"La completa
oscurità della notte è la sola alba che l'uomo possa conoscere"(Giovanni
della Croce)
Un dipinto di Georges de La Tour (1593-1652), una tela di meno di un metro per ottanta, ora al Musée des Beaux Arts di Nantes.
Una scena ridotta
all'essenziale con due soli personaggi, un giovane e un vecchio, che occupano
tutto lo spazio. I colori sono sobri e tutti giocati nella gamma dei neri, dei
marroni e degli ocra, con qualche tocco di rosso e di giallo.
Pochissimi gli
elementi che suggeriscono l'ambientazione: sullo sfondo un tavolo, su cui è
appoggiato un candeliere di rame con una candela accesa e le forbici
per tagliare lo stoppino.
A sinistra,
l'angelo, un giovane, vestito con una lunga tunica, chiusa da una bella cintura
ricamata, ha la mano sinistra levata verso il cielo, mentre il braccio destro teso nasconde la candela. San
Giuseppe, con il gomito sul tavolo e la
testa appoggiata sulla mano, sembra si sia addormentato mentre stava sfogliando
il libro che ora giace aperto sulle sue ginocchia.
Le rughe evidenti del volto contrastano
col profilo puro e liscio dell'angelo.
Ma la vera
protagonista del dipinto è la luce che
scolpisce differentemente le forme, rivela alcuni dettagli e ne
lascia altri nell'ombra, mette in evidenza il raffinato disegno della
cintura ricamata e fa trasparire, in controluce, la scrittura del libro. È la
luce che suggerisce il movimento, mettendo l'accento sul viso e sul braccio dell'angelo
e lasciando la figura del vecchio nella penombra.
Il dipinto racconta l'episodio evangelico del "Sogno di san Giuseppe" con l'apparizione dell'angelo e la rivelazione della gravidanza
divina di Maria. Per rappresentarlo La Tour non ha avuto bisogno di aureole, né
di ali multicolori e nemmeno di quelle
nuvole che sembrano accompagnare tutte
le visioni barocche.
San Giuseppe non è che un vecchio addormentato, stanco di
cercare nei testi sacri una risposta ai suoi dubbi.
Il viso illuminato del
ragazzo, da cui sembra emanare luce, è sufficiente a rivelarcelo come un
messaggero divino.
Nessuna concessione al lusso o agli orpelli: la tela sembra
avere la severità e l'austerità di una
meditazione spirituale.
Se è sempre un esercizio rischioso cercare di vedere nelle opere un riflesso del carattere degli
artisti, tanto più lo è in questo caso.
Georges de La Tour è un pittore misterioso, sfuggente.
Della sua vita abbiamo solo qualche traccia documentaria che non riguarda, però, il
suo percorso di pittore.
Alla sua morte, la sua
opera è caduta nell'oblio ed è stata riscoperto solo ai primi del Novecento. Pochi
suoi dipinti sicuri, molte le repliche e, forse, i falsi (qui è un
link).
Nessuna notizia di un viaggio in Italia e neppure una prova di come sia
arrivata a conoscere le opere di Caravaggio, da cui è
rimasto certamente influenzato.
Nato in Lorena nel
1539 entra, grazie al matrimonio, nei ranghi della nobiltà locale e si
trasferisce a Lunéville dove vive e lavora
per il duca lorenese, per poi diventare pittore del re di Francia Luigi XIII, sullo
sfondo tormentato della Guerra dei Trent'Anni.
Sappiamo che la pittura non è la sua sola occupazione, che
si è arricchito grazie a un'oculata gestione dei suoi terreni e dei suoi
poderi.
La sua riuscita sembra provocare l'invidia di chi lo ha visto nascere
da una modesta famiglia di fornai. I documenti parlano del carattere arrogante di
uno che si è fatto da sé e che non rinuncia ai vantaggi del suo ruolo di
"signore del luogo" con una brutalità di cui i concittadini si lamentano.
Insomma, apparentemente, niente di più lontano dall'atmosfera dei suoi dipinti.
Dell'uomo e
dell'artista però ignoriamo i pensieri, né sappiamo fino a che punto possa
essere stato influenzato dall'atmosfera turbinosa di quegli anni con il paese
sconvolto dalla violenza e dalla miseria.
E nemmeno conosciamo i modi della sua religiosità o le sue riflessioni sulle idee dei mistici spagnoli di un Dio come unica luce nelle tenebre, che-
sappiamo dai documenti- venivano diffuse proprio in quegli anni in Lorena dai
predicatori domenicani.
Certo è che un eco di quei pensieri rimane nella straordinaria sintesi dei suoi dipinti,
nella sua luce, fisica e metafisica insieme, che basta da sola a restituire la sacralità di una scena (qui è un link).
Come qui, dove San Giuseppe e l'angelo sono fermati,
come catturati, in un istante che diventa eterno.
Quella strana
immobilità, insieme a quel chiarore trascendente che li illumina, sospende la scena
nello spazio e nel tempo.
In quell'epoca turbata dalla guerra, dalla paura,
piena di frenesie e di rumori è come se La Tour fosse riuscito a dipingere il
silenzio.
E in quel silenzio, forse, a trovare pace.