Una
tela di Giambattista Tiepolo (1696-1770), attualmente al museo di
Montreal, con "Apelle che ritrae Campaspe".
Un dipinto,
dove si intrecciano storie d'amore, miti dell'antichità classica, il
potere della bellezza e dell'arte e- giusto per dare un po' di pepe- anche un
pizzico di sensualità.
Il
soggetto, tratto dai testi antichi, ha come protagonista, niente di meno che Alessandro Magno.
Il grande condottiero, era innamorato perso della bella Campaspe, fino al punto di farne la sua favorita. Per avere il suo ritratto aveva scelto il più grande pittore dell'antichità, Apelle.
Il grande condottiero, era innamorato perso della bella Campaspe, fino al punto di farne la sua favorita. Per avere il suo ritratto aveva scelto il più grande pittore dell'antichità, Apelle.
Complice la lunghezza
delle sedute di posa e la bellezza della donna, l'artista se ne invaghisce e
Alessandro, grande anche nella generosità, accetta di cedergliela.
Tiepolo ambienta la storia su un palcoscenico di teatro, ricreando un improbabile studio del pittore, in cui si
mescolano elementi del passato e del presente.
Nel porticato, si
erge, tra i soldati armati di lance e di picche, la scultura gigantesca
di un Ercole che pare di cartapesta.
Nella penombra dell'interno, il
bruno Alessandro Magno, da consumato attore occhieggia
con uno sguardo geloso, mentre un soldato si china a mormorargli
chissà che cosa.
Accanto, in un bagliore di sete, siede, su un comodo
cuscino, la bella Campaspe, dal profilo di cammeo.
Un vivace
cagnolino e un servitore nero, spiccano, sul fondo di un colore tra
rosso e marrone e danno risalto al grande cavalletto, che domina la
scena.
Lì, pennello alla mano, siede Apelle, intento a dare un
ultimo tocco di rosa al seno della bella modella.
In
questa messa in scena, però, qualcosa non torna.
Il volto di Apelle, che si gira con aria fin troppo sbigottita, e il suo abbigliamento, di certo poco
consono all'ambientazione classica, danno l'impressione che il pittore voglia coinvolgerci nel suo gioco, con una strizzatina
d'occhio.
Nello spettacolo che ha organizzato da esperto regista, Tiepolo ha scelto di far recitare interpreti inaspettati.
È lui stesso che ha prestato le sue fattezze ad Apelle, abbigliandosi in
modo stravagante e scopertamente teatrale, con un giubbone ornato di pelliccia e un
bizzarro colbacco. Tra le sete multicolori di Campaspe, invece, ha celato,
ma non troppo, la florida bellezza della moglie, Cecilia Guardi.
Nella storia dipinta sono loro i protagonisti.
Nella storia dipinta sono loro i protagonisti.
Era
passato solo qualche anno dall'inizio del loro amore e i
più pettegoli ne parlavano ancora.
Tiepolo, all'epoca ventitreenne,
era già un pittore affermato.
I veneziani conoscevano bene il suo viso espressivo dagli occhi neri e vispi e il grande naso aquilino. Lo vedevano spesso camminare, con la testa tra le nuvole e il passo veloce di chi ha una fretta indiavolata, assorto nel mare di fantasie che covava dentro, in attesa di ricrearle in pittura.
I veneziani conoscevano bene il suo viso espressivo dagli occhi neri e vispi e il grande naso aquilino. Lo vedevano spesso camminare, con la testa tra le nuvole e il passo veloce di chi ha una fretta indiavolata, assorto nel mare di fantasie che covava dentro, in attesa di ricrearle in pittura.
Talmente piccolo e snello da giustificare
l'affettuoso soprannome di Tiepoletto, che gli avevano affibbiato.
Ai più romantici piaceva credere che si fosse innamorato di
Cecilia, per il suono della sua voce.
Di certo l'aveva sentita
cantare, quando dipingeva nella chiesa dell’Ospedaletto, uno dei
quattro “conservatori” della città, dove Cecilia era stata
accolta e dove orfanelle e ragazze povere venivano educate alla
musica, sotto la guida di maestri illustri.
Altri
sussurravano, invece, che, invaghito del suo visetto spiritoso e dei
suoi capelli biondi, non avesse esitato ad abbordarla per strada.
Cecilia
era di famiglia povera, anche se il padre, Domenico Guardi, vantava
ascendenti di piccola nobiltà di provincia, che, però, gli erano serviti ben poco nella carriera di pittore intrapresa a Venezia insieme ai figli Francesco e Giovanni Antonio.
Aveva
appena diciassette anni quando Tiepoletto l’aveva chiesta in
moglie, senza che i fratelli (il padre, nel frattempo era morto)
facessero obiezioni.
Di lui si fidavano: era un collega conosciuto,
con una bottega ben avviata e delle buone relazioni tra
l’aristocrazia, capaci di fruttargli delle ricche commissioni.
A
opporsi era stata, invece, la madre di Tiepolo: sosteneva, a gran voce, che, orfano di padre, era
troppo giovane per sposarsi e imparentarsi con una famiglia di
pittori squattrinati e con pretese di nobiltà.
L'artista,
sicuro di sé, non si era perso d'animo e aveva scritto al
Patriarcato una lettera di supplica, spiegando che aveva preso
“strettissimo impegno di contrarre matrimonio".
Sapendo che i
suoi familiari avrebbero tentato “di fatto e senza fondamento
alcuno” di impedirlo “con grave pregiudizio della reputazione e
dell’onore" di Cecilia che ne sarebbe stata “gravemente
diffamata”, chiedeva che la cerimonia si svolgesse senza
pubblicità. Insomma, voleva un matrimonio segreto.
Nel
1719, zitti zitti, i due si sposarono.
Inutile dire che la notizia di quelle nozze, officiate di nascosto- forse, proprio per questo- aveva fatto scalpore.
Tutti sapevano che, a distanza di anni, Tiepoletto era innamorato come il primo giorno.
Tutti sapevano che, a distanza di anni, Tiepoletto era innamorato come il primo giorno.
E
ora, sotto la maschera del soggetto classico, ha trovato, ancora una
volta, il modo di esaltare la bellezza della moglie e i suoi
sentimenti.
Anche se, a guardar bene, si capisce che quello che si celebra nel dipinto è molto di più.
È l'amore per la pittura e l'ammissione del potere dell'arte, a cui si era inchinato perfino il grande Alessandro.
Per Tiepolo, poi, è soprattutto il riconoscimento del suo valore d'artista, tanto che non ha esitato a sfidare il più grande pittore della classicità e a mescolare leggenda e vicende familiari.
Per Tiepolo, poi, è soprattutto il riconoscimento del suo valore d'artista, tanto che non ha esitato a sfidare il più grande pittore della classicità e a mescolare leggenda e vicende familiari.
Grazie
alla sua inventiva sbrigliata e alla fluidità della sua pennellata e dei suoi
colori ha reinterpretato, con brio e ironia, la storia antica.
Come un mago, ha dato vita alle sue fantasie, trasformando Campaspe nella moglie Cecilia e se stesso nel mitico Apelle.
Come un mago, ha dato vita alle sue fantasie, trasformando Campaspe nella moglie Cecilia e se stesso nel mitico Apelle.
E così ci ha catturato con la sua rete impalpabile di illusioni, trascinandoci con sé nel teatro incantato della sua pittura.
È questo il dipinto che apre la bella mostra "Giambattista Tiepolo", attualmente in corso a Villa Manin di Passariano (QUI è il link)