Una carta da lettere,
in cui è dipinto ad acquerello un bocciolo di rosa e su cui sono tracciate
poche righe veloci scritte a inchiostro:"Decisamente non ci viziate: o siete molto occupata o siete molto cattiva. Tuttavia nessuno ha il coraggio di volervene"
La destinataria della
lettera è Isabelle Lemonnier, figlia di un ricco gioielliere parigino e cognata dell’editore Georges
Charpentier, fondatore
della rivista "La
vie moderne"e animatore, insieme alla moglie, di uno dei
salotti più frequentati del tempo.
Chi scrive queste
parole, tra scherzo e rimprovero e, soprattutto, chi ha saputo disegnare, con pochi tratti vivaci la rosa sullo sfondo, firmandosi con una "M" che sembra un ghirigoro, è un grande artista: Edouard Manet
Tra l’estate e l’autunno del 1880 Manet ha affittato una casa a Bellevue, un quartiere residenziale di Meudon,
per
sottoporsi a un trattamento idroterapico. All’epoca l'artista ha quarantotto anni e, da qualche tempo, soffre di un malessere generalizzato, conseguenza di una vecchia infezione di sifilide che sta per aggravarsi, provocando quella che medici chiamano
atarassia locomotoria:
cammina male
e trascina una gamba.
Potrà pure essere sofferente
Manet, ma non ha perso nulla del suo spirito e delle sue capacità di piacevole
conversatore e di creatore di inesauribili motti di spirito. Rimangono ancora
intatti quei modi eleganti e cortesi che fanno parte delle sue qualità di uomo
di mondo e che hanno fatto scrivere all'amico scrittore Emile Zola: "il
suo fascino e il suo spirito erano tali che si rischiava talvolta di dimenticare l'essenziale: il suo
genio di pittore".
In realtà, la sua carriera è finalmente decollata e il suo
talento di artista è ormai riconosciuto, sia dai critici che dal gruppo di pittori che vanno da Degas, agli impressionisti come Renoir e Monet, che lo apprezzano come un caposcuola
I giorni a
Bellevue
passano monotoni fra trattamenti termali, massaggi, piccole
passeggiate.
Per
spezzare la noia Manet
non ha nemmeno il conforto della lettura: ammette di non amare i libri, dichiarando, con una certa
esagerazione: "non leggo mai, guardo solo le immagini".
La moglie cerca di distrarlo, suonando qualche pezzo al pianoforte, il figlio si impegna a fargli compagnia, ma è tutto
inutile: Manet si annoia e ha nostalgia di Parigi, dei suoi caffè, delle sue
strade animate e, soprattutto, delle
sue belle donne.
Per distrarsi si
mette a scrivere lettere.
Lettere brevi come bigliettini, tipiche di un uomo che
ama la stringatezza al punto da affermare che "la concisione è in se
stessa un'arte, una necessità e un'eleganza".
E poi non sono lettere
qualsiasi: Manet le arricchisce sempre con piccoli schizzi ad acquerello che a
volte inserisce direttamente nel testo: l'immagine per lui sembra essere parte
integrante della scrittura.
Le lettere, catalogate e
ora in gran parte conservate al Cabinet des Dessins du Louvre, sono ben quarantatré: di
queste solo otto sono indirizzate ad amici uomini.
A loro Manet riserva le illustrazioni più prosaiche, per esempio, quella di un semplice attrezzo da giardino come un annaffiatoio, destinata all'amico incisore Felix Bracquemond.
Le lettere più allegre
e poetiche con acquerelli di fiori o di frutta di stagione sono, invece, offerte come piccoli preziosi doni alle giovani
amiche assenti, di cui sente nostalgia e a cui indirizza messaggi di un affetto
tenero e scanzonato che sfiorano talvolta-
e sempre con garbo- un corteggiamento così giocoso e lieve da essere tollerato,
con ironia, dalla tranquilla moglie olandese.
Ecco qui, per esempio, l'immagine di succosa mirabella, maturata nel suo giardino e destinata a Isabelle con una piccola poesia:
Isabelle e le altre, le sue amiche parigine: quello che a Manet manca di loro non sono le relazioni fisiche, ma le risate, la conversazione ammiccante e quel "fruscio di gonne" che, in città, ha riempito le sue giornate.
Uno
dei suoi amici testimonia, del resto, che, anche nei periodi di malattia, "la presenza di una donna, una
qualsiasi, lo rimetteva a posto completamente".
A
lei dedica, fra le altre, una missive con il ritratto del suo volto allegro sotto i nastri di un grazioso cappellino.
A un'altra destinataria, Madame Guillemet, proprietaria, insieme al marito di un negozio alla moda in pieno Fouburg Saint-Honoré, non solo fa omaggio di un acquerello con la più bella prugna del suo giardino, ma si diverte a evocare, in una delle lettere più illustrate, gli elementi dell'abbigliamento femminile con una galanteria che, in linea con feticismo dell'epoca, privilegia le calze nere e le ghette o gli stivaletti che si intravedono sotto le gonne.
Al Marthe Hoschedé, figlia di un importante collezionista, manda una delle ultime lettere del suo soggiorno a Bellevue, datata 10 settembre, con lo schizzo di una castagna e di un riccio che già preannuncia l'autunno e il ritorno a Parigi.
Mentre a Méry Laurent, cortigiana alla moda di un'eleganza raffinata che fornirà più di un tratto alla Odette della "Recherche" di Marcel Proust, offre il fiore più adatto per rassicurarla sulle sue condizioni di salute: un convolvolo, simbolo di amicizia fedele.
Tanti scritti, tanti nomi, tante immagini sempre adeguate al testo e che fissano (o cercano di fissare) - quasi fossero dei piccoli haiku figurati - piccole emozioni quotidiane.
Sfogliando queste lettere con i loro deliziosi acquerelli si ha l'impressione che siano ben di più di un omaggio amichevole e spiritoso: vi si coglie il desiderio del grande artista di condividere l'intensità di un istante, quasi il tentativo di fermare con i suoi rapidi schizzi il tempo che passa e gli attimi di una vita che già gli sta sfuggendo.
Le lettere di Manet sono raccolte nel bel libro "Edouard Manet. Lettere a Isabelle, Méry e altre signore" pubblicato a Milano nel 1985 dalle edizioni Rosellina Archinto con una prefazione di Françoise Cachin.