Siamo in ottobre, il decimo mese dell'anno, l'ottavo secondo il calendario romano, da cui ha preso il nome.
Vediamo, dunque, cosa ci riserva questo mese, in cui domina ormai l'autunno, nel calendario che ho scelto per quest'anno: gli arazzi con il Ciclo dei Mesi, attualmente conservati al Castello sforzesco di Milano.
Vediamo, dunque, cosa ci riserva questo mese, in cui domina ormai l'autunno, nel calendario che ho scelto per quest'anno: gli arazzi con il Ciclo dei Mesi, attualmente conservati al Castello sforzesco di Milano.
I dodici grandi arazzi (larghi più o meno cinque metri) furono commissionati agli inizi del Cinquecento, da Gian Giacomo Trivulzio, all'epoca governatore di Milano, alla manifattura di Vigevano ed eseguiti su disegno di Bartolomeo Suardi detto il Bramantino (1460 ca- 1530).
Ed ecco, allora, l'ottobre di cinque secoli fa
Come sempre, la scena è circondata da una cornice con gli stemmi dei Trivulzio e delle famiglie ad essi imparentate.
In alto, al centro, appare il grande stemma dei Trivulzio, a sinistra è raffigurato il sole, mentre a destra c'è la rappresentazione congiunta dei due segni zodiacali del mese: Bilancia e Scorpione.
Nel cartiglio in basso al centro una scritta illustra le caratteristiche del mese: "Frumenta terra reddere/ stabilisce, apibus et vineis / cavere pomisqe inseri/ October arborem et monet: Ottobre spinge a restituire il grano alla terra, a provvedere alle stalle, alle api e alle vigne e anche a innestare gli alberi".
Il mese, che nella scritta appare ancora pieno di attività agricole con la terra che non ha ancora cessato di dare frutti, è rappresentato come un uomo maturo vestito di rosso, un fattore che amministra, con oculatezza, le sue terre.
Seduto a un tavolo, tra i libri e un calamaio, sorregge sulle spalle un bastone a cui sono legate due chiavi e, con la mano sinistra, indica il sole, mentre, con la destra, sorregge un grande registro aperto su una pagine in cui è scritto: "Vanoto da Monça de dare per seme de fromento i(m)p(re)stato a dí 10 de otobre III" .
Il registro non è affatto opera di fantasia: Bramantino probabilmente ha avuto occasione di accedere davvero ai registri relativi ai possedimenti del Trivulzio e si è appuntato i dati di un vero documento: Giovanni da Monza (Vanoto de Monça), attestato mentre sta ripagando le sementi che ha ricevuto in anticipo, figura nei documenti come un fittavolo di Gian Giacomo Trivulzio fino dal 1506. Un elemento preciso e reale, dunque, che l'artista mescola al suo gusto per le ambientazioni fantastiche, i richiami alla classicità e gli scorci prospettici.
La scena si svolge in una sala con un pavimento a scacchi colorati e un loggiato aperto sull'esterno.
A sinistra avanzano tre contadini, uno porta un setaccio, un altro delle pere, mentre il terzo guarda verso lo spettatore.
A destra, invece, ci sono tre donne, una arriva con un grande cesto di nespole sulla testa, la seconda regge un mazzo di carote e la terza indica la personificazione del mese.
Sullo sfondo, sosta un altro folto gruppo di contadini, mentre dal loggiato si intravedono due alberi ormai privi di foglie.
In primo piano, sono ben visibili quattro panieri che formano una sorta di natura morta autunnale, pieni come sono dei prodotti agricoli del mese, da una parte pere e mele cotogne, dall'altra carote e rape: la prova che l'autunno è ancora un buon periodo per i raccolti e che ottobre può dirsi un mese di abbondanza.
Anche il committente degli arazzi, Gian Giacomo Trivulzio, probabilmente si ritiene soddisfatto di una rappresentazione che dimostra come le sue terre siano floride e i contadini ben preparati ad affrontare i rigori dell'inverno.