Primo del mese e nuovo foglio del calendario che ho scelto
per quest’anno: il Ciclo dei Mesi della vetrata realizzata nel primo quarto del
XIII secolo per il deambulatorio sud della cattedrale di Chartres.
L’ignoto maestro vetraio, evidentemente più abile nel tagliare le tessere
di vetro, nel pitturarle a grisaglia e nel montarle, che nel leggere, ha
sbagliato a copiare la scritta che denomina il mese e che forse compariva nel
cartone preparatorio: al posto di "novembre" ha scritto "dicembre".
Ai fedeli e ai visitatori che entravano nella cattedrale, e
che per lo più non sapevano né leggere né scrivere, però poco importava:
riconoscevano il mese non dal nome, ma dalla sua rappresentazione e sapevano
bene che novembre era associato alla macellazione del maiale
che tradizionalmente si svolgeva a partire dalla festa di San Martino.
Ecco dunque come si presentava e tuttora si presenta ai nostri occhi il
Mese di novembre.
Il protagonista della scena è, appunto, il maiale, raffigurato in
primo piano, così come allora lo si vedeva pascolare nelle foreste o vagare per le città con una campanella al
collo per pulire le strade dalle immondizie.
L’aspetto era profondamente diverso
da quello odierno.
Più simile a un cinghiale che al maiale rosa e glabro che si alleva attualmente, mostrava il corpo coperto di setole scure ritte sulla
schiena, il grifo appuntito, le orecchie corte ed erette e i canini che
emergevano ben visibili dal muso.
Un mucchio di ghiande steso per terra è
destinato ad attirarlo al luogo della macellazione.
Dietro di lui un uomo con
una tunica rossa, forse uno di quei norcini che all'epoca giravano per città e
campagne, offrendo i loro servizi, si prepara a stordirlo con una pesante ascia.
Solo dopo verrà ucciso con un colpo di coltello o di uno stilo appuntito, vibrato tra le costole diritto al cuore o alla gola, recidendo la vena
giugulare per raccoglierne il sangue destinato alla confezione dei sanguinacci.
Nella scena non c’è nessuna violenza gratuita: l’uccisione
dell'animale è un atto necessario, anzi uno dei momenti più importanti
dell'anno, una sorta di festa a cui partecipano tutti, perché il porco è
fondamentale nell'economia del tempo. Del maiale, come si diceva in un detto diventato proverbiale, non si butta via nulla, tanto che le sue benemerenze ben note a
tutti comparivano enumerate in filastrocche, come quella del Testamento del porco,
popolari fin dall'antichità. Avere uno o più maiali, magari allevati nei boschi da un porcaro, era sia per contadini che per i signori un segno di ricchezza e di abbondanza.
Dopo la macellazione, si poteva contare
su una provvista di cibo da usare nei momenti peggiori dell’inverno, aspettando
al sicuro la fine della brutta stagione e sperando, come sempre, nel raccolto
della primavera.
Come in tutti i calendari figurati medioevali e rinascimentali,
l'uccisione del maiale, insieme alla coltura del grano e della vite, rappresentava uno dei punti fermi del ciclo delle stagioni,
segnate dal ripetersi delle attività agricole che ricorrevano allora
immutabili e che scandivano in un modo riconoscibile a tutti l'eterno fluire del tempo.