Alla fine l'ha dovuto ammettere Paolo Conte che le "caramelle alascane" se l'era inventate.
Ma, prima, quante ipotesi, quante ricerche, quante richieste, senza risposta nelle drogherie vecchiotte, quelle d'una volta, quelle che quasi non esistono più.
Banditi ovviamente i supermercati dove- si supponeva- Paolo Conte non sarebbe mai entrato in cerca d'ispirazione.
E i filologi a riflettere, a ipotizzare sull'origine della parola (alascane da Alaska, caramelle ghiacciate, da grande freddo?) e i più poetici, invece, ad associarle con gli occhi da lupa della cassiera, a supporre una voce arrochita dal fumo delle troppe sigarette e a presumere un bisogno di pasticche lenitive, là nel buio claustrofobico della pista da ballo, dove le luci saettavano e il ventilatore da soffitto ronzava, immenso.
L'altra, la cassiera con il volto da pechinese, non masticava caramelle.
No, lei fumava al mentolo.
Le "caramelle alascane" evidentemente si consumavano più tardi, quando la stanchezza arrivava più greve e il rumore dei sax continuava implacabile sempre più forte, mentre i due rimasti là, soli, sulla pista, non avevano bisogno né d'attenzione, né di consigli.
Quante ipotesi, quante fantasie sulla cassiera, con i suoi occhi divoranti da lupa, la donna che resta nell'ombra, in silenzio, masticando lentamente caramelle: le caramelle alascane.
Una parola che evoca la menta, l'eucalipto, un gusto ghiacciato, che la trasporta lontano dal buio di una sala da ballo di periferia.
"Uso un lessico di mia invenzione.... mi è sempre piaciuta l'enigmistica": dice Paolo Conte in un'intervista.
Ogni parola di ogni sua canzone lascia immaginare un mondo.
Poco importa se le parole esistano davvero o no.
E chi ha creduto, chi ha cercato le caramelle, chi ha scritto perfino all'Ambrosoli o alla Dufour per avere chiarimenti?
È stato un equivoco.
Con i mondi dei poeti a volte succede.
Paolo, Conte, Boogie
Due note e il ritornello era già nella pelle di quei due
il corpo di lei mandava vampate africane, lui sembrava un coccodrillo...
i sax spingevano a fondo come ciclisti gregari in fuga
e la canzone andava avanti sempre più affondata nell’aria..
quei due continuavano, da lei saliva afrore di coloniali
che giungevano a lui come da una di quelle drogherie di una volta
che tenevano la porta aperta davanti alla primavera…
qualcuno nei paraggi cominciava a starnutire,
il ventilatore ronzava immenso dal soffitto esausto
i sax, ipnotizzati… dai movimenti di lei si spandevano
rumori di gomma e di vernice, da lui di cuoio…
le luci saettavano sul volto pechinese della cassiera
che fumava al mentolo, altri sternutivano senza malizia
e la canzone andava elegante, l’orchestra era partita, decollava...
i musicisti, un tutt’uno col soffitto e il pavimento,
solo il batterista nell’ombra guardava con sguardi cattivi....
quei due danzavano bravi, una nuova cassiera sostituiva la prima,
questa qui aveva gli occhi da lupa e masticava caramelle alascane
quella musica continuava, era una canzone che diceva e non diceva
l’orchestra si dondolava come un palmizio davanti a un mare venerato
quei due sapevano a memoria dove volevano arrivare....
un quinto personaggio esitò
prima di sternutire,
poi si rifugiò nel nulla...
era un mondo adulto,
si sbagliava da professionisti
http://www.youtube.com/watch?v=FUxrJAM9px0&feature=kp