Marzo è sotto il segno dei Pesci nel riquadro affrescato intorno al 1520 dall'architetto e pittore Giovanni Maria Falconetto (Verona, 1468- Padova, 1535) nella magnifica Sala dello Zodiaco in Palazzo D'Arco a Mantova.
La scena, sormontata da un riquadro con la raffigurazione dell'Apollo e Marsia, chiusa in basso dalla rappresentazione a grisaille di un soggetto bacchico e tagliata dalla porta di accesso alla sala, sembra dominata dalla fluidità dell'acqua:
In primo piano un uomo si scalda al fuoco; in alto domina la raffigurazione dei Pesci.
Sullo sfondo, due pescatori nudi tirano una rete, mentre una donna e un giovane sono raffigurati nell'atto di precipitare da una rupe, osservati da due personaggi che tengono in mano dei pesci.
L'interpretazione della scena, avanzata dalla maggior parte degli studiosi, spiega il collegamento col segno astrologico.
I due che si gettano dalla rupe sarebbero nient'altro che Venere e Cupido che si tuffano nell'Eufrate, inseguiti dal perfido Tifone.
Figlio di Gea e del Tartaro, Tifone aveva generato con la moglie Echidna, creature da incubo come l'Idra di Lerna, la Chimera, Cerbero o la Sfinge.
Orribile a vedersi e dotato di una forza mostruosa si vantava di avere sconfitto perfino Giove.
Come racconta Ovidio nel suo poema "I Fasti", Venere, sentendo soffiare un forte vento e temendo che fosse il segno della vicinanza di Tifone, pur di sfuggire all'orrido personaggio preferì gettarsi nel fiume insieme al figlio.
I due furono salvati da due pesci che li trasportarono indenni sull'altra riva. Un'altra versione narra, invece, che furono proprio i due dei a trasformarsi in pesci e a nuotare con le code unite da una corda per non perdersi.
In ogni caso, Giove li pose nel cielo a formare l'omonima costellazione.
Un lieto fine, dunque, che speriamo sia di buon auspicio per un marzo più sereno e tranquillo del mese tumultuoso che l'ha preceduto.
Figlio di Gea e del Tartaro, Tifone aveva generato con la moglie Echidna, creature da incubo come l'Idra di Lerna, la Chimera, Cerbero o la Sfinge.
Orribile a vedersi e dotato di una forza mostruosa si vantava di avere sconfitto perfino Giove.
Come racconta Ovidio nel suo poema "I Fasti", Venere, sentendo soffiare un forte vento e temendo che fosse il segno della vicinanza di Tifone, pur di sfuggire all'orrido personaggio preferì gettarsi nel fiume insieme al figlio.
I due furono salvati da due pesci che li trasportarono indenni sull'altra riva. Un'altra versione narra, invece, che furono proprio i due dei a trasformarsi in pesci e a nuotare con le code unite da una corda per non perdersi.
In ogni caso, Giove li pose nel cielo a formare l'omonima costellazione.
Un lieto fine, dunque, che speriamo sia di buon auspicio per un marzo più sereno e tranquillo del mese tumultuoso che l'ha preceduto.