santa Maria di Momentana, una chiesa isolata alle pendici del monte che sovrasta Monterchi.
Ci si è chiesti perché un pittore famoso avesse accettato di lavorare per una commissione così poco prestigiosa e per un edificio in aperta campagna.
La risposta è intuibile, quando si sa che la madre di Piero, Romana, morta nel 1459, era originaria di Monterchi: la Madonna del parto è un omaggio del pittore a sua madre, a tutte le madri.
Un’opera straordinaria, nata dalla combinazione perfetta di regole matematiche, rigorosamente applicate e intensità poetica, fatta di pochi essenziali elementi, senza tempo, eterna, per chi crede e per chi non crede.
"Non occorre fare una vita eroica per compiere imprese eccezionali": scrive di Piero un grande storico dell'arte, Henri Focillon.
Non è necessario decodificare tutti i simboli o datare sicuramente il dipinto per coglierne la bellezza, la misura, la poesia.
Non importa conoscere perfettamente il contenuto per esserne emozionati e consolati.