Volevo scrivere uno dei miei soliti post con piccole storie d'arte, ma mi sono accorta che, in questi giorni, non ci riesco. Ho la testa altrove.
Sono tornata, da poco, al lavoro alla Soprintendenza ai beni artistici e storici, alle Belle Arti, come si diceva un tempo.
Mi era difficile continuare a restare lontana, a Bruxelles, in part-time, con le notizie del terremoto, che arrivavano e che si sovrapponevano a tutte le altre.
Mi era difficile continuare a restare lontana, a Bruxelles, in part-time, con le notizie del terremoto, che arrivavano e che si sovrapponevano a tutte le altre.
Sono toscana, ma per anni ho lavorato, occupandomi del territorio tra Bologna e Ferrara. Per questo conosco bene le zone, che sono state colpite.
Il primo pensiero è stato, ovviamente, per i danni alle persone, alle case, alla vita di tutti i giorni.
Poi- per il mestiere che faccio- è stato inevitabile pensare al patrimonio d'arte, ai dipinti, agli oggetti, agli arredi delle chiese, dei musei e dei palazzi, che sono stati colpiti.
Un patrimonio da controllare, da proteggere o da trasferire e ricoverare altrove.
I miei colleghi hanno fatto, in tutto questo mese, un lavoro straordinario.
Quando sono rientrata in ufficio, ho letto tutti documenti, le relazioni, i messaggi email che si susseguivano subito dopo il sisma e che formavano una sorta di "diario", una cronistoria, a volte affannosa, a volte più distesa.
Mi sono quasi commossa- lo devo dire- vedendo quanto era stato fatto, quanti sopralluoghi, quanti controlli, in centri storici, pinacoteche, chiese o palazzi.
E tutto senza grandi mezzi, semplicemente, lavorando, mettendo, però, nel lavoro non solo il cuore, ma anche le mani, le gambe e il fegato (nel senso di quel pizzico di coraggio che occorre per entrare in edifici lesionati).
Sempre in sicurezza e senza inutili eroismi, preceduti o accompagnati dai Vigili del fuoco, ovviamente.
Sempre in sicurezza e senza inutili eroismi, preceduti o accompagnati dai Vigili del fuoco, ovviamente.
- Ma non è più importante provvedere alle persone?- ci viene chiesto spesso.
Ovviamente, lo è. Anche se, in realtà, questa non è da porsi come un'alternativa
Il patrimonio artistico è la storia, la memoria di una comunità.
Senza di esso, si cancellano il nostro passato, i nostri ricordi collettivi.
In qualche modo, è come se si perdesse l'anima.
Senza di esso, si cancellano il nostro passato, i nostri ricordi collettivi.
In qualche modo, è come se si perdesse l'anima.
Mai avrei immaginato, per esempio, che mi sarebbero mancate tanto le campane.
Si cammina in paesi, in centri storici, transennati e silenziosi: né voci umane, né auto, né il rumore dei motorini ma, soprattutto, nessun suono di campane. Ci si accorge, allora, di quanto si era abituati a scandire il tempo con i loro rintocchi. E così ci si era abituati, nella pianura, a intravedere di lontano, la sagoma di una chiesa o di un campanile. O, entrando in un edificio sacro, credenti o non credenti poco importa, si era preparati alla vista, non solo delle grandi opere d'arte, ma della decorazione e degli arredi più comuni dei tessuti, dei mobili, perfino dei candelieri.
Ecco, il nostro lavoro è stato ed è questo: salvaguardare, restaurare e riportare al loro posto, una volta che gli edifici saranno ricostruiti o consolidati, tutto questo patrimonio. E non c'è niente che faccia più male che svuotare una chiesa o un museo, sperando, pur sempre, che sia per poco tempo.
Lo so che questo blog è, fin dal titolo, "senza dedica", ma, per una volta, vorrei fare un'eccezione e dedicare questo post, non solo a chi ha subito il terremoto, ma anche a tutti quelli che, come i miei colleghi, hanno lavorato e lavorano per rendere le perdite meno gravi e le ferite meno dolorose.
Il video che ho pubblicato parla da solo.
I vigili del fuoco prelevano, dalla chiesa pericolante di Pieve di Cento, l'Assunta, di Guido Reni.
L'applauso che l'accoglie è la dimostrazione di quanto il patrimonio artistico non appartenga solo a pochi studiosi o addetti ai lavori, ma alla comunità intera, a tutti noi.
I vigili del fuoco prelevano, dalla chiesa pericolante di Pieve di Cento, l'Assunta, di Guido Reni.
L'applauso che l'accoglie è la dimostrazione di quanto il patrimonio artistico non appartenga solo a pochi studiosi o addetti ai lavori, ma alla comunità intera, a tutti noi.